Lโisola al centro del mar Tirreno tiene lo scettro della produzione nazionale sia di latte che di formaggi di pecora: se lโItalia si posiziona al quinto posto nella classifica dei maggiori produttori mondiali di formaggi ovini, dopo Grecia, Spagna, Portogallo e Francia, lo si deve proprio alla Sardegna (circa 500mila quintali, tra Dop e prodotti senza certificazione). I formaggi ovini hanno una marcia in piรน. Il latte di pecora รจ ricco di sostanze nobili grazie al particolare metabolismo dellโovino e soprattutto al suo stile di vita. A differenza degli altri animali della catena alimentare, allevati prevalentemente in stalla, la pecora vive in genere allโaperto in pascoli naturali buona parte del tempo. Sgamba, sceglie quello che mangia, si nutre di erba fresca ed essenze spontanee, ricche di elementi โ tra i quali i carotenoidi โ che fanno da precursori aromatici e di sostanze nutrienti, influendo positivamente sulle caratteristiche nutrizionali e organolettiche della carne e del latte, quindi del formaggio. Quello della pecora, come tutti i latti grass-fed da animali al pascolo, contiene livelli piรน elevati di vitamine A ed E, sali minerali, antiossidanti, Omega 3, CLA (acido linoleico coniugato) e altri acidi grassi nobili sotto il profilo nutraceutico appartenenti alla famiglia degli Omega 3, di cui รจ ormai accertato il ruolo protettivo nei confronti del sistema cardiocircolatorio, di alcuni tumori e altre patologie. Ci riempiamo di integratori e siamo disposti a spendere per acquistarli, mentre i prodotti derivati dal pascolo li hanno naturalmente e sono molto piรน buoni.
Si chiama pecorino romano, ma il 95% della produzione รจ in Sardegna spalmata in 36 caseifici, mentre solo il 5% del formaggio รจ fatto nel Lazio, distribuito in 4 aziende. Non a caso la sede del Consorzio di tutela si trova a Macomer, in provincia di Nuoro. Particolari che pochi sanno e che poco vengono divulgati. Difficile vendere il territorio di un prodotto che viene realizzato altrove rispetto a quanto dichiara il nome. Il pecorino romano assorbe piรน della metร del latte di pecora munto in Sardegna, il 65% dei 300 milioni di litri prodotti allโanno, che si traduce in oltre 270mila quintali di formaggio. Ma il meglio (il peggio) deve ancora venire. Il mercato del pecorino romano, sia quello interno che lโexport, negli ultimi anni รจ in crisi, con ripercussioni negative sul prezzo del latte ovino sardo, che hanno portato alle proteste dei pastori sardi. Di contro, gli altri formaggi ovini sardi, soprattutto le altre due Dop, il pecorino sardo e il fiore sardo, se la passano meglio sul fronte della richiesta ma devono sottostare al diktat del pecorino romano, che detiene il monopolio della gestione del latte regionale.
Oggi il pecorino romano รจ vissuto come un formaggio superato, รขgรฉ. Forse per il gusto molto sapido โ soprattutto nella tipologia da grattugia stagionata 8 mesi โ figlio di una salatura prolungata e in diverse fasi, prevista dal disciplinare di produzione e dalla tradizione. Una sapiditร che fa a cazzotti con le linee guida di medici e nutrizionisti. Se il parmigiano reggiano ha lโ1% di sale e il pecorino sardo lโ1,5%, il pecorino romano raggiunge il 4%, contro lโ8% di un tempo. โMa non possiamo abbassare ulteriormente la percentuale di saleโ, precisa Massimiliano Venusti, coordinatore dellโunitร organizzativa sviluppo delle filiere lattiero casearie di Laore Sardegna, lโagenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura, โtradiremmo un prodotto storico e snatureremmo la Dopโ. Oggi il pecorino romano sembra offrire due interpretazioni: quella tradizionale molto sapida, prodotta soprattutto nel Lazio, e quella new style, saporita ma amabile, quantomeno la versione da tavola stagionata 5 mesi proposta da alcuni caseifici sardi: dolce, morbida, pastosa, con le note lattiche ben distinguibili e scolpite. Un formaggio che strizza lโocchio al grana di pecora inventato alcuni anni fa (vedi oltre).
ร uno dei formaggi piรน antichi e identitari della regione. Punti in comune con il pecorino romano: รจ certificato da una Dop, il latte รจ di ovini allevati nella stessa zona di produzione del formaggio, spesso รจ prodotto dai medesimi caseifici (16 dei 24 che aderiscono al Consorzio fanno anche il romano). Le differenze con il pecorino romano: in genere la pastorizzazione del latte (anzichรฉ la lavorazione a latte crudo o termizzato), lโuso di caglio di vitello invece che dโagnello, la semicottura della cagliata (al posto della cottura), la forma piรน piccola, la stufatura e pressatura delle forme, la salatura breve e soft in umido, i tempi di stagionatura (20-60 giorni per la versione dolce, almeno due mesi per il tipo maturo), la coerenza nome-zona di produzione. Con il pecorino sardo ti puoi vendere il territorio. ร il formaggio che mangiano i sardi, che i turisti cercano quando vengono in vacanza in Sardegna. Eppure dei circa 300mila quintali che rappresentano complessivamente la produzione delle tre Dop ovine il pecorino sardo arriva solo a 18mila quintali, un quindicesimo rispetto al romano. โLe produzioni casearie minori sarde stanno emergendo e rappresentano un potenziale inespressoโ, spiega Annalisa Uccella, direttrice del consorzio del pecorino sardo, โma possono solo aiutare a contenere il pecorino romano, non a sostituirlo. Noi ci proponiamo a essere un argineโ.
