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Perché gli americani adorano la root beer (e noi no)

Storia e i consumi di una bevanda assurda, diventata emblema del gusto a stelle e strisce

  • 29 Luglio, 2025

Chiunque l’abbia assaggiata fuori dagli USA ricorda la prima reazione: sorpresa, perplessità, a volte repulsione. La root beer ha un gusto che non concede mediazioni. Eppure, negli Stati Uniti è un’icona popolare, consumata da generazioni in mille varianti, dalla bottiglia al bicchiere col gelato. Proprio questa distanza culturale, non solo di sapore, ma di storia e memoria, aiuta a capire perché una bibita così particolare sia così apprezzata ovunque in patria, ma quasi sconosciuta altrove.

La bibita nata da radici e tradizione

La root beer è una bibita analcolica gassata, dal gusto dolce e speziato, prodotta a partire da radici e cortecce. Le versioni più antiche si rifanno a ricette tradizionali della medicina popolare nordamericana, in cui la radice di sassofrasso (Sassafras albidum) veniva fatta bollire insieme ad altre erbe come radici di liquirizia, corteccia di betulla dolce, chiodi di garofano, anice e noce moscata. Nella seconda metà dell’Ottocento, il farmacista Charles Elmer Hires, originario della Pennsylvania, fu tra i primi a confezionare e vendere la “birra di radici” come bevanda commerciale. La presentò pubblicamente alla Philadelphia Exhibition del 1876 e la rese popolare in bottiglia pochi anni dopo. Fu un successo, anche perché promossa come alternativa salutare alla birra. Durante il Proibizionismo (1920-1933), la root beer trovò nuova fortuna come bevanda non alcolica che conservava l’aspetto e la ritualità del bere sociale. Nei decenni successivi, divenne sempre più industrializzata e diffusa in tutto il territorio americano.

La formula moderna, però, non ha più nulla di naturale. Oggi, infatti, le grandi marche usano aromi sintetici, perché il sassofrasso è vietato dalla FDA dal 1960: il safrolo in esso contenuto è stato classificato come cancerogeno negli studi su animali. Alcuni microbirrifici e produttori artigianali hanno trovato alternative naturali, ma la maggior parte dei consumatori resta legata al gusto standardizzato delle versioni più commerciali.

root beer float

Il curioso sapore della nostalgia

La root beer si beve principalmente liscia o con ghiaccio. Ma una delle preparazioni più iconiche è il root beer float: una generosa palla di gelato alla vaniglia “affogata” nella bibita fredda, che crea una spuma dolce e cremosa. È un classico dell’estate americana, servito nei fast food, nei diner e durante le feste di quartiere. Il motivo della sua popolarità, però, va oltre la ricetta. La root beer è una bevanda carica di nostalgia. Il suo aroma intenso, per molti difficile da descrivere, tra vaniglia, menta, liquirizia e canfora, è associato a ricordi di infanzia, pomeriggi in famiglia, drive-in e camping. Per gli americani, è una proustiana madeleine.

Al di fuori degli Stati Uniti, la root beer resta un gusto per niente compreso. In Italia, nonostante la curiosità di alcuni, non ha mai trovato un vero pubblico. Forse perché, più che al palato, parla a un immaginario condiviso che qui non esiste. E senza quel contesto, diventa semplicemente una bibita difficile da interpretare.

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