Il viaggio

La magia di Bali tra surf, yoga e una cucina contaminata che va da Niko Romito ai piccoli warung familiari

Bali non è solo surf, yoga e templi: è anche una sorprendente destinazione gastronomica, dove la cucina tradizionale indonesiana si fonde con le tante culture che qui sono approdate

  • 03 Ottobre, 2025

Il nostro viaggio parte da Seminyak, cuore mondano dell’isola, per attraversare la giungla spirituale di Ubud e ammirare Uluwatu a strapiombo sull’oceano. Un percorso tra i piccoli ristoranti familiari warung, le insegne fine dining, le tavole leggere che guardano l’oceano, gli aperitivi sulla sabbia ammirando i surfisti al tramonto, i mercati locali e le piantagioni di riso. A Bali la tradizione indonesiana si è contaminata con le tante culture che qui sono approdate, con un’estetica contemporanea e con una forte propensione all’healty e al sostenibile. Tra l’altro, l’Indonesia ha firmato da poco un accordo commerciale con l’Unione Europea, fatto che porterà a una maggiore contaminazione tra Occidente e Oriente.

 

La movida balinese di Seminyak

Per i cultori puristi di Bali, Seminyak non sarebbe neanche da contemplare, zona di movida tutta all’opposto della pace meditativa dell’isola. Ma per chi è alla sua prima volta, è bello conoscere anche questa porzione balinese, se non altro per decidere cosa si preferisce e quale Bali faccia più al caso di ognuno. Sono in tanti ad aver scelto questa porzione di isola per il proprio business, dai locali effervescenti come Mexicola e Favela in cui vivere la festa balinese al Rumari nel Raffles Hotel o al ristorante Mauri dello chef pugliese Maurizio Bombini che qui sta costruendo un impero di grande qualità. Insomma tra street food, bar panoramici e ristoranti che parlano lingue di ognidove, ce n’è davvero per tutti i gusti. Sicuramente il motivo per cui andare (e tornare) nella zona di ristoranti e club, si chiama Poteto Head: un hotel che ha fatto dell’architettura del gusto e del benessere i suoi punti di forza, tanto da essere una tappa imprescindibile per tantissimi. Unica insegna balinese e indonesiana presente nella classifica The World’s 50 Best Hotels, il Desa Potato Head non è un semplice beach club, ma un vero e proprio “desa” (villaggio) creativo, un concept che va oltre la ristorazione per abbracciare l’arte, la musica, il design sostenibile e, naturalmente, un’offerta gastronomica di assoluto rilievo. Qui l’esperienza gastronomica si articola su più livelli.

Il mondo di Head Beach Club

Se il celebre Potato Head Beach Club resta il luogo ideale per aperitivi al tramonto e una cucina informale ma curata, con piatti freschi e ispirati alla tradizione indonesiana e internazionale, l’offerta si estende a ristoranti con più struttura in termini di studio e proposta. Parliamo di una filosofia che punta alla sostenibilità, con ingredienti spesso provenienti da coltivazioni locali e dalla farm di proprietà, e un’attenzione maniacale al dettaglio, sia nel piatto che nell’ambiente. È il luogo dove l’anima artistica di Bali incontra un lusso consapevole, e dove i cocktail sapientemente miscelati nei diversi banconi della struttura si accompagnano ad una vista mozzafiato sull’oceano, con il sound design a completare l’esperienza sensoriale. Un indirizzo che negli anni ha fatto tendenza e che oggi rappresenta una tappa obbligatoria, quanto meno per rendersi conto di cosa sia davvero il concetto di sostenibilità all’interno di un luogo così turistico che macina presenze turistiche durante l’intero anno. In netto contrasto con il lusso classico dei resort storici dell’isola, qui tutto è in continua evoluzione, ci sono camere moderne che si affiancano a installazioni artistiche, un vivace beach club, teatri di posa e studi di registrazione, una biblioteca e concept store unici; insomma un ambiente olistico che attrae creativi giramondo, edonisti e gente del posto. Ma chi c’è dietro? Il fondatore Ronald Akili che abbraccia un principio di innovazione radicale con il motto “Good Times Do Good” e che cominciò con un piccolo ristorante a Giacarta. C’è l’imbarazzo della scelta, dai piatti di pesce a impatto zero del ristorante Ijen al fine dining plant-based di Tanaman, fino alla cucina tradizionale reinterpretata di Kaum, ogni ristorante è una sosta di un percorso gustativo che ha nella sostenibilità e nelle culture diverse la sua bussola. Il più “alto”, in termini di ricerca e innovazione, è il ristorante Dome, insegna che si esprime attraverso cucina creativa e vini naturali.

