Se è vero che il cibo racconta tanto della cultura di un popolo, è altrettanto vero come possa essere anche lo specchio delle società che cambiano e delle culture che si intrecciano, fino a crearne delle nuove. Ne è un esempio Nasip, primo ristorante kirghiso in Europa, nel cuore di Cagliari, simbolo di una comunità che ha trovato in Sardegna un porto sicuro e che oggi restituisce la propria identità attraverso il cibo. Laghman fumanti, manty ripieni di carne speziata raccontano un viaggio dalle steppe dell’Asia centrale fino a via Napoli, nel quartiere della Marina, che già di per sé rappresenta un esempio perfetto di quel melting pot tipico delle città affacciate sul mare, con genti diverse che arrivano e magari decidono di mettere la basi di un nuovo capitolo di vita.
È successo anche a Sydykova Munara. Ci tiene a presentarsi così, con il cognome prima del nome, come si usa dalle sue parti: un dettaglio che custodisce il legame con il Kirghizistan. Quando Nasip ha aperto, non esisteva niente di simile in Europa. Solo dopo, altri ristoranti kirghisi sono apparsi in Germania o in Francia. Munara è stata e resta una pioniera: «All’inizio tanti miei connazionali non volevano rischiare, io invece non ci ho pensato troppo. Forse non è stato coraggio, direi più un po’ follia, ma se Dio vuole, tutto diventa possibile». Ed è proprio questo il significato di Nasip in lingua kirghisa, “se Dio vuole”. «È una parola che contiene la fiducia che se qualcosa deve accadere, accadrà». Lei lo racconta con una semplicità disarmante. Forse non sa che ha fatto qualcosa di importante per la sua comunità, che in qualche modo rappresenta una guida per i tanti kirghisi che arrivano in Sardegna e che, ancora oggi, ritrovano nel suo locale un punto di riferimento dove incontrarsi o trascorrere le feste.
Munara è arrivata in Italia circa vent’anni fa. Ha lavorato in diversi ristoranti – giapponese, sarda, africana – partendo dal gradino più basso, dal lavaggio dei piatti. Poi la volontà di far conoscere le proprie radici ha preso il sopravvento «Non sapevo se la nostra cucina sarebbe stata accettata. Avevo paura, ma non ci ho pensato troppo: volevo farlo e basta».
Una comunità che ha scelto Cagliari
Migliaia di kirghisi hanno scelto la Sardegna, e Cagliari in particolare, più che nel resto d’Italia. Una scelta fatta con coscienza e consapevolezza. Rispetto ad altre città, infatti, è stato più semplice trovare lavoro con contratti regolari, avere documenti e visti in regola e vivere con stabilità. Moltissime le donne, che lavorano in diversi campi, soprattutto nella cura delle persone.
«In Sardegna siamo più di tremila» – ci racconta Munara, che a quasi 50 anni, per tenersi al passo con i tempi, ha deciso di raccontarsi anche attraverso i social, con una simpatia che disarma e fa da contrasto con quella sua timidezza. «Da tredici anni esiste l’Associazione Kirghizistan Sardegna, con cui facciamo iniziative per l’integrazione e mantenere vive le nostre tradizioni». E questo flusso migratorio ha reso possibile l’apertura di Nasip. Oggi in Italia esiste Dastorkon, a Milano, aperto due anni fa, ma anche in quel caso si tratta di cucina dell’Asia centrale in generale — Kazakhstan, Uzbekistan, Russia – e tutto perché il Kirghizistan non è ancora conosciuto abbastanza nel nostro Paese e la paura di fallire è tanta.
La cucina kirghisa nasce dall’esperienza nomade di un popolo che, nella storia, ha percorso paesi e scavalcato confini, ha mescolato sangue e tradizioni con altre genti e ha creato una cultura unica, frutto di incontri e intrecci. Sono piatti semplici, nutrienti, fatti per essere condivisi. «Noi facciamo ancora la pasta fresca a mano, ogni giorno, come facevano le nostre mamme e le nostre sorelle. Anche se viviamo nel XXI secolo, non è cambiato molto». La pasta ha il sopravvento, a dispetto della supremazia gastronomica che pensiamo di avere in Italia su questo alimento. Il resto è un susseguirsi di contaminazioni storiche e culturali, che si trasformano in una propria identità. La ciuciupara è una zuppa di benvenuto, simbolo di amicizia e accoglienza, un brodo di carne in cui vengono tuffati dei raviolini simili ai tortellini; il tuymo, ravioli di carne di vitello cotti al vapore ; il lagman, spaghetti in zuppa con carne di agnello e verdure.
«La nostra è cucina di casa, di famiglia. È questo che cercano i kirghisi ogni giorno e che io voglio trasmettere ai clienti». Aprire a Cagliari non ha significato restare chiusi nella comunità, anzi. Munara segue la tradizione che cambia e si nutre di altri luoghi e usanze, lavorando con i prodotti sardi. «Vado dal macellaio o dal fornaio qui vicino. I nostri piatti nascono da ingredienti locali, cucinati nel nostro modo». Nasip è il riflesso di una comunità che ha trovato in Cagliari stabilità e nuove possibilità. E in questi piatti si leggono tradizioni millenarie ma, allo stesso tempo, la voglia di dialogare con la città che li accoglie. È il segno di come una migrazione possa lasciare un’impronta concreta, trasformando i flussi in opportunità culturale: «Un ristorante non serve solo a sfamare, ma deve racconta una storia di identità, coraggio e appartenenza».
Nasip – Via Napoli, 55, 09125 Cagliari – 070 2048614
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