Storie

Ecco come una famiglia di pastori del Cilento difende pascoli e formaggi "ribelli"

Due fratelli, tre generazioni, centinaia di animali e un’azienda che sfida fotovoltaico, lupi e omologazione per difendere pascoli, biodiversità e formaggi unici

  • 19 Settembre, 2025

Un agnellino in regalo, due fratelli e un sogno che profuma di latte crudo e di prati di montagna. È così che negli anni Cinquanta, nel cuore del Cilento, comincia la storia di Vitantonio e Antonino Cerrone: da quel dono nasce “La Bersagliera”, azienda agricola oggi guidata dalla terza generazione, con 200 capre cilentane, 1.200 pecore e 150 vacche Podoliche. I loro formaggi – caciocavallo podolico, caprino, pecorino – raccontano i pascoli, le stagioni e le altitudini. Quella dei Cerrone è più di un’impresa: è resistenza culturale e ambientale.

Ad altitudini che vanno dai 300 ai 1.600 metri, fra macchia mediterranea, prati stabili e alpeggi, praticano ancora la transumanza, allevano nel rispetto del ciclo biologico, difendono il paesaggio e la biodiversità aderendo al Presidio Slow Food. I loro prodotti sono presenti anche a Bra, alla XV edizione di Cheese, la gran kermesse dei formaggi che viene organizzata in Piemonte ogni due anni.

Gli inizi tra i pascoli

La storia di questa azienda comincia in Campania, nel cuore del Cilento, negli anni Cinquanta, ed è la storia di due fratelli e di un agnellino ricevuto in regalo. È allora che Vitantonio e Antonino Cerrone decidono di aprire la loro azienda agricola. Le danno un nome emblematico e battagliero, La Bersagliera, e iniziano a produrre caciocavallo podolico, caprino e pecorino. Formaggi che mostrano caratteristiche diverse dovute alla variabilità dei pascoli, delle stagioni, delle altitudini. E sono rigorosamente formaggi a latte crudo perché “ la pastorizzazione porta verso prodotti replicabili, non più unici”.

Così Vitantonio e Antonino e i loro figli e nipoti – oggi sono alla terza generazione – resistono in un progetto che è anche  tutela del paesaggio, dell’identità culturale e della biodiversità. Per questo aderiscono al Presidio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli, nato per salvaguardare un territorio e far conoscere i suoi prodotti, soprattutto latte e formaggi, legati all’erba e al fieno delle praterie sulle montagne, dove si pratica l’alpeggio nei mesi estivi. Un presidio che riconosce e valorizza il loro prezioso lavoro di conservazione ambientale. Obiettivo: salvare i prati stabili e i pascoli. I pascoli dei fratelli Cerrone si trovano su un centinaio di ettari ad altitudini diverse, fra i 350 e i 1000-1600 metri di altitudine in un paesaggio verde che spazia dalla macchia mediterranea ai boschi cedui alle piante del sottobosco. La Bersagliera è proprio a ridosso del Monte Polveracchio, 1.800 metri, ma le vacche durante la stagione fredda pascolano in collina, più sotto, a circa 300 metri sul mare.

Transumanza, latte crudo e resistenza

I Cerrone praticano la transumanza, come una volta: da Battipaglia ed Eboli fino alla cima del Polveracchio, in estate, quando nasce il caciocavallo di montagna, di solo latte di alpeggio. Le bovine si alimentano al pascolo transumante e spontaneo ed è proprio il pascolo a fare la differenza per il latte, merito di essenze e fioriture diverse e con diverse concentrazioni aromatiche. Mentre le pecore e le capre sono allevate nel pascolo semi integrato: il 50% è costituita dalle essenze dei prati spontanei con trifoglio, malva, loietto, camomilla, finocchietto, zafferano, e l’altro 50% dall’integrazione di foraggi, soprattutto nella stagione estiva, con trifoglio e loietto ma anche sfarinati a base di mais, orzo, soia e crusca. Viene utilizzato solo il latte aziendale per produrre i formaggi, tutti stagionati dai 3 ai 12 mesi. E il “benessere animale” è una priorità, nel rispetto del ciclo biologico (per esempio non si toglie il  vitello alla madre e al suo latte).

Perché il loro no alla pastorizzazione? Sarebbe più facile ed economicamente conveniente “ma si perderebbero tutte le caratteristiche peculiari e l’unicità dei formaggi, che derivano proprio dalla variabilità dei pascoli per le stagioni, le altitudini, le essenze di cui gli animali si nutrono e che rendono unico il loro latte”. Tutto risolto? Magari. Negli ultimi anni, sui pascoli dati in concessione ai Cerrone, sono stati installati 57 ettari di pannelli fotovoltaici, 23 dei quali di agrifotovoltaico, sistema che consente un utilizzo misto, di produzione di energia rinnovabile e di coltivazione di terreni agricoli. Ma nelle aree con il fotovoltaico tradizionale è vietato far pascolare, e dunque la superficie dei pascoli si riduce, mentre nell’ agrifotovoltaico è possibile e gli animali sembrano essersi adattati.

Certo è quasi paradossale questa specie di lotta tra due modi di occuparsi di sostenibilità e ambiente. A questo si aggiunge la presenza del lupo, sempre più frequente, che si fronteggia con i cani, pastori abruzzesi che sorvegliano il gregge. Continuare è insomma è una sfida alla ricerca di un equilibrio tra identità culturale e impegno per preservare biodiversità e l’ambiente e la produzione di reddito. Parola d’ordine una sola: resistere.

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