Storie

I pranzi peruviani "nascosti" dove si mangiano grandi ceviche ma senza che nessuno lo sappia

Abbiamo partecipato a uno dei pranzi della comunitร  peruviana in Italia frequentati solo da peruviani

  • 15 Settembre, 2025

In un posto che รจ meglio non dire, cโ€™รจ un vicolo. รˆ un vicolo stretto, nascosto, e perfino la luce ci inciampa spaesata, ruzzolando sui ciottoli sporchi fino al cortile in fondo alla strada. Qui, ogni mattino alle nove, soffocato dai condomini dโ€™ocra bruciata che lo circondano, il cortile si muove. Le ruote dei carrelli sgangherati e dei trolley per la spesa spezzano il silenzio in tanti piccoli trambusti inquieti, attenti a disturbare il meno possibile.

A quel punto, ogni uomo o donna del vicolo si sistema: Rafael va allโ€™angolo destro del cortile, Beatriz a quello opposto, Isabel sotto lโ€™albero e la signora Mavila si siede sulla panchina di marmo. Qualcuno tira fuori una barretta di wafer al cioccolato da una delle buste nere sui carrelli e il bambino lโ€™afferra con un salto e corre allโ€™ingresso della stradina a fare la guardia. Quando i primi immigrati, i rifugiati, le coppie di sposi e le donne vestite a lutto si mettono in fila davanti il portone del Consolato Generale del Perรน dallโ€™altra parte della strada, il profumo esplode.

Menu “clandestino”

La signora Mavila comincia a versare bicchieri di una sostanza calda e grumosa dalle bottiglie di plastica senza etichetta e lโ€™aria qui intorno diventa terrosa e calda, gonfia di cannella e chiodi di garofano, chuรฑo e zucchero di canna. Dalla lunga coda davanti al Consolato qualcuno si stacca, chiede al vicino di tenergli il posto, attraversa la strada, saluta il bambino e imbocca il vicolo con il portafoglio in mano.

รˆ come tornare a casa: le persone si abbracciano per salutarsi, cโ€™รจ chi si lamenta delle pratiche per il passaporto o per la richiesta dโ€™asilo, cโ€™รจ chi non ha nulla da sbrigare ed รจ venuto lรฌ solo per parlare un poโ€™ dellโ€™Alianza Lima che ne perde una dopo lโ€™altra ormai, il fรบtbol questi non sanno cosa sia causitas, date retta a me.
Nessuno potrebbe stare qui: siamo in Francia e qui per servire cibo in strada ci sarebbero permessi da chiedere, autorizzazioni da ricevere. Ma la signora Mavila mi chiede che prendo dal menu e tra spagnolo, francese e inglese non ci capiamo quindi sorride e decide di fare da sola.

Una panchina piena di piatti

Da uno dei sacchi neri piรน grandi appaiono piatti di carta e tupperware offuscati dal vapore, sacchetti di posate in busta, tovaglioli. Rafael ha steso cartoni da imballaggio aperti su tutte le panchine dello spiazzo e quelle sono le nostre tovaglie: allโ€™improvviso ogni panchina รจ imbandita di piatti, dalle zuppe ai secondi di carne e ognuno in mano ha bottigliette in vetro di Inca Kola che tintinnano per i brindisi. La signora Mavila torna da me con in mano un piattino di quello che non credevo sia possibile.
รˆ ceviche. Ne ha di vari tipi nel sacco: spigola, branzino, cernia. Le cipolle sono croccanti, il coriandolo fresco e lโ€™aji amarillo ha lโ€™anima di un frutto piccante e gentile, il sapore di unโ€™euforia molle, avvinazzata.

Comincio a perdermi, come ubriaco, confondo i luoghi: mi trovo un arroz con pollo tra le mani e so di non essere piรน in Francia. Il riso mi riscalda e lo mangio in silenzio, come in una cerimonia, mentre la signora Mavila continua a svuotare tuppleware e contare monete. โ€œยกEste es el cau cau!โ€ La trippa รจ gialla di spezie, brodosa e splendida: lei e i tocchi di verdure palpitano di colore, scintillando accanto al riso, bianco e immacolato. Curcuma, menta, aglio, cumino ed รจ piccante ma di un sapore tondo e piace a tutti perchรฉ tutti hanno iniziato a dimenticarsi di dove si trovano e cosa erano venuti a fare.

Rafael chiede chi vuole lโ€™ultima tamal e la coppia di sposi propone un altro brindisi e ci sono risate, battute, applausi ma qualcuno si affaccia dai balconi per lamentarsi del rumore, che รจ tanto, รจ vero, e forse per questo non sento il bambino urlare. La volante della police nationale ha parcheggiato proprio all’ingresso del vicolo: scendono in due. Sulla piazzetta รจ calato il silenzio. Con la coda dell’occhio vedo un portone alle mie spalle, che prima non avevo notato, chiudersi di scatto, sferragliando.
Intorno a me ci sono i carrelli mezzi vuoti, i trolley della spesa, i sacchi neri.
Ma sono solo.

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