Da tremila anni รจ il formaggio dei sardi. Lโanima pastorale e il legame con le civiltร nuragica e prenuragica delle domus de janas di questo formaggio antico tutelato da un Presidio Slow Food sono ben espressi nel documentario di Fabio Olmi (figlio di Ermanno, il regista del film Lโalbero degli zoccoli), creato appositamente per il Museo del Fiore Sardo di Gavoi. Attualmente la produzione arriva a 4,5mila quintali, un quarto rispetto al pecorino sardo e un sessantesimo rispetto al pecorino romano. Ma fino allโarrivo dellโindustria e al trasferimento in Sardegna della lavorazione del pecorino romano, era il formaggio piรน prodotto nellโisola. Oggi รจ la terza Dop ovina sarda per volume ma non per importanza culturale: del tris di formaggi รจ quello che ha piรน conservato artigianalitร , tradizione, gesti ancestrali, gusto primordiale. Produzione in genere nei mesi invernali e primaverili. Lavorazione a latte crudo e solo da pecore di razza sarda. Forma con scalzo โa schiena di muloโ, ottenuta grazie a particolari stampi tronco conici schiacciati, che vengono uniti dalla base secondo una tecnica antica. Leggera affumicatura al fumo di essenze sarde prima della stagionatura in cantine fresche: almeno tre mesi e mezzo per la versione da tavola, sei mesi per quella da grattugia. Durante il riposo massaggio della superficie con olio dโoliva, aceto e sale. Il fiore sardo รจ prodotto in tutta lโisola da una ventina di produttori, ma Gavoi, nel cuore della Barbagia di Ollolai, tra Nuoro e il Gennargentu, รจ la capitale storica del formaggio, lโepicentro di produzione e la sede del Consorzio di tutela.
Circa 217mila quintali su 512mila quintali. ร quel che resta della produzione di formaggi ovini al netto delle tre Dop: piรน del 42%. Una bella fetta della torta spalmata su specialitร casearie piccole e piccolissime, territoriali e artigianali, spesso di lavorazione casalinga, stagionale e a latte crudo, rigorosamente da pecore di razza sarda tenute al pascolo naturale. Tra i piรน famosi il pecorino di Osilo (tutelato anche da un Presidio Slow Food) e il pecorino di Nule. Antichissimi il casizolu di pecora e le paste filate ovine, le cosiddette pirittas. Piรน recenti i canestrati introdotti nellโisola da casari del centro-sud dโItalia a inizio Novecento. ร invece una new entry il bonassai, formaggio a pasta molle di forma quadrangolare e a parallelepipedo messo a punto dallโIstituto Zootecnico e Caseario per la Sardegna negli anni Sessanta. Una raritร ovina sarda รจ il casu marzu, tipico del Nuorese: pecorini andati che lโazione di larve di Piophila casei trasformano in una crema piccante e aromatica.
Dalla crisi del pecorino romano sono nati due formaggi esclusivi frutto della creativitร e dello spirito imprenditoriale di due casari sardi. LโOvinfort รจ un intenso erborinato di pecora inventato a fine anni โ80/inizio โ90 da Peppi Fadda, allโepoca titolare di Thiesilat a Thiesi (SS); ispirato al Roquefort, รจ fatto impiegando il bacillum roqueforti, ma rispetto al blu francese con meno quantitร di sale. Oggi lโazienda si chiama Casafadda 1886 e il progetto Ovinfort si รจ โevolutoโ in un erborinato di latte misto vaccino-ovino, ma ha stimolato altre realtร , come il caseificio Monte Nieddu di Olzai (NU), che da alcuni anni produce un Erborinato 100% di pecora. Il secondo formaggio รจ un pecorino ispirato al parmigiano reggiano, un grana di pecora piacevolissimo e pastoso creato nel 1996 da Bastianino Piredda, un casaro di Nulvi, nell’Anglona, a nord dellโisola. Il Grananglona โ cosรฌ รจ stato battezzato il formaggio, il prodotto di punta della cooperativa San Pasquale di Nulvi โ nel tempo รจ stato emulato e sono cosรฌ nati il Gran Maimone dellโazienda agricola Erkรฌles di Olzai (NU), il Putumaioresu della cooperativa di Pozzomaggiore (SS), il Granduca di Mandas del caseificio Garau di Mandas, nel sud della Sardegna, il GranOrtzaesu sempre del caseificio Monte Nieddu.
a cura di Mara Nocilla
Laore Sardegna – sardegnaagricoltura.it
Pecorino Romano Dop: www.pecorinoromano.com
Pecorino Sardo Dop: www.pecorinosardo.it
Fiore Sardo Dop: www.fioresardodop.it
Casafadda 1886 – Thiesi (SS) – regione Possilva, 2
Cooperativa San Pasquale di Nulvi – Nuovi (SS) – s.s.. 127 km 1 –ย www.formaggisanpasquale.it
Erkรฌles azienda agricola e minicaseificio di Giovanni Agostino Curreli – Olzai (NU) – via SantโAnastasio, 23 – www.erkiles.it
Latteria Sociale Cooperativa di Pozzomaggiore – Pozzomaggiore (SS) – via Alcide De Gasperi, 8 – www.latteriapozzomaggiore.it
Caseificio Antonio Garau dal 1880 – Mandas (SU) – via Cagliari 173 – www.caseificiogarau.com
Caseificio artigianale Monte Nieddu – Olzai (NU) – via Brigata Sassari, 6 – www.montenieddu.com
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