Mentre impazzano le polemiche sui prezzi dei gelati artigianali, è bene fermarsi un attimo e chiedersi cosa si celi davvero dietro a una coppetta o a un cono diverso dal solito. Non si tratta solo di gusti originali o ingredienti ricercati: un gelato come quello di Ciacco (Tre Coni nella nostra guida Gelaterie d’Italia) è il risultato di un lavoro di ricerca scientifica, studio delle materie prime, recupero degli scarti alimentari e una continua sperimentazione gastronomica che porta il gelato fuori dai confini del dessert.
Gelatiere atipico, classe 1982, Stefano Guizzetti nasce a Bergamo ma sceglie Parma come città d’elezione. Proprio all’Università degli Studi di Parma, durante la laurea in Scienze Alimentari, resta incuriosito dalla materia del gelato. Nel 2013 apre a Parma la prima gelateria e l’anno successivo la seconda a Milano.
Ciacco è un laboratorio gastronomico dove nascono idee innovative, sapori inconsueti e abbinamenti a una prima lettura improbabili, perlomeno fin quando non si passa all’assaggio, spesso entusiasmante. Centrale è la sua attenzione per il recupero che predilige materie prime da varietà antiche, vede l’impiego di bucce e foglie, recuperando ricette della memoria locale. La sostenibilità e preservare la biodiversità sono centrali in ogni fase del processo: dalla selezione degli ingredienti alla collaborazione con agricoltori e allevatori, fino alla scelta di packaging compostabili. Ad oggi, Guizzetti porta avanti un approccio sperimentale per il menu della sua nuova linea Gelato & famiglie botaniche.
Mi affascinava molto il gelato come alimento dal punto di vista chimico: è estremamente complesso, ma spesso viene banalizzato a causa della scarsa professionalità che, purtroppo, viene attribuita a chi svolge questo mestiere. Mi sono appassionato sempre di più, al punto da decidere di approfondire ciò che avevo studiato all’università. Il mio approccio era inizialmente accademico: non avrei dovuto diventare un artigiano né produrre gelato, ma l’idea mi entusiasmava e mi piaceva portare avanti questo progetto. Così è nato Ciacco.
La combinazione degli elementi avviene in modi molto diversi: nasce da idee, prove, dal desiderio di abbinare ingredienti che mi piacciono, da assaggi fatti in cucina o nei ristoranti, e dalla volontà di replicare nel gelato alcune sensazioni legate al bagaglio esperienziale della memoria gustativa e olfattiva. Le strade che portano a un abbinamento sono molteplici. Non esiste un procedimento unico o preferenziale.
Conta sempre di più. All’inizio siamo partiti con l’idea di recuperare alcuni prodotti, poi abbiamo seguito questa direzione con sempre maggiore consapevolezza, arrivando anche a sperimentare l’utilizzo di elementi che non sono tradizionalmente considerati ingredienti, come gli scarti. È il caso del gelato Albedo, fatto con scorza di limone e albedo, cioè la parte interna e bianca della scorza, escludendo il succo che viene usato per il sorbetto classico. Recuperare ciò che normalmente verrebbe scartato è parte del nostro approccio. Da qui sono nati progetti, anche in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, che coniugano le nostre diverse competenze e provenienze.
L’idea è nata casualmente, come spesso accade. L’anno scorso avevamo realizzato un gelato con mango, anacardo e sommacco, che mi era piaciuto molto. Approfondendo, ho scoperto che questi tre ingredienti, pur sembrando distanti, appartenevano tutti alla stessa famiglia botanica: le Anacardiaceae. Così ho iniziato a investigare per capire a quale famiglia appartenessero molti degli ingredienti che utilizziamo abitualmente in gelateria. Abbiamo costruito un percorso mentale, chiaro e preciso, che ci ha permesso di individuare le famiglie botaniche e di dimostrare che ingredienti apparentemente diversi, ma legati da una comune appartenenza botanica, possono stare molto bene insieme. Ne sono nati abbinamenti davvero interessanti.
Un esempio di accostamento concettualmente vicino è quello della famiglia delle Rosacee, con fragola, lampone, rosa e geranio. Altri abbinamenti sono molto più audaci, con ingredienti lontanissimi tra loro, come nella famiglia delle Malvaceae: karcadé, noce di cola, cacao e malva. Oppure un gelato con assenzio, carciofo, camomilla e dragoncello. Attualmente abbiamo identificato diciotto famiglie e ne proponiamo due a rotazione ogni settimana.
La famiglia più complessa e ricca di sfumature è quella delle Fabaceae, con ingredienti come arachide, fieno greco, cece, liquirizia, erba medica, fava e tonka. Penso sia il gusto più particolare e inatteso, sia da raccontare che da assaggiare.
Conosco personalmente ognuno dei nostri fornitori. È una cosa che mi rende orgoglioso e che apprezzo molto: il rapporto diretto con chi produce ci permette di differenziarci, di essere più creativi e originali.
I gusti non convenzionali rappresentano circa il 20% delle vendite totali di gelato. In base all’offerta che proponi, selezioni una certa clientela e, allo stesso tempo, la clientela ti seleziona in base a ciò che si aspetta di trovare. Questo processo reciproco di scelta ha portato nel tempo a costruire un pubblico curioso.
Ovviamente, il pistacchio. Tuttavia, anche i gusti più “strani”, come la fragola con kimchi, l’ananas centenario, il fieno, la corteccia, le foglie o le famiglie botaniche vanno letteralmente a ruba. Mi piace che ci sia questa curiosità da parte dei clienti. Inoltre, la possibilità di assaggiare prima di scegliere consente di incuriosirsi e sperimentare senza timori.
Assolutamente sì. Esiste, ed è un momento di grande fermento per il gelato. Il problema è che coinvolge ancora un numero ristretto di realtà. Su trentacinquemila gelaterie in Italia, quelle davvero interessate a sperimentare sono pochissime: è ancora una nicchia. Mi auguro che il settore cresca, seguendo l’esempio di ciò che è accaduto con la pizza, il caffè e la birra artigianale.
Dovremo confrontarci sempre di più con la necessità di ridurre il contenuto di zuccheri e modulare quest’aspetto del gelato che è sempre di più messo in discussione. Il gelato, per ora, è ancora percepito come un dessert, ma si sta affermando sempre più anche come alimento. Bisognerà trovare un punto di equilibrio.
Spero di non perdere mai lo stimolo a essere creativo e a provare cose nuove: è ciò che ci tiene vivi e attivi.
Spero che Ciacco possa continuare a crescere e proporre sempre più cose, non solo gelato, come colazioni, lievitati, pizza… staremo a vedere.
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