«Vada sul sito del Comune, che c’è scritto tutto…». Ma noi non ci stiamo, vogliamo sentirla da lei la vera storia delle Tagliatelle fritte di Monterubbiano, bel borgo nell’entroterra del Fermano che guarda il mare di Porto San Giorgio. Lei è Savina Pazzi: è stata sua madre Santina a dar vita a uno dei piatti che meglio definiscono l’anima di questo paesino delle colline marchigiane. Così la blocchiamo a narrarci la storia e alla fine, dopo quasi un’oretta di ricordi e nostalgie, il risultato è una brusca chiusura del racconto: «Scappo, la devo lasciare ora, ché mi si sono scotti i fagiolini!».
Le “fettuccine” fritte, a guardarle, sembrano un classico dello street food moderno, una versione pastaiola dell’arancina (o arancino) fatta con le fettuccine condite di besciamella e Parmigiano. Facile a dirsi. Eppure questa preparazione nata appena 50 anni fa è diventata una vera e propria icona identitaria del paesino, tanto da dar vita a sagre e feste e- soprattutto – a sfide e polemiche che animano la cittadina per quasi tutto l’anno, nei giorni di attesa tra una sagra e l’altra.
Giorni in cui in diversi provano a estorcere la ricetta originale a Savina, che la custodisce segretamente e non vuol raccontarla a nessuno. «Mi dica la verità – il tono di Savina è inquisitorio – lei non vuole scrivere la storia, vuole solo prendere la ricetta! Ma quella non si può svelare. Pensi che mia madre, poco prima di morire, la volle dettare a sua nipote, neppure a me che ero la figlia e si raccomandò di custodirla e tenerla in vita».
Ma cominciamo dal principio: come nasce questa polpetta fritta di tagliatelle che oggi si trova sia in un laboratorio di pasta fresca del paese che nei ristoranti della zona come una delle preparazioni tipiche di questo territorio costellato di orti e piante di olivo. «Era il 1973 e si doveva sposare mio fratello – racconta Savina – Mia madre aveva il ristorante Pazzi, il più rinomato dei tre esistenti allora a Monterubbiano. Voleva fare un piatto speciale per quell’occasione e cominciò a fare prove già mesi prima».
Alla fine la scelta cade su due pilastri della cucina marchigiana: pasta all’uovo e frittura. «Esatto – sorride Savina – così arrivò a definire una polpetta fritta di tagliatelle. Non riusciva però a ottenere il risultato che riteneva accettabile, così invitò al Pazzi un cuoco amico che aveva il ristorante tra Cupra e Grottammare: voleva che l’aiutasse a realizzare le polpette in modo che non si aprissero in frittura e non mostrassero crepe. Prove su prove, aggiungi e togli e alla fine arrivarono alle dosi della perfetta polpetta che allora non era tonda, ma schiacciata in modo che potesse essere condita con il ragù e questo restasse sopra, senza scivolare via.
Il giorno del matrimonio, gli ospiti rimasero stupiti che la mamma servisse delle semplici polpette al sugo: troppo banali per l’occasione importante. Quando però affondarono la forchetta e più ancora quando la portarono alla bocca, quello stupore scettico divenne meraviglia e godimento: tutti rimasero affascinati da quelle tagliatelle fritte, tanto che nel giro di poco tempo chiunque facesse banchetti e cerimonie voleva avere sulla tavola quella golosa novità.
In breve tempo, la società sportiva del paese e la proloco decisero di dedicargli una festa: le polpette le faceva mia madre, ma la festa divenne sagra e si ingrandì molto per cui non era più possibile fare le tagliatelle fritte per tutti al ristorante. Allora – racconta entusiasta Savina – mia madre insegnò alle donne del paese a farle così che le quantità potessero essere maggiori». E Monterubbiano divenne il paese delle tagliatelle fritte. Ecco come nasce una tradizione, potremmo dire alla fine della storia. Ma non finisce qui!
La festa dedicata a questa preparazione che galvanizza il paese nella prima metà di agosto ha da poco chiuso i battenti, ma ha lasciato da una parte un lungo strascico di commenti e risentimenti, e dall’altra un nuovo spiraglio per un piatto identitario che già spopola nei supermercati locali e nei bar come snack da aperitivo. «Quest’anno c’è stata una partecipazione davvero grande alla sagra – spiega Savina – Ma in molti, fermandomi per strada, mi hanno detto che le tagliatelle non erano affatto all’altezza, insomma ci sono rimasti male. Le hanno fatte fare a uno di Porto san Giorgio, ma chissà, forse per risparmiare o per inesperienza, sta di fatto che quelle tagliatelle non avevano nulla a che vedere con le vere tagliatelle fritte di mia madre!» Tra l’altro, spiega Savina, questa potrebbe essere stata l’ultima edizione della festa organizzata da una società sportiva che è diventata di Porto San Giorgio e non ha più il nome di Monterubbiano nel suo logo.
«Stiamo così pensando di dedicare un giorno al piatto della mamma durante la sagra che organizziamo in paese con la Corporazione dei Mulattieri (ovvero dei trasportatori, di cui la Pazzi fa parte – ndr): a quel punto la ricetta sarebbe davvero quella originaria, ci sarei io a seguire le preparazioni e si potrà mangiare la vera tagliatella fritta di Monterubbiano».
Nell’attesa, cerchiamo di estorcere qualche piccolo segreto – se non proprio la ricetta intera – a Savina che però non cede. «Le dosi variano molto per il fatto che si utilizzino tagliatelle fresche o secche, se c’è o meno la semola e quanta. Ogni tipo di pasta assorbe diverse quantità. Io che la faccio da anni, vedo subito, in pratica, cosa aggiungere e in che quantità a seconda della pasta. Gli ingredienti – assicura Savina – sono semplici: tagliatelle, besciamella, panna, mozzarella, noce moscata, Parmigiano… e altre cosette che non dico! Una volta cotta e amalgamata col condimento in padella, va freddata. Si compone la polpetta e si passa in farina, uovo e pan grattato. Ma per farla bene, serve la pratica. Una mia amica che ha il ristorante a Milano le fa, ma a modo suo. Mette tutto in una scodella e mischia tutto, poi amalgama e fa la polpetta: dice che piace molto, ma io non la posso neppure vedere. Amici di New York la fanno anche loro in un ristorante, ma ne fanno una grande polpetta per ogni piatto: troppo grande, mentre noi ne serviamo tre. All’esterno la polpetta deve essere molto croccante, con una bella panatura: deve prendere farina e uovo bene. E all’interno deve essere morbida».
Di più non dice. Aspetteremo con trepidazione un annetto per andare ad assaggiarla a Monterubbiano, magari nella versione schiacciata e col ragu («di carne, ma non pesante come quello bolognese: mia madre lo faceva anche aggiungendo ossa di diversi tipi alla salsa») ce si accoccola sopra. Sembra di sentire già l’acquolina in bocca…
Le foto sono screenshot dai social di:
Sagra delle Tagliatelle fritte di Monterubbiano
marchetravelling.com
turismoitalianews.it
Niente da mostrare
Reset© Gambero Rosso SPA 2025 – Tutti i diritti riservati
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
Made with love by
Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd