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THE BEST IN ROME & LAZIO
ร un oste – Jun Ge โ e un’osteria รจ il suo locale. Per la precisione Sinosteria. A spiegare senza indugi quel mix originale tra cucina cinese ed enologia italiana, nel pieno dell’onda del vino naturale, qualsiasi cosa si voglia intendere con questa formula.
Nato a Pechino e arrivato in Italia a 12 anni, Jun Ge rappresenta la seconda generazione di ristoratori, con la prima ancora saldamente al comando del locale di Roma. โEra il 2012. Quando abbiamo aperto Asian Inn e non sapevamo cosa potesse piacere al pubblico romanoโ. Bastano pochi mesi per attirare la comunitร cinese, non i residenti di lungo corso in Italia, ma diplomatici, impiegati di compagnie aeree o grandi aziende. Gente โ insomma โ che non ha perso il contatto con la propria terra. โAllora abbiamo definito meglio la nostra cucina, spaziando tra diverse tradizioni: in Cina i ristoranti fanno piatti di piรน regioni. Mio padreโ continua โha studiato la scuola di Pechino, di Shandong e Sechuan negli anni ’80. La sua, in un certo senso, รจ una cucina incontaminataโ. Incerti della risposta della clientela italiana, per un po’ tengono separati i due menu.
ร con l’ingresso di Jun a tempo pieno nel ristorante โ nel 2015 โ che le due carte si fondono in un percorso non privo di cambiamenti, anche per far conoscere piรน ricette ai clienti e capire cosa piaceva. Facile? Non tanto: le differenze sono tali che รจ complesso anche solo rendere i nomi dei piatti: โla presentazione รจ importante. In Cina รจ breve e senza l’elenco degli ingredienti. Abbiamo cercato di dare una logica al menu, ma ancora ci sono problemi di traduzione. Per questo continuo a studiare e a farmi raccontare, anche nella teoria, la cucina tradizionale da mio padreโ
Filetti di maiale croccanti in salsa agrodolce di soia
Passano gli anni e arriva il momento di dare un’impronta piรน personale al ristorante.ย Il 12 febbraio nasce Sinosteria, che di Asian Inn รจ la naturale evoluzione. โVorrei fare di piรน, far conoscere tutta la cultura cinese, non solo quella gastronomicaโ, ed ecco che ragiona di seminari sul tรจ e sulla medicina cinese, passando per la musica e la poesia, avendo come riferimento i vecchi caffรจ di un tempo, luoghi di incontro e di cultura. โVorrei che i clienti, tra cui tanti sinologi, andassero via da qui ricordando non solo il cibo, ma tutto. Conoscendo storia cultura filosofia e modo di pensare di un popolo, si riesce a capirne meglio anche la cucinaโ.
La proposta รจ classica ma non immobile. Si cambia per seguire la stagionalitร ma sempre nei confini della tradizione, pur non mancando in Cina una nuova cucina contemporanea;ย โnon mi sento pronto a fare il passo per la cucina moderna, ho tante cose da imparare dalla tradizione, anche usando ingredienti locali per un servizio miglioreโ. Come nel caso dello zafferano di Navelli che arricchisce la crema di riso con latte di cocco – โunico piatto creato da papร per il ristoranteโ che oggi ha l’impronta di Jun proprio nella spezia.
Crema di riso al latte di cocco con pollo, zafferano di Navelli e zucchine
โNelle costolette di maiale in salsa agrodolce c’รจ il nostro Dnaโ spiega Jun โc’รจ il nostro fondo madre, un fondo bruno che alimentiamo da 8 anni, una specie di metodo Solera. Una pratica tradizionale per salse, distillati o acetoโ. E poi c’รจ il pollo gonbao, con arachidi e friggitelli, โcontiene tutti gli elementi fondamentali: il morbido del pollo, il croccante dei friggitelli, il duro delle arachidi. La sensazione tattile รจ fondamentale nei piatti cinesi, non ci bastano le sensazioni dei gusti base โ dolce, salato, acido, amaro, umami โ abbiamo bisogno anche di fragranza e avvolgenza, con la sensazione data dalla masticazione e il retrogusto che rimane dopo che hai deglutito. Intendiamoci, non sono cose esclusive della cucina cinese ma per noi sono imprescindibili. Elementi che si cercano sin dall’antichitร a differenza di altre culture in cui sono presenti solo nella cucina d’avanguardiaโ. Un principio che sposa un altro punto chiave: โper noi si deve creare un gusto nuovo che sia protagonista rispetto a quello del prodotto, lavorato in modo fine e con piรน passaggi per avere un sapore completamente nuovo. Dunque in un piatto รจ importante sentire prima il gusto della pietanza, che deve essere armonico, e poi quello dei singoli ingredienti che non vengono esaltati in sรฉโ.