Sunset Park, paradiso della mixology

C’è poi il Sunset Park per un’esperienza cultural-liquida con vista incantevole. È il rooftop bar affacciato sull’Oceano Indiano, il luogo definitivo per godersi uno dei tramonti più belli a Bali. L’identità indonesiana si riscopre attraverso il bicchiere e lo si fa anche grazie al bar operation manager 100% balinese Bina Nuraga. «Sunset Park è molto più di un cocktail bar – afferma l’Head of Beverage Operations argentino Agustin Da Sambiagio – è un luogo dove sapori, memoria e territorio si intrecciano per raccontare un’Indonesia diversa, autentica ma contemporanea. Dove ogni sorso diventa un gesto responsabile». Aperto ogni giorno dalle 17 alle 21, Sunset Park è un invito a “salire in alto per guardare lontano”, non perdetelo.

WooBar: la magia del tramonto

Prima di lasciare la vibrante Seminyak, un altro consiglio concreto verte sull’Hotel W Bali. Come avrete capito la migliore qualità è quasi sempre da rintracciare nelle insegne dedite all’ospitalità, al cui interno trovare offerte cangianti. La sua proposta gastronomica è all’altezza del suo nome, con diverse opzioni che catturano l’attenzione. Il Starfish Bloo è il ristorante “all-day dining” con un focus sui frutti di mare e una cucina che si è evoluta verso proposte vegane e vegetariane, un segno dei tempi e dell’attenzione a un pubblico sempre più consapevole (imperdibile il ricco brunch domenicale). Qui la freschezza degli ingredienti è protagonista, in un ambiente arioso e con vista sulle piscine a cascata. Il Fire è invece la steakhouse, dove la carne è la vera star, preparata con maestria su griglie a vista con tagli da tutto il mondo. Ma il fiore all’occhiello si chiama WooBar dove il W da il meglio di sé, soprattutto al tramonto: è il luogo dove i cocktail dimostrano ricerca e studio, in grado di parlare dell’isola in cui ci si trova, e dove la bevuta è avvalorata dall’atmosfera elettrica con DJ set e persone che ballano scalze fino a tarda notte.

Uluwatu, la Bali più autentica

È giunto il tempo di addentrarsi nella Bali più autentica e riflessiva, dove le scogliere di Uluwatu abbracciano il tramonto. Yoga, surf, brindisi rigorosamente sulla spiaggia, una zona super friendly in cui rilassarsi e godere delle bellezze paesaggistiche e spirituali dell’isola. Qui la scena gastronomica è più rilassata ma non meno interessante. A The Cashew Tree si servono smoothie bowl e insalate con tempeh marinato e dressing al tamarindo, perfetti per un pranzo post-surf, il Suka Espresso propone cucina australiana-balinese a base di pancake alla banana e uova alla benedict con bacon caramellato e sambal matah, c’è poi il Sunday’s Beach Club raggiungibile via funicolare per un gustoso pesce del giorno alla griglia a due passi dall’acqua. Ma la meraviglia si desta nel Bvlgari Resort Bali, un posto unico e sbalorditivo in cui l’eleganza Italiana incontra il paradiso balinese. Arroccato su una scogliera a picco sull’Oceano Indiano, è per chi scrive uno dei resort più accattivanti mai visti nel mondo, composto da sole ville (59) tutte affacciate sul mare e sparse nel verde rigoglioso della grande proprietà. Se pensate che a cotanta bellezza e servizio ineguagliabile non si possa aggiungere null’altro, sappiate che recentemente ha preso il timone del ristorante, come in altre insegne dei Bvlgari nel mondo, lo chef Niko Romito.

