Di giorno professore di procedura penale all’Università di Teramo e di Roma Tre, nel tempo libero ricercatore accanito di locali con cucina internazionale. Marco Pittiruti da dieci anni prende appunti su un quadernetto di tutti i locali con cucine dal mondo sul territorio romano: cinese, filippina, bengalese, greca, giapponese, francese, statunitense, indiana. Non manca nulla. «L’idea nasce prima di tutto da una mia passione per la cucina dal mondo, dopodiché dalla mia curiosità di visitare tanti posti», spiega Pittiruti che al di là della passione ha lanciato anche una sfida personale: «Da che ho memoria notavo che chiudevamo molti posti di cucina estera, e i gestori mi confidavano che non avevano abbastanza clientela e si sentiva vittima di un preconcetto: per molti “etnico” vuol dire maltenuto. A quel punto ho pensato di cominciare a fare pubblicità disinteressata per far conoscere dei posti meritevoli, secondo il mio gusto personale».
Col tempo la tecnologia ha preso il sopravvento, e dagli appunti presi a mano alla mappa Google il passo è stato breve. Dopo un periodo in cui aggiornava settimanalmente un semplice file Word, ha iniziato a compilare mappa digitale pubblica diventata col tempo una piccola miniera di segnalazioni (“Etnici autentici a Roma”). Al momento i locali inseriti sono 256, ognuno è corredato da una piccola didascalia che descrivere l’atmosfera e quello che si mangia, ma il lavoro di inserimento non è finito, e la lista di quelli da provare altrettanto lunga. Sta di fatto che, da gennaio 2024 a oggi, oltre 10mila persone hanno visionato la mappa e, chissà, hanno seguito i consigli di Marco Pittiruti.
Il primo criterio di scelta è l’autenticità: «Segnalo posti piccoli, non arcinoti. Ho sempre cercato un posto particolare, quello che faceva cucina casalinga più fedele possibile alla cucina di riferimento e che non seguisse le mode, quindi no fusion, no mode, cucina vera e locale», racconta. La mappa è una classica cartina geografica di Google Maps con dei segnaposto a forma di bandierina inseriti nell’indirizzo del locale. Sulla sinistra della mappa compare una suddivisione per aeree geografica – Medio Oriente, America Centrale e del Sud e Caraibi, Subcontinente indiano – con la lista di tutti i locali inseriti. Cliccando sulla bandierina di riferimento si apre, sulla sinistra, una scheda con il nome del locale, una breve recensione e l’indirizzo con i contatti.
Laing (piatto filippino) di Tali N Tiago
I posti vengono visitati un paio di volte prima di essere inseriti nella mappa. La metodica di ricerca dei locali è certosina: «Monitoro i social, su Google Maps vado a vedere per le vie nelle zone che so essere pescose, dove possono esserci nuove aperture, e su piattaforme di food delivery se ci sono novità», spiega Pittiruti che lo definisce «quasi un lavoro: quando ho tempo, la sera mi metto a cercare, magari parto anche dai nomi dei piatti e li inserisco su Google e viene fuori una lista di locali che fanno proprio quel piatto».
Va in solitaria, molto spesso quando si tratta di fare una visita a pranzo ed è lì che «vado in posti più modesti come i fast food», se si tratta di ristoranti veri e propri, allora organizza la cena con amici. Quanti posti visita? Due/tre a settimana. Entra, si siede, mangia, scambia due chiacchiere con il ristoratore per capire la storia del locale, e uno dei riti è ordinare la specialità del posto, il piatto imperdibile del cuoco.
Le cucine più sottovalutate, secondo Pittiruti sono quella filippina e bengalese. Fra le sue preferite, quella etiope ed eritrea. Dove provarle? Al “Mrgda”, due sedi, una su via Prenestina, l’altra al Pigneto. Grande successo della cucina coreana, da provare al “Gainn” e al “Midam”. «Sta prendendo sempre più piede il fast food indiano “Saravanaa Bhavan”, una catena presente in tutto il mondo, che consiglio di provare». Per i più curiosi: «Famosi i khinkali georgiani, grossi ravioli che si mangiano con le mani, prima si morde il ripieno e poi si succhia il brodo. Sta diventando noto e richiesto un piatto cinese, il Malatang dello Sichuan, una zuppa da comporre dove gli ingredienti li sceglie il commensale e non il cuoco». Altri ristoranti cinesi? “One Restaurant” nella formula del bistrot cinese e “Hao Hao Chi”.
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