Storia e ricette del temaki, il sushi nato grazie al gelato

C’è un momento preciso nella storia del sushi moderno in cui qualcuno ha guardato un cono di gelato e ha pensato: «E se il gelato si mangia passeggiando con il cono in mano, perché non anche il sushi?». Quell’ispirazione un po’ bizzarra è alla base della nascita del temaki, il sushi a forma di cono, così come lo conosciamo ora, e fa parte della storia di un locale giapponese che cercava un modo per rendere il sushi più accessibile e pratico. Infatti, il termine temaki significa letteralmente “rotolo a mano” (te = mano, maki = rotolo).

L’intuizione

Tutto inizia nel quartiere Tsukiji di Tokyo, al ristorante Tama Sushi, attivo dal 1924. Fino agli anni Sessanta e Settanta, il sushi tradizionale si consuma con calma, seduti, al banco, ma c’è un problema crescente: i giovani vogliono cibo veloce, facile da portare, e la forma classica del sushi non sempre si presta.

È in questo contesto che l’allora proprietario Takamasa Nakanori ha un’intuizione: osservando la gente passeggiare con coni di gelato in mano, immagina di sostituire la cialda del gelato con una foglia di nori (alga secca), riempirla con riso, pesce e altri condimenti, in modo che si possa mangiare con una sola mano e in movimento, senza perdere la croccantezza dell’alga.

Quell’idea viene messa in pratica nel 1971. Il Tama Sushi propone per la prima volta il cono di sushi chiamato “Suehiro Temaki”, pensato in modo che resti intatto nella mano e il riso e il ripieno non bagnino troppo l’alga, preservandone il caratteristico “crunch”.

Il ripieno originale

Cosa c’è dentro quel primo cono? Tonno grasso, accompagnato da takuan, vale a dire daikon sottaceto, che aggiunge una consistenza contrastante: dolce amara, croccante, acidula. Questa combinazione mostra già la volontà di non appiattire il gusto, ma di creare contrasti ben calibrati. Il ripieno spesso sborda leggermente, ed è proprio questo aspetto a renderlo visivamente invitante e ricco.

Le versioni moderne

Il riso per sushi è tutt’altro che secondario: va condito con aceto di riso, zucchero e sale. Se è troppo asciutto si sbriciola, se è troppo umido inzuppa il nori, rendendolo molle.

L’alga, dal canto suo, deve essere di alta qualità, croccante, e ben conservata: alcuni chef la tostano leggermente prima di usarla per esaltarne l’aroma e proteggerla dall’umidità.

Con il tempo il temaki ha acquisito varianti moderne. Oggi si trovano versioni con avocado, cetriolo, foglia di shiso, tempura di gamberi o verdure, tofu e uova di pesce.

Il temaki con tempura di gamberi, spesso chiamato Ebiten, è particolarmente popolare, perché unisce la croccantezza della frittura al gusto morbido del riso e alla freschezza del nori. Non mancano poi versioni vegan o fusion, che reinterpretano il formato in chiave contemporanea, mescolando ingredienti giapponesi e occidentali.

Lo street food ideale

Oltre che nel formato, anche nel contesto di consumo il temaki si è adattato allo stile di vita moderno. È considerato una forma di sushi più informale, perfetta per lo street food, il take-away o per essere mangiato in piedi.

I tekami party

In Giappone e all’estero sono diventati popolari i cosiddetti “temaki party”, in cui gli ospiti assemblano da sé i propri coni.

Si allestisce una tavola con tutti gli elementi necessari — riso per sushi già condito, alga nori tagliata, vari ripieni (pesce crudo o cotto, verdure tagliate a strisce), uova di pesce, salse, wasabi, e chi più ne ha più ne metta — e ogni partecipante crea il proprio temaki, arrotolando l’alga intorno al riso e al ripieno, formando un cono che si mangia con le mani. È molto “do it yourself”, ovvero fai da te, ed è concepito come un momento conviviale, in cui la preparazione diventa parte del piacere della cena o della festa.