La Provincia di Bologna fa da spartiacque tra le due metà di questa grande regione, talmente diverse tra di loro che molto probabilmente dalla prossima edizione della guida Vini d'Italia del Gambero Rosso le tratteremo separatamente.
In Emilia è il Lambrusco a dominare la scena
Per quanto riguarda l’Emilia, non è una novità che sia il Lambrusco a dominare la scena, forte di grandi numeri complessivi e di tante realtà qualitativamente eccellenti, a maggior ragione in un periodo storico in cui i consumatori prediligono vini più semplici e beverini rispetto ai vini massicci in voga anni fa.
Dall’eleganza del Sorbara – anche spumantizzato – al frutto più deciso del Grasparossa di Castelvetro e del Salamino di Santa Croce, abbiamo riscontrato una crescita di livello costante, soprattutto nelle produzioni di collina e nelle zone storicamente più vocate delle due provincie di Modena e Reggio Emilia. Tutto ciò segna un netto distacco rispetto ai Lambrusco Emilia generici, frutto di uvaggi che includono anche varietà meno nobili e con una qualità – e un prezzo – decisamente più bassi.
Se sui Colli Bolognesi il Pignoletto – nonostante una certa confusione nelle varie denominazioni – acquista sempre maggiore identificazione con il territorio, a dispetto dei vini ottenuti da varietà internazionali, la Provincia di Parma è quella che meno riesce a esprimere le caratteristiche del territorio. Discorso diverso per il Piacentino, dove è il Metodo Classico ottenuto dalle uve classiche – pinot nero e chardonnay – ad avere i migliori riscontri, stante la contiguità pedoclimatica con un territorio storicamente vocato alla spumantistica come l’Oltrepò Pavese.
Per quanto riguarda i vitigni autoctoni, si sta creando un gruppo di produttori decisi a far valere le potenzialità della malvasia di Candia aromatica, un vitigno che può esprimere vini secchi di grande personalità e di sorprendente longevità. Staremo a vedere.
La Romagna sta vivendo un momento di gloria
Lo abbiamo scritto già più volte, siamo convinti che la strada intrapresa sia quella giusta e faccia emergere sempre più i vari terroir del vino romagnolo. Il protagonista assoluto è il Sangiovese, declinato oramai in 16 sottozone, le Rocche di Romagna: alcune rappresentano areali molto vasti, quindi è più difficile trovare un denominatore comune dei vini, altre invece sono più circoscritte e nel bicchiere lo si riscontra.
Ma non c’è solo il Sangiovese. L’Albana, per quanto la produzione sia esigua, è una varietà che amiamo molto e che trova la sua definizione massima in diverse tipologie, dalla classica vinificazione in bianco alla macerazione sulle bucce, dalla spumantizzazione alle vendemmie tardive, dove le uve si arricchiscono della muffa nobile.
Chiudiamo citando un’altra varietà in cui crediamo molto: il trebbiano, soprattutto quello che arriva dalle zone di collina, un altro vitigno che potrebbe tirar fuori il vero carattere romagnolo.