La squadra, che può fare affidamento su Alessandro Mazzali, il giovane chef qui ormai da tre anni: «Per uno chef della mia età Bali è davvero fonte d’ispirazione. L’isola ha un’energia creativa molto espressiva e piena di contrasti. C’è una crescente curiosità per la gastronomia e un profondo rispetto per i dettagli. È un luogo che ti sfida costantemente a crescere. Sono felice di poter interpretare qui la filosofia culinaria dello Chef Niko Romito. L’approccio è chiaro ed essenziale: lasciare che gli ingredienti parlino, eliminare il superfluo e concentrarsi sulla profondità attraverso la semplicità. Abbiamo cercato il più possibile di lavorare prodotti locali e di immaginare un menu che raccontasse anche l’ambiente in cui ci troviamo», racconta.
L’esperienza, solo alla sera e con ventiquattro coperti, è un’esperienza contemporanea e classica al tempo stesso, che celebra il patrimonio culinario dell’Italia attraverso tecniche innovative capaci di ridefinire le ricette tradizionali, utilizzando ingredienti autentici e di altissima qualità. La presenza di elementi della cucina balinese arricchisce ulteriormente questo percorso gastronomico, grazie all’impiego di bontà locali come il pescato fresco, la profumata vaniglia di Kintamani, diverse varietà di pepe, i pomodori Plaga e numerosi ortaggi coltivati sull’isola. Di più, avrete a vostra disposizione anche il sacerdote balinese che si occuperà della cerimonia di purificazione Melukat, all’interno del tempio qui presente: un rituale per depurare corpo e anima, scacciare gli spiriti maligni e portare fortuna. Non vorrete più uscire da questo resort dorato ma vale la pena farlo per avere uno sguardo intimo della vita quotidiana dei balinesi: la passeggiata Banjar offre agli ospiti un’esperienza da insider del villaggio locale, includendo un mercato tradizionale, un tempio di quartiere e le residenze locali, oltre a una visione ravvicinata di come vengono intrecciate le reti da pesca, seguita dalla tradizionale offerta balinese del Canang Sari. È una rara opportunità per scoprire i ritmi unici della vita locale.

Ubud, spiritualità e cibo olistico

Infine se avrete tempo, e il matto traffico di Bali ve lo permetterà, dovrete raggiungere Ubud: regno del cibo olistico e della spiritualità ma anche dell’agricoltura biodinamica. Qui la cucina si nutre della terra. Ubud fa innamorare per la sua genuinità e per i piccoli warung (ristoranti familiari) che si affacciano su risaie silenziose. Al Warung Sopa, vegano e giapponese-balinizzato, si mangia un sorprendente curry di jackfruit con riso rosso di Tegalalang. Il mercato di Ubud (soprattutto di mattina) offre spezie freschissime: galangal, zenzero rosso, lime kaffir e vaniglia locale, oltre alle centinaia di oggetti spirituali e souvenirs senza i quali poter partire. Per qualcosa di speciale, soprattutto se siete in coppia, dovrete raggiungere il K Club Hotel dove godere del fascino della giungla e della cucina “farm-to-table”. Un approccio più intimo sicuramente, con una profonda connessione con la natura circostante. L’insegna gastronomica che fa la differenza è Akar, portando in tavola ingredienti freschi e bio direttamente dalle fattorie locali della zona. La cucina è un’interessante fusione che esalta i sapori indonesiani con tecniche e presentazioni occidentali. L’atmosfera è romantica e suggestiva, spesso accompagnata da spettacoli acrobatici o giochi di luce che rendono la cena un’esperienza multisensoriale. Avrete inoltre la possibilità di pernottare nel glamping Kanva, 11 grandi tende immerse nelle rigogliose risaie e foreste tropicali volute da Alban Kibarer, l’imprenditore francese fondatore di K Club, impegnato a ridefinire il concetto di lusso.

In ogni angolo di Bali si percepisce una consapevolezza gastronomica in crescita: rispetto per l’ambiente, attenzione alla qualità, riscoperta dei saperi antichi. C’è davvero tanto da scoprire e il valore aggiunto sta nella variegata offerta in grado di soddisfare tutti. Che siate in cerca di un ristorante fine dining o di uno spuntino tra le bancarelle, Bali saprà sedurvi. A modo suo. Con i piedi nella sabbia e la salsa sambal sulle dita.

 

 

 

 

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