Storie

Emily Dickinson, la poetessa americana che era un'insospettabile pasticcera

Le giornate della compositrice del Massachusetts eran fatte di reclusione e poesia, ma anche di tanta farina e zucchero

  • 25 Agosto, 2025

La sensibilità di pochi, la potenza immaginifica della scrittura, la penna come veicolo per sfuggire al proprio isolamento. Parole che non bastano a raccontare Emily Dickinson, fra le più brillanti poetesse della storia americana. Una personalità fortemente combattuta, assorbita dalle proprie angosce e da un rapporto particolare con la morte. Complessità che alimenta la propria vena creativa, la stessa profondità di pensiero inscindibile dalla sofferenza interiore che ne segna l’esistenza.

La capacità espressiva della sua calligrafia diventa motivo di invidia da parte dei coetanei. Emily non è come tutti gli altri: nonostante qualche distrazione di troppo, a lezione si fa notare per la prospettiva anticonvenzionale con cui vede le cose. Nella comunità di Amherst, Massachusetts, si accorgono pian piano pure delle abilità culinarie, mostrate sfornando tra un verso e l’altro autentiche delizie per amici e vicini di casa. Dimestichezza con il forno che affascina perfino l’austero padre, congressman del partito conservatore Whig, che a fronte dell’ottimo pane quotidiano le “perdona” alcune uscite da ribelle.

Emily Dickinson

Chi era Emily Dickinson?

Per la critica, una pioniera della poetica modernista. A differenza degli autori coevi non ricorre a un lessico così sofisticato. La potenza evocativa della sua lirica poggia più spesso su un registro linguistico limpido, al di là delle metafore criptiche che interessano la natura, l’amore, il senso e la caducità della vita.

Di certo, uno dei contributi femminili più significativi nella letteratura del XIX secolo. Eppure, molte delle produzioni rimarranno segrete, note solo alla stessa autrice, che era solita comporre nell’intimità della sua stanza, lontana da sguardi indiscreti. Quelli dei genitori con cui passa gran parte della propria esistenza, devoti ai precetti puritani e a un modello di economia domestica — diffuso tra i borghesi di allora — secondo cui la donna, a prescindere dallo status, avrebbe dovuto farsi custode del nitore dell’abitazione ed essere direttamente coinvolta nei lavori di casa.

Una missione cui la madre assolve con dedizione stimolando le figlie a seguirne le orme. Ma a Emily Dickinson il ruolo della casalinga perfetta sta stretto. Anzi, respinge con energia il paradigma, ritenendo umiliante una condizione di vita femminile che si esaurisse nelle mansioni domestiche. Quanto trapela dalle sue memorie, a partire dal sarcasmo con cui biasima la sorella Lavinia, colpevole di passare troppo tempo a pulire le scale.

Emily, Austin e Lavinia Dickinson

La cucina come rifugio

La scrittrice resta una voce fuori dal coro; non solo all’interno del nucleo familiare, che la considera fragile, ma anche rispetto al movimento artistico dell’epoca, condizionata dalla cultura protestante, dalla teorie darwiniste e dai prodromi della guerra civile americana, che scoppierà negli anni Sessanta. Un’aura solitaria inizia ad avvolgerla in seguito alla scomparsa di persone a lei care (come la cugina Sophia), che la spinge a trovare conforto in sé stessa e non nella compagnia, all’interno della quiete domestica, nonostante la vivace gioventù trascorsa all’insegna di una socialità ordinaria per un adolescente.

In questa proiezione quasi eremita, oltre al giardino d’inverno, pure la cucina diventa luogo in cui rifugiarsi, uno spazio d’ispirazione poetica. E, parallelamente, un workshop ideale in cui coltivare l’interesse per i dolci e quello per la cucina. Forse l’unica dimensione attraverso cui si avvicina al profilo femminile tradizionale, svolgendo ai fornelli uno dei compiti che spettava regolarmente alla donna.

Homestead, la casa dei Dickinson e attuale Emily Dickinson Museum

Un’insospettabile pasticcera

Per capirci, si rinvengono tracce dei suoi componimenti sui più disparati involucri alimentari. Cosa insolita all’interno di una casa in cui carta e fogli non potevano certo mancare, considerato che il padre Edward e il fratello Austin praticavano la professione legale. Però, lo stimolo e la voglia di catturare un verso erano tali da sovrascrivere etichette e incarti come quello di una tavoletta di cioccolata proveniente da Parigi.

Uno dei reperti documentati da The Emily Dickinson Museum di Amherst, che rivela come non fosse l’unico ingrediente di origine estera a circolare nella cittadina manifatturiera, agricola e accademica del Massachusetts: i menu trascritti dalla cognata e previsti in occasioni speciali contemplavano una decina di portate impreziosite persino da caviale e brie. Del resto, la stessa Emily faceva uso del latte di cocco caraibico, con cui sembra preparasse una coconut cake da leccarsi i baffi, seguendo una ricetta che in realtà le aveva dato la signora della porta accanto.

Ma la passione della poetessa per la pasticceria non si limitava alle torte. Nel vicinato infatti non era tanto raro vederla deliziare i più piccoli con dei gingerbread cookies, biscotti che riusciva a distribuire attraverso un cestino calato da una delle finestre, misura che le consentiva di non lasciare le mura di casa. Inviare agli amici pacchi regalo con dolci o altri zuccherini e condividere o raccogliere ricette altrui a un certo punto rappresentano le sole possibilità per Dickinson di ribadire il proprio affetto e mantenere i rapporti con l’esterno.

I’m Nobody! Who are you? (Poems), Emily Dickinson

La partecipazione al concorso

Ironia della sorte: in vita la ragazza di Amherst raccoglie più riconoscimenti per quello che prepara anziché per ciò che scrive. Tant’è che nel 1856 sale sul podio di una piccola competizione fra fornai locali. Nell’ambito del Cattle show organizzato in paese, la sua pagnotta a base di farina di segale e mais la porta dritta al secondo posto. A dire il vero, il pane di Emily era stato sempre apprezzato, perfino dal più insospettabile dei familiari: il padre, che per quello della figlia aveva un debole al punto tale da preferirlo ai filoni sfornati da Margaret Maher, storica collaboratrice domestica dei Dickinson. Davvero curioso, visto che sarebbe stata lei a insegnare alla giovane come si panifica.

Ebbene, quanto ricostruito sin qui tratteggia una personalità piena di doti, pur non sempre riconosciute. Per fortuna però ai posteri è giunta la più preziosa.

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