Branzino Songshu in salsa agrodolce con quadratini di friggitelli e carote
Una chiacchierata con un cliente รจ la molla per un’altra passione: โparlavamo di cosa bere insieme al cibo cinese, per me era possibile abbinare un vino ma non sapevo quale. Allora ho sentito la necessitร di studiareโ. Parte da autodidatta e incappa in un volume, Memorie di un assaggiatore di vini, di Daniele Cernilli che poi conoscerร e con il quale spartirร tante riflessioni. โLui รจ il mio primo maestroโ. Si innamora di questo mondo, segue corsi, ne frequenta due insieme โerano diversi, uno con un taglio piรน commerciale e del servizio, avevo bisogno di entrambiโ . Moltiplica gli assaggi e approfondisce la cultura non solo enologica ma anche gastronomica italiana, grazie ad Alessandro Brizzi, โla mia seconda guidaโ. Continua la sua ricerca tra i vini per trovare l’incastro giusto con la cucina cinese, รจ ancora Cernilli che gli suggerisce un Cannonau per le sue costine di maiale in agrodolce. ร una scoperta. โLavoravo tantissimo Cannonau di Dettori, senza sapere bene cosa ci fosse alle spalle, fino a che un giorno un distributore mi illustra l’azienda e mi fa provare altri vini. Non riuscivo a berli. In quel periodo c’erano tanti eventi sui vini naturali: non riuscivo a bere neanche quelli. Ma non capivo come mai tante persone li apprezzasseroโ. Si accende una nuova scintilla e decide di approfondire, ancora una volta. Approda da Porthos, 4 anni fa: โi seminari erano divertenti, diversi da quelli fatti fino ad allora. Ho deciso di ripartire da zeroโ. Il corso base di conoscenza del vino รจ una tappa importante: โSandro Sangiorgi รจ una figura fondamentale nel mio percorsoโ. Il terzo maestro. โNon solo dal punto di vista lavorativo ma anche da quello spiritualeโ. Ne nascono serate che portano appassionati di vino – di un certo tipo di vino: artigianale, naturale, bio, funky, etico, ribelle – a conoscere la cucina cinese.
Oggi la carta dei vini conta 140 etichette, circa un terzo abruzzesi e qualche new entry straniera, per esempio i riesling, โtra i bianchi รจ il piรน amato dai cinesi, quello che si associa meglio ai nostri piatti piccanti. Mi piace far sentire la differenza tra un alsaziano, uno della Mosella e un italicoโ.
Con i fuori carta arriva facilmente a quota 200 referenze, grandi nomi o chicche introvabili, da insider, โinteressanti ma difficilmente abbinabili alla nostra cucinaโ. A volte non sono vini da tutti i giorni – โun Valentini, o il Paradiso di Manfredi 2010, o certe vecchie annate di Taurasi o Baroloโ – altre hanno un carattere che mal si sposa con quella tavola: โil Pecorino di Emidio Pepe, per esempio, non va in una cena cinese: ha un carattere forte, bisogna aspettarlo nel bicchiere, invece i piatti cinesi no, non possono aspettare. Il fattore temporale li rende poco compatibili. Una carta dei viniโ conclude โdeve essere coerente con la cucina e il ristorante. Poiโ aggiunge โse vogliamo fare una degustazione attingo al fuori carta. Ma c’รจ tanto del mio carattere in cantina e voglio che ci sia una mia impronta anche in cucinaโ dove la ricerca della materia prima segue lo stesso sentiero del vino, con tanto Abruzzo a guidare la strada – aglio rosso di Sulmona, patate del Fucino o di Avezzano, zafferano di Navelli โ e molta attenzione nella selezione, dai banchi dei contadini del mercato di Piazza San Giovani di Dio a quelli di piazza Vittorio – โindispensabili per le verdure cinesiโ – a quelli bio di San Paolo, soprattutto per la frutta dei sorbetti home made (grande passione di Jun). Poi ci sono alcuni distributori di rango per la carne, allevata allo stato brado, come Orme.
E i clienti come prendono la proposta dei vini? โCon i cinesi รจ piรน semplice, si lasciano guidare e apprezzano il modo in cui racconto i vini, persino cose come un Tenores Dettori, un Cesanese Riccardi Reale, o un Primitivo Archetipo o Morella. Gli italiani inveceโ riflette โsono piรน titubanti. ร normale: farsi consigliare un vino italiano da una persona cinese รจ stranoโ.
Sinosteria โ Roma – viale Marconi, 586 โ 06 92592048 โ www.sinosteria.it
a cura di Antonella De Santis
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