Storica realtร delle Langhe da tempo assurta ad autentica star internazionale, la casa vinicola Vietti ha scelto di presentare le sue ultime annate โfuori casaโ, in alcuni dei piรน grandi terroir mondiali. Iniziative senza dubbio originali, difficili da pensare e quasi impossibili da emulare, che nascondono diversi risvolti e sollecitano piรน di una riflessione. Le tappe in Rodano e quella recente in Borgogna, dove sono stati testati in anteprima i Barolo e Barbaresco della vendemmia 2018, hanno permesso di focalizzare lโattenzione sul percorso dellโazienda, dallโacquisizione di nuove parcelle vitate alla definizione stilistica dei diversi cru (anche se sarebbe piรน corretto usare il termine MGA: Menzioni Geografiche Aggiuntive).
Una straordinaria esperienza che illumina ulteriormente la visione alla base di un successo trasversalmente riconosciuto, guidandoci tra le pieghe piรน intime del progetto e dei suoi principali protagonisti: Elena e Luca Currado Vietti.
ร prima di tutto in questa prospettiva, infatti, che va inquadrato il senso di organizzare uad na trasferta in Francia in un momento come quello attuale, con tutte le complicazioni del caso. La domanda sorge spontanea, avrebbe detto qualcuno: perchรฉ programmare visite presso i piรน importanti domaine della Cรดte dโOr, immaginare cene con mitici vigneron e le loro fantastiche bottiglie, presentando i propri vini al loro cospetto? Non cโรจ un unico motivo, come detto, ma la sensazione รจ che si viaggi anche su suggestioni e idee in divenire, oltre che su comode certezze. Da azienda leader di una denominazione di prestigio come il Barolo, cโรจ probabilmente la consapevolezza di poter sedere al tavolo dei grandi e macinare risultati nella Champions League del vino europeo, dopo aver vinto piรน volte lo scudetto e consolidato la propria posizione in Italia. Legittime ambizioni bilanciate da un altro aspetto ancor piรน nobile: la voglia di continuare a crescere, respirando lโaria dei migliori e ascoltando le vibrazioni che emanano, assaporando il gusto di poter giocare fino in fondo la partita. E piรน di tutto un moto profondamente genuino e umano, forse meno facile da raccontare ma estremamente reale, tangibile, โfisicoโ: lโamicizia maturata nel tempo tra vignaioli piemontesi e francesi, a testimoniare una volta di piรน lโempatia e la vicinanza, non solo geografica, tra le rispettive culture agricole ed enologiche.
Con lโannata 2018 si allarga ulteriormente la galattica rosa dei โgrand cruโ curati da Vietti, di cui facevano giร parte Roncaglie del comune di Barbaresco (e prossimamente anche Rabajร ), Brunabte (Barolo e La Morra), Lazzarito (Serralunga dโAlba), Rocche di Castiglione e Villero (Castiglione Falletto). Non si tratta dunque solo di una questione numerica e quantitativa, ma di un significativo arricchimento che interessa alcuni delle piรน prestigiose vigne di Langa.
Non potrebbe definirsi altrimenti una MGA che trasuda storia e prestigio come Cerequio, dislocata tra i comuni di La Morra e Barolo, figurante tra i cru di โprima categoriaโ individuati da Renato Ratti nella celebre Carta del Barolo disegnata negli anni โ70. Una zona che si distingue da sempre per il carattere austero e al contempo armonioso di rossi da nebbiolo solitamente ben strutturati, carnosi e progressivi.
Piuttosto diverso รจ il temperamento territoriale ed espressivo incarnato dallโaltra โnew entryโ: il Monvigliero. Se รจ vero che il cru ha avuto sempre la sua reputazione, รจ altrettanto innegabile che le MGA del comune di Verduno siano prepotentemente ascese alla ribalta soprattutto negli ultimi 10-15 anni, complice una rinnovata attenzione per nebbiolo magari meno muscolari ma di indiscutibile originalitร . Posizionato allโestremitร settentrionale della denominazione, nei pressi del fiume Tanaro, in questo senso Monvigliero รจ oggi universalmente riconosciuto come โilโ grand cru di Verduno.
Infine Ravera. In realtร non si tratta di una nuova acquisizione in senso stretto, bensรฌ di una MGA giร presente in passato nel portafoglio aziendale e che torna a essere vinificata e imbottigliata separatamente. Senza dubbio tra le vigne piรน reputate del comune di Novello, si distingue abitualmente per il connubio di finezza, tessitura e sapore.
Arrivata dopo alcune stagioni decisamente calde e siccitose, la 2018 si configura fin da subito come una vendemmia molto diversa, non certo di immediata lettura tanto dal punto di vista climatico-agronomico, quanto da quello interpretativo. Insidie legate prima di tutto alle abbondanti precipitazioni, con oltre 900 mm di pioggia registrati tra gennaio e ottobre: dato che la pone dietro soltanto al famigerato millesimo 2002 (cfr. Vintage Report di Enogea in barolomga360.it). La differenza tra le due annate resta comunque molto marcata, a cominciare dal periodo di distribuzione delle piogge. Nella 2018 si sono concentrate perlopiรน nei mesi iniziali e in particolare nella seconda parte della primavera, caratterizzata anche da temperature elevate che hanno costretto i vignaioli a un lavoro durissimo per limitare i problemi legati agli attacchi di peronospora. Altro momento delicato si รจ poi rivelato quello di passaggio tra la fine dellโestate e lโinizio dellโautunno, con numerose giornate sopra i 30ยฐC, elevata umiditร ed escursioni termiche ridotte, cresciute sensibilmente nei giorni a ridosso della raccolta del nebbiolo, con effetti virtuosi su aromi e curve di maturazione.
