Diner americani: storia e curiosità sulle vere tavole calde

30 Mag 2021, 10:28 | a cura di
Prima truck su ruote con cibo di bassa qualità, col tempo locali sempre più strutturati che rispecchiano l’identità del Paese. Fenomenologia dei celebri diner americani.

Cosa sono i diner americani

Arredi vintage e colori brillanti, un vecchio jukebox all’angolo, divanetti in pelle, un lungo bancone, salse già posizionate sui tavoli… Ed è subito Walter e Drugo ne “Il grande Lebowski”. O Meg Ryan, nei panni di Sally, nell’iconica scena del finto orgasmo ai tavoli del Katz in “Harry ti presento Sally”. Per noi italiani quella del diner, la tavola calda americana, è un’idea lontana, un’immagine catturata solo attraverso il cinema; non mancano i locali che ne imitino stile e menu, ma la tradizione statunitense non è mai riuscita a mettere radici nella Penisola. Tant’è che la stessa parola “tavola calda” nell’immaginario collettivo italiano assume un significato ben lontano da quello del diner, più simile a una rosticceria che a un vero ristorante. In America, invece, i diner non sono solo dei capisaldi della tradizione gastronomica, ma anche la rappresentazione di una cultura ormai quasi inesistente, quella della middle-class statunitense, un tempo predominante, dove le famiglie si riunivano nel weekend per un brunch o uno spuntino veloce.

L’origine dei diner

Luoghi economici, in cui si poteva mangiare tanto spendendo poco, aperti fino a notte fonda e accessibili a tutti, punti di ritrovo e di aggregazione ma prima di tutto anello di congiunzione per molti in un’America eterogenea e divisa. Oggi sono in parte un vecchio mito, soppiantati a partire dagli anni ’70 dai fast food che cominciavano a diffondersi nel Paese, ma capita di trovarli ancora, specialmente negli Stati del New England, nel New Jersey, a New York o nella città di New Orleans. E vale comunque la pena ripercorrerne la storia, un tragitto che comincia a Rhode Island, con Water Scott, addetto stampa part-time di 17 anni che, per arrotondare, iniziò a vendere panini e caffè ai lavoratori della redazione di turno di notte e ai club per uomini. Tutto questo accadeva nel 1858 e già nel 1872 l’attività diventò talmente redditizia che Scott abbandonò il suo lavoro alla stampa e cominciò a vendere cibo di notte, trasformando il suo carro di cavallo in un banchetto di street food ante litteram.

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Dai cavalli ai modelli elettrici

Il suo successo ispirò diverse persone a unire le forze e lanciarsi nel nuovo business dei carri, mentre le compagnie di produzione cominciarono a crearne di nuovi, sempre più evoluti, fino a quando non iniziò a esserci la possibilità di sostare all’interno. Iniziarono così ad apparire i primi “Nite Owls”, i gufi della notte presenti soprattutto nelle cittadine del New England a fine Ottocento, tappe fisse a pranzo per i lavoratori e le persone che giravano a piedi, ma anche per tutti i dipendenti in cerca di un pasto caldo dopo le 8 di sera, orario di chiusura dei ristoranti. La diffusione dei carretti diventò talmente capillare da spingere molte città a emanare delle restrizioni sugli orari: i truck – nel frattempo divenuti meccanici, con modelli elettrici – dovettero allora trovare delle posizioni permanenti e fare i conti con costi più alti. Era il tempo dei greasy spoon, termine con cui si indicavano i posti dove si mangiavano piatti grassi, perlopiù fritti, per niente curati.

L’ingresso delle donne (e del bagno)

Facciamo un salto temporale di due decenni e arriviamo al 1920, l’anno del diritto di voto alle donne. Una conquista che comportò dei cambiamenti anche a livello sociale, modificando gradualmente le abitudini della popolazione. Compreso il piacere della ristorazione, fino a quel momento riservato perlopiù ai lavoratori uomini. Fu allora che i proprietari dei primi diner iniziarono a migliorare la loro immagine, inserendo qualche fiore e ridipingendo le pareti, ma soprattutto aggiungendo la parola Miss prima del nome, per rendere più femminile l’immagine del locale. E così anche i costruttori dei truck cominciarono a introdurre degli elementi diversi, come i bagni, i tavoli e le sedute. Non più carretti fatiscenti per gli avventori notturni, quindi, ma truck sempre più evoluti e moderni, che negli anni ’30 cominciano ad assumere uno stile nuovo, più semplice e dalle linee futuristiche, a rappresentare quella velocità e modernità tipica del servizio e del format innovativo.

I nuovi materiali

Furono proprio i diners a sopravvivere durante il periodo della Grande Depressione, grazie alla loro formula immediata ed economica, alla portata di tutti, mentre tanti altri ristoranti chiudevano i battenti. Le tavole calde non solo resistevano, ma crescevano: quando fra gli anni ’30 e ’40 i tram interurbani vennero sostituiti con gli autobus a combustione interna, molti altri aspiranti ristoratori potettero permettersi di trasformare dei vecchi carretti in luoghi di ristoro. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la domanda aumentò in maniera esponenziale: i soldati che avevano ottenuto i prestiti erano di ritorno dalla guerra e l’economia cominciava di nuovo a guardare al futuro. Gli americani dovevano rifarsi degli anni di crisi ed erano vogliosi di spendere soldi, e nel frattempo le innovazioni tecnologiche sviluppate prima e durante la guerra vennero sfruttate per la produzione di nuovi materiali destinati alle attività commerciali, come la formica, la Naughahyde (un marchio di pelle artificiale) e le pavimentazioni in terrazzo.

Lo stile dei diner americani

L’aspetto dei diner così come lo conosciamo, con tanti elementi in acciaio e soprattutto le grandi vetrate tutte attorno, nasce però qualche anno dopo, quando le persone iniziarono a spostarsi dalle città alla periferia. Gli esterni così appariscenti servivano soprattutto ad attrarre gli automobilisti di passaggio, mentre l’ossessione per lo Spazio, il primo lancio e l’esplorazione cominciata negli anni ’50 ispirò gli arredi interni, con soffitti più alti e volumi ampi. Dopo il successo iniziale, l’avvento dei fast food mise in crisi il settore dei diner, che dopo gli anni ’70 ricominciarono a essere costruiti ma con un look retrò pensato per attirare più clientela. Un finto vintage che iniziò a diffondersi anche in Europa, dando il via a una serie di catene. Il fascino di un tempo ormai è perduto, ma l’interesse nei diner americani continua ancora oggi: diversi locali del passato sono infatti stati salvati dalla demolizione e rilocati in posti nuovi negli States e in Europa, e nel registro nazionale dei locali storici sono presenti tutte le tavole calde vecchie ancora funzionanti.

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I piatti tipici dei diner americani

Se un tempo erano chiamati greasy spoon, con gli anni i diner hanno evoluto la propria cucina, mantenendo sempre la regola del buon rapporto qualità/prezzo. Piatti semplici e veloci, sfiziosi e a basso costo: waffles e pancakes a colazione, per esempio, oppure uova e bacon, eggs benedict e omelette. Da bere caffè (americano, s’intende!) ma anche milkshake, gli immancabili frappè alla frutta o al cioccolato fatti con ghiaccio e latte, spesso decorati con panna montata e sciroppi. Non mancano hamburger e patatine fritte, ma soprattutto gli hash browns, delle crocchette di patate grattugiate pressate e fritte. E ancora anelli di cipolla fritti, bistecca e patatine e piatti a base di carne di pollo. Per dessert? Una fetta di apple pie, naturalmente.

a cura di Michela Becchi

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