Dal bollore avvolgente di un brodo fumante al fresco sottile di noodles serviti ghiacciati, la pasta asiatica racconta storie di tradizione e gusto. Dal Sud-Est asiatico alla Cina, dalla Corea del Sud al Giappone fino alle reinterpretazioni occidentali, i noodles sono diventati un linguaggio universale del sapore: sottili o spessi, morbidi o elastici, caldi o freddi, ogni formato custodisce una storia e un modo diverso di stare a tavola.
Noodles sottili dal colore marrone-grigiastro, i soba nascono in Giappone dall’impasto di farina di grano saraceno, a volte mescolata a quella di frumento per renderli più elastici. Hanno un gusto caratteristico, vagamente nocciolato, e una consistenza soda che invita a masticare lentamente. Considerati un cibo salutare e ricco di nutrienti, erano già consumati dai samurai e dalle classi popolari nel periodo Edo. Oggi si prestano tanto al brodo caldo quanto alle versioni fredde, servite con salse a base di soia. Due esempi emblematici sono il kake soba fumante e lo zaru soba estivo, piatti che esprimono bene l’essenzialità e l’eleganza della cucina giapponese.
Spessi, morbidi e dall’inconfondibile consistenza elastica, gli udon sono tra i noodles più popolari del Giappone. Preparati con farina di frumento, acqua e sale, hanno la capacità di assorbire i sapori del brodo trasformandosi in bocconi ricchi e avvolgenti. La tradizione li vuole immersi in zuppe a base di dashi, soia e mirin, arricchite da tempura, tofu o verdure di stagione. Si racconta che siano stati introdotti dalla Cina nel periodo Heian (VIII-XII secolo) e perfezionati nei secoli successivi, diventando oggi un vero comfort food nipponico, tanto nelle versioni classiche quanto nelle varianti moderne servite asciutte o saltate.
Forse i più celebri al mondo, i ramen hanno origini cinesi ma sono diventati un simbolo della cultura gastronomica giapponese contemporanea. Sottili, elastici e dorati grazie all’aggiunta di kansui, una soluzione alcalina che dona tenacia all’impasto, si distinguono per la loro capacità di “rimbalzare” tra i denti senza sfaldarsi. La loro fortuna è legata soprattutto ai brodi complessi a base di carne, miso o soia, che cambiano da regione a regione dando vita a stili differenti: dal ricco tonkotsu, ottenuto facendo sobbollire a lungo le ossa di maiale fino a ottenere un brodo denso e lattiginoso, al più delicato shoyu, insaporito con salsa di soia che regala note salate e leggermente tostate. Non mancano le varianti fredde estive, ma è soprattutto nella versione calda e fumante che i ramen hanno conquistato l’immaginario globale, diventando anche un’icona pop presente in manga, film e serie tv.
Lunghi e sottilissimi, i somen sono noodles giapponesi a base di farina di frumento. Per la loro leggerezza vengono serviti soprattutto freddi, accompagnati da salse delicate a base di soia o brodo dashi diluito. In estate la tradizione li vuole immersi in acqua e ghiaccio, con un effetto rinfrescante che li rende perfetti nelle giornate più calde. Celebre è il nagashi somen, in cui i noodles vengono lasciati scorrere lungo canali di bambù pieni d’acqua corrente, per essere afferrati con le bacchette: un gioco conviviale che è diventato parte integrante dell’estetica estiva giapponese. La loro produzione richiede abilità artigianale, necessaria per ottenere fili sottili e uniformi. Un tempo riservati a occasioni speciali, oggi i somen sono apprezzati come simbolo di sobrietà ed eleganza.
Diffusi in Cina, Vietnam, Thailandia e in tutto il Sud-Est asiatico, i noodles di riso sono realizzati con farina di riso e acqua, a volte arricchiti con amido di tapioca per renderli più elastici e trasparenti. Possono variare molto nelle dimensioni, da fili sottili a larghe strisce simili a tagliatelle, e si prestano a preparazioni in brodo, saltati in padella o freddi in insalata. Hanno un gusto delicato e neutro, che li rende ideali per assorbire condimenti intensi senza perdere compattezza. Sono alla base di piatti iconici come il pho vietnamita e il pad thai, due esempi che raccontano bene la capacità dei noodles di adattarsi tanto a brodi aromatici quanto a piatti saltati rapidi e speziati. In molte culture asiatiche, i noodles di riso hanno anche un valore simbolico, associato alla lunga vita e alla prosperità.
Originari della Cina settentrionale ma divenuti popolari in Corea del Sud, i jjajangmyeon sono noodles di grano di medio spessore, lisci e consistenti. Il nome identifica sia la pasta sia il piatto più famoso che li accompagna: conditi con una salsa scura e intensa a base di pasta di fagioli neri fermentati. La superficie leggermente porosa dei noodles trattiene bene le salse dense, creando un equilibrio tra consistenza e sapore. Serviti soprattutto in versione asciutta, ma a volte anche in brodo, i jjajangmyeon sono oggi un simbolo della cucina urbana coreana. Hanno anche un posto particolare nella cultura popolare: il 14 aprile, in occasione del “Black Day”, i single coreani si ritrovano a mangiarli insieme, trasformando un piatto di origine straniera in un rituale identitario.
Conosciuti anche come vermicelli di vetro, i glass noodles sono sottili e trasparenti, prodotti con amido di fagioli mungo, patate o tapioca. Una volta cotti diventano quasi invisibili e assumono una consistenza morbida e leggermente elastica. Diffusi in Cina, Corea, Thailandia e Vietnam, trovano impiego in zuppe, piatti saltati in padella, insalate e preparazioni al vapore. In Thailandia vengono spesso usati nelle insalate piccanti, in Corea sono protagonisti dei japchae, saltati con verdure e carne, mentre in Cina entrano anche in ripieni di ravioli e involtini. Il loro gusto neutro permette di assorbire i sapori circostanti senza coprirli, rendendoli un ingrediente estremamente versatile, apprezzato tanto nella cucina di strada quanto in quella casalinga.
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