Ogni settembre, puntuale come l’equinozio, i social media e i menu delle caffetterie statunitensi si tingono d’arancio: è tornato il pumpkin spice. Frappè, biscotti, gelati o il celebre Pumpkin Spice Latte, tutto riporta a quella miscela di spezie e zucca che evoca l’autunno. Dietro questo aroma c’è una lunga storia fatta di rotte commerciali, innovazioni industriali e strategie di marketing stagionale che, dagli scaffali delle spezierie coloniali, è arrivata ai bicchieri brandizzati (e instagrammabili) del XXI secolo.
Le radici del pumpkin spice affondano in epoche molto anteriori alla sua attuale popolarità. Le spezie principali che lo compongono, cannella, noce moscata, zenzero, chiodi di garofano e talvolta pimento, provengono dall’Asia meridionale e dalle isole Molucche, regioni che per secoli hanno alimentato il commercio globale delle spezie. In Europa, già nel Medioevo, esistevano miscele dolci come la poudre-douce, usate per mascherare il gusto forte della selvaggina e insaporire dolci, antesignane delle combinazioni moderne.
Il legame con la zucca è invece tutto statunitense, invece. Nelle cucine coloniali del New England del XVII e XVIII secolo, i coloni non solo scoprivano le zucche ma col tempo imparavano anche a cucinarle. Già nel 1796, American Cookery di Amelia Simmons, il primo libro di cucina statunitense, propone ricette per “pompkin pies” cristate a base di polpa di zucca insaporite con noce moscata, zenzero e allspice (pimento). È da quel momento che nasce l’associazione culturale tra zucca come prodotto autunnale, e spezie calde, destinata a consolidarsi come simbolo annuale della tradizione americana dei dolci per le feste di Halloween e del Ringraziamento.
Nel 1934 la McCormick & Company lancia la sua Pumpkin Pie Spice, un mix pronto che combina cannella, zenzero, noce moscata e chiodi di garofano. L’obiettivo è pratico, semplificare la preparazione della torta di zucca, ma di fatto crea un nuovo gusto standardizzato, venduto oggi in milioni di confezioni ogni autunno. Secondo la McCormick & Company, la stagione autunnale rappresenta infatti circa l’80% delle vendite al dettaglio della famosa miscela. E a partire dal 2019, è la quarta spezia più venduta dal marchio nel periodo settembre-novembre. Molto di questo successo è da attribuirsi a Starbucks.
Il salto culturale della zucca speziata avviene nel 2003, quando il gigante di Seattle presenta il suo primo Pumpkin Spice Latte. La bevanda nasce da test condotti versando caffè espresso su fette di torta di zucca per capire se i due gusti fossero compatibili. La versione definitiva del “PSL” unisce latte caldo, caffè filtro, un ciuffo di panna montata e uno sciroppo speziato che, fino al 2015, non conteneva affatto zucca. Dopo le richieste del pubblico, la catena ha aggiunto piccole quantità di purea di zucca, rendendo più coerente il nome della popolare bevanda. Il Pumpkin Spice Latte diventa presto sinonimo di stagione autunnale, spingendo la concorrenza a replicarne gusto e stagionalità. Ma il fenomeno vola, complici i social media, oltre il mondo della caffetteria. Dilaga infatti il “pumpkin spice everything” che diventa cliché. Adesso negli Stati Uniti è un codice culturale: esistono migliaia di ricette e interpretazioni, dal mix per torte e cereali da colazione, a biscotti e muffin, dai profumi d’ambiente alle candele, perfino agli snack per animali domestici. Ogni anno il suo ritorno a settembre (e sempre prima, negli ultimi anni) segna l’inizio della pumpkin spice season, fenomeno che mescola nostalgia, estetica e ritualità del consumo. Nel 2022 il termine è entrato ufficialmente nel dizionario Merriam-Webster, testimonianza linguistica di un aroma diventato simbolo culturale di un’epoca.
Oggi il pumpkin spice è un segnale, l’annuncio di una stagione, un codice sensoriale che allerta la società americana delle imminenti feste di Halloween e Thanksgiving, e un nuovo importante rituale da aggiungere al cambio di stagione nell’armadio, e lo spostare in dietro delle lancette dell’orologio.
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