Al di lร dei dettagli meteorici e viticoli, lโandamento stagionale sembra aver plasmato Barolo e Barbaresco di stampo sostanzialmente classico, che rifuggono gradazioni alcoliche e concentrazioni eccessive per spalancare la porta nelle migliori versioni a profumi raffinati e palati eleganti. Un millesimo sicuramente eterogeneo ma al tempo stesso capace di esaltare le vigne piรน vocate e i manici piรน ispirati nel leggere le pieghe dei diversi terroir, incanalandone i tratti con minuziosa precisione. Anche per questo lโaccostamento ideale con i cru di Borgogna รจ sembrato quanto mai efficace e centrato.
Non รจ una scelta casuale quella di posticipare lโuscita di un anno rispetto al disciplinare del Barbaresco: lโaffinamento prolungato aiuta, eccome, ad armonizzare un Roncaglie ancora piuttosto rigido e austero. Il naso svela profumi di frutti rossi, mora e ribes su tutti, ma anche tocchi terrosi e nuance ematiche; la bocca รจ imperniata sulla vigorosa trama tannica – per quanto non astringente โnonchรฉ su ritmi gustativi freschi, sapidi e mentolati.
Appare una declinazione particolarmente autorevole e prospettica di una delle piรน rinomate MGA intercomunali (tra Barolo e La Morra), quella che si annuncia nei primi assaggi del Brunate. La silhouette aromatica รจ disegnata da spezie orientali ed erbe silvestri, mentre il sorso si mostra giร pieno, scattante e di raffinata tessitura, bilanciando la fitta impalcatura tannica e il generoso abbraccio alcolico.
Siamo molto curiosi di capire se anche le prossime versioni del โdebuttanteโ Cerequio porteranno in primo piano quel carattere cosรฌ prepotentemente โsudistaโ evidenziato dal 2018. Frutti neri in confettura, prugna, un tocco quasi di ragout: lโoriginale impatto olfattivo anticipa un palato dichiaratamente rotondo e avvolgente, sostenuto dalla ricca spalla orizzontale piรน che dallo scheletro nervoso.
โUnโespressione di eleganza a Serralungaโ, sottolinea Luca Currado mentre assaggiamo Lazzarito, e noi siamo dโaccordo con lui fin dal naso. La sinfonia balsamica e officinale spalanca le porte a un sorso senza dubbio potente, ma al contempo rinfrescante e vitaminico, capace di occupare gli spazi e avanzare senza mai perdere ritmo. Tutto ciรฒ grazie alla splendida trama dei tannini, presenti senza derive amare o estrattive, ulteriormente esaltati dalla corroborante aciditร e dal tocco sapido che ci riporta alle nuance olfattive.
Spesso menzionato come il primo cru โufficialeโ della storia di Langa (insieme al Bussia di Prunotto, entrambi usciti con lโannata 1961), il Rocche di Castiglione si conferma una volta di piรน il grande classico di casa Vietti. La versione โ18 appare in questo senso didascalica: impatto solare su frutti rossi e neri, dinamiche combinazioni di radici e spezie piccanti, approfondimenti terrosi, bocca consequenziale nel suo incedere solido e carnoso, privilegiando prima di tutto lโarmonia dโinsieme.
ร sicuramente unโidea azzeccata quella di riportare in โprima squadraโ il Ravera, fin da subito capace di mettersi in luce come lโinterpretazione per molti versi piรน contemporanea dellโorizzontale 2018. Ci riferiamo in primis al suo naso sussurrato quanto nitido di bacche di bosco e petali di rose, ai richiami di frutto chiaro, al tocco di ginseng, ma soprattutto allโimpianto deliziosamente sottrattivo che ne disegna i dettagli, rinunciando a qualcosa in termini di peso specifico e complessitร per favorire piacevolezza e souplesse.
In questo caso la novitร arriva anche dalla scelta di non diraspare circa il 60% delle uve (con possibilitร di arrivare anche a un 100% di vendemmia a grappolo intero, quando lโannata lo permette). Nel bicchiere il risultato รจ sorprendente: se da un lato รจ quello che piรน si discosta dalle altre etichette di Barolo, dallโaltra lโeleganza che distingue il Monvigliero si percepisce eccome. I tratti giovanili di lamponi e mirtilli sono affiancati dai proverbiali timbri di pepe nero, genziana, china e oliva nera; la bocca รจ scorrevole, la trama tannica fine e cremosa, con una splendida scia sapida sottolineata da cenni di alloro e fiori.
Hanno partecipato alla degustazione: Antonio Boco, Giuseppe Carrus, Paolo De Cristofaro, Gianni Fabrizio, Nicola Frasson
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