La sanatoria per la regolarizzazione dei braccianti, un anno dopo. Cosa non ha funzionato?

14 Mag 2021, 14:59 | a cura di
A dodici mesi dall’approvazione della sanatoria per l’emersione del lavoro irregolare, pesanti ritardi burocratici rischiano di compromettere la bontà dell’operazione. E tanti lavoratori – comprese decine di migliaia di braccianti – restano sospesi e invisibili.

Maggio 2020. La sanatoria per l’emersione del lavoro nero

14 maggio 2020. All’indomani dell’approvazione del Decreto Rilancio, maturato per stimolare una prima ripresa a pochi mesi dall’inizio della pandemia, cercavamo di spiegare obiettivi e dinamiche dall’articolo 110bis contenuto nel documento. La discussa sanatoria volta a regolarizzare la posizione dei lavoratori irregolari impiegati in Italia arrivava su sollecitazione dell’allora ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova dopo un acceso braccio di ferro tra forze politiche, pur ridimensionata nel suo raggio d’azione. Obiettivo iniziale: far emergere il lavoro nero di 600mila immigrati che vivono nel nostro Paese, con particolare riferimento alle migliaia di braccianti agricoli rinchiusi nei ghetti e soggiogati dal sistema criminale del caporalato. Compromesso raggiunto: ratificare l’avvio di un processo che avrebbe dovuto riguardare, nei mesi a seguire, 200mila persone impiegate nei settori dell’agricoltura e dell’assistenza domestica e alle persona, tra cittadini italiani e stranieri con un rapporto di lavoro irregolare e cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto. Allora si parlò di un grande traguardo raggiunto, condito dalla commozione del ministro Bellanova, perché una regolarizzazione di tale portata, in Italia, non si era mai vista. E, per dirla con le parole di Jean René Bilongo, dell’Osservatorio Placido Rizzotto, quella che si prospettava era “un’opportunità storica per iniziare un cammino verso la legalità”.

Un uomo raccoglie pomodori

La sanatoria un anno dopo. La denuncia di Ero Straniero

Ma cosa possiamo dire, oggi, a un anno dall’approvazione della sanatoria? Qualcosa è cambiato per davvero? A fare il punto della situazione, nei mesi scorsi, ci ha pensato la campagna Ero Straniero, promossa da un insieme di associazioni e organizzazioni già in prima linea per stimolare l’approvazione della sanatoria, che oggi, senza mezzi termini, paventano il fallimento del processo di regolarizzazione. E si parla dati alla mano, grazie all’esame della documentazione fornita dal Ministero dell’Interno e da prefetture e questure dislocate sul territorio nazionale. Il report di Ero Straniero è aggiornato al mese di marzo 2021 (qui il dossier completo), ed evidenzia “un quadro preoccupante in tutti i territori, con ritardi gravissimi e stime dei tempi di finalizzazione delle domande improbabili, di anni se non decenni”. Per decreto, le domande di regolarizzazione dovevano essere presentate tra giugno e agosto 2020, includendo pagamento di 600 euro per l’apertura della pratica: ne sono pervenute oltre 207mila (di cui 29555 arrivano da lavoratori subordinati nel settore agricolo, soprattutto dalla Campania, seguita da Sicilia, Lazio, Puglia e Veneto). Di queste, a dodici mesi dall’approvazione della sanatoria, ne sono state esaminate 26mila, solo il 12,7% del totale.

I ritardi burocratici

E solo oggi il Viminale invita le prefetture a velocizzare le pratiche, per rimediare a una situazione che lascia in sospeso le vite di tanti lavoratori sfruttati, peraltro ancora alle prese, in gran parte dei casi, con le difficoltà causate dall’emergenza sanitaria. Peraltro, come evidenzia il dossier di Ero Straniero, al 31 dicembre 2020 solo lo 0,71% delle richieste esaminate si era effettivamente tradotto in un permesso di soggiorno (1480 in tutto). E alla metà di febbraio scorso, nelle 40 prefetture campione contattate, non risultavano nemmeno avviate le convocazioni di datore e lavoratore per la firma del contratto che dovrebbe garantire il rilascio del permesso. Stando ai tempi burocratici evidenziati finora, molte di queste pratiche richiederanno tempi biblici per essere portate a termine, soprattutto nelle grandi città come Roma o Milano, che, secondo le proiezioni elaborate dal dossier – se non interverrà un vero cambio di passo – richiederebbero tra i 5 i 30 anni per concludere tutte le procedure di emersione in corso. Qualche giorno fa, però, il Ministero dell’Interno ha fornito dati più aggiornati al Fatto Quotidiano: “Gli sportelli unici delle Prefetture hanno richiesto alle Questure il rilascio di 22.898 permessi di soggiorno sulla base delle procedure di regolarizzazione concluse con esito positivo”. Mentre sono state rigettate 2691 richieste di regolarizzazione. Ecco come si ottiene il dato del 12,7% citato in precedenza, comunque una percentuale irrisoria su un totale di domande già considerato poco significativo rispetto alla possibilità di incidere realmente sul contrasto al lavoro nero e al caporalato che continua ad affliggere il settore agricolo da Nord a Sud dell’Italia.

Una donna raccoglie fragole

Il destino dei braccianti agricoli

Da parte sua, Ero Straniero torna a chiedere che sia seriamente valutata la proposta di legge di iniziativa popolare depositata in Parlamento nel 2017, perché l’irregolarità non sia affrontata solo attraverso un provvedimento straordinario (che sta peraltro dimostrando tutti i suoi limiti), ma con uno strumento che regoli in modo strutturale le procedure di emersione. Al momento, invece, migliaia di persone continuano a versare in condizione di precarietà e sospensione: “Siamo stati parte attiva nel sollecitare il Governo a varare la sanatoria, un anno fa, e a maggio 2020, nonostante i termini del provvedimento rivelassero poco coraggio politico, ne salutavamo con speranza l’approvazione” spiega oggi l’associazione Terra!Ci sembrava un primo passo incoraggiante”. E invece, l’impegno profuso non sembra essere stato ripagato: “A distanza di dodici mesi, la situazione resta decisamente inaccettabile. Tanto più che le nostre sollecitazioni erano partite anche dal tentativo di arginare le difficoltà ulteriori poste dall’emergenza pandemica. E invece oggi i ritardi comportano anche l’impossibilità per le persone irregolari “sospese” di accedere alla campagna vaccinale. Sappiamo cosa questo significhi per i braccianti che vivono nei ghetti, e lavorano nei campi senza dispositivi di protezione”. Inoltre, aggiunge l’associazione, “gli enti locali hanno fatto poco o nulla per garantire condizioni alloggiative migliori ai braccianti, come previsto invece nel testo”. Ecco perché ora la delusione è tanta: “Ci avevamo creduto molto, e invece col cambio di Governo le cose sono addirittura peggiorate, ora non riusciamo più a interloquire con il Ministero dell’Interno. Le nostre richieste non ricevono risposta”.

Nel frattempo, alla fine di aprile, nel ghetto di Foggia, alcuni braccianti sono stati presi a colpi di fucile. Il 18 maggio, il sindacalista della Lega Braccianti Aboubakar Soumahoro guiderà una manifestazione di braccianti all’incontro con il presidente Draghi, per consegnargli stivali e strumenti da campo. E cercare di dare voce a quegli invisibili che avrebbero dovuto diventare “meno invisibili” (Bellanova dixit). Così non è stato.

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