«Se oggi cucino, lo devo a mia nonna»: la narrazione enogastronomica parte sempre da qui, da quella figura dolce, presente e forte, che rievoca un matriarcato tutto nostrano. Eppure a volte le carte si mescolano e i protagonisti assumono connotati maschili. Questo perché ci sono luoghi che raccontano molto più di quello che mostrano, che custodiscono storie, memorie, radici. Siamo a Serdiana e qui tra i filari della campagna del Parteolla, a pochi chilometri da Cagliari, la cantina Argiolas ha deciso di aprire la porta di uno di questi luoghi: Casa di Nonno è un piccolo hotel di charme con appena cinque stanze, nato dalla ristrutturazione della casa dove tutto è cominciato. Quella del fondatore Antonio Argiolas, patriarca centenario e visionario della viticoltura sarda.
La Sardegna è ancora lontana dal fermento nazionale legato all’enoturismo: poche strutture ricettive in cantina, pochissime possibilità di sedersi ai tavoli tra i filari in vigna. Eppur qualcosa si muove e si muove in fretta. Casa di Nonno ne è un esempio: una cantina storica, tra le aziende sarde più conosciute nel mondo, grazie a uno sguardo verso l’estero forte e ambizioso, un territorio che parla di agricoltura, viti, olivi e frutteti e l’obiettivo di spingere le persone a prendersi una pausa, lontano dai soliti cliché turistici dell’isola, fatti di spiagge e mare.
Argiolas ha trovato la chiave giusta, incanalando lo storytelling, verso un racconto che tocca quelle corde emotive che tanto piacciono ai turisti, soprattutto stranieri. Questo, infatti, non è solo un progetto di ospitalità: è quasi un ritorno alle origini, un omaggio intimo e sincero al senso più profondo di famiglia, accoglienza e territorio, che poi sono gli stessi fili che muovono il mondo agricolo e quello del vino nello specifico. Casa di Nonno è un passo nuovo per Argiolas, ma anche un ritorno. Forse il modo più diretto e naturale per dire al mondo che il vino non è solo un prodotto, ma un ponte tra generazioni.
Difficile, infatti, non rimanere incollati lungo la geografia familiare di questo luogo, voluto fortemente dai nipoti di nonno Antonio – Valentina, Francesca e Antonio – che oggi guidano l’azienda. Ogni dettaglio parla di cura e di memoria. Gli intonaci in calce, i pavimenti in pietra e legno, le ceramiche smaltate e gli arredi restaurati: tutto restituisce l’anima di un’abitazione campidanese di un tempo, che fa da specchio anche alla struttura della cantina stessa, dall’altra parte della strada. Poche le camere, solo cinque – Olivo, Sabbia, Grano, Mare e Rosa – che richiamano nei nomi e nei colori gli elementi naturali che circondano la tenuta, intrecciando il comfort moderno con materiali caldi, tessuti naturali, tecnologia essenziale e silenziosa. L’intenzione è chiara: creare un luogo in grado davvero di riportare tutto a una dimensione familiare, lontano dagli eccessi del lusso, ma più vicina all’anima della viticoltura isolana.
Tutto ruota intorno a una corte raccolta, come quelle di una volta, sa lolla, questo il nome in sardo: un piccolo giardino interno con un pergolato, un’insolita vasca d’acqua alimentata da una falda riemersa, una quinta vegetale che abbraccia l’ospite e restituisce il senso del tempo lento, quello buono. È qui che si affaccia anche Domu – casa in campidanese – il ristorante firmato dallo chef Alessandro Taras, ricavato nell’antico frantoio della casa. Ritorna ancora il significato reale di questo luogo, la casa che riprende vita, che riparte dalle fondamenta per scrivere un futuro nuovo.
La sala, sobria e luminosa, accoglie 36 coperti: piccoli tavoli quadrati, sedie di Chiavari color faggio, due tavoli conviviali da dodici posti, una cucina a vista, separata dalla sala da una grande vetrata, e pareti pronte a ospitare mostre e allestimenti che cambieranno con le stagioni.
Anche in cucina, il cuore batte per la Sardegna. Il menu parla la lingua della tradizione, senza tradirla con intenzioni troppo spinte. Una cucina che alleggerisce senza togliere di identità, che affina senza allontanarsi. A pranzo, piatti più essenziali e accessibili; a cena, due percorsi degustazione – di mare o di terra – costruiti sulle materie prime della tenuta Is Aquas, l’azienda agricola di famiglia tra i vigneti di Argiolas, dove si coltivano ortaggi, si allevano capre, si raccolgono uova e frutta. Ed è da qui che arrivano gli ingredienti dei piatti simbolo di Domu: fregola artigianale, culurgiones, ravioli con anguilla, coniglio alla cacciatora e il porchetto arrosto, da prenotare con anticipo come le cose importanti.
Anche la colazione a Casa di Nonno è un momento speciale: dolci fatti in casa, yogurt e latte di capra, marmellate, pane fresco, torte che profumano di casa e di infanzia, lievitati che arrivano da un piccolo forno del paese.
E poi c’è il vino, naturalmente. Il meglio della produzione Argiolas in carta, con proposte al calice pensate per ogni piatto e la possibilità, rara e preziosa, di degustare mini-verticali di Turriga, il rosso simbolo dell’azienda, nato dal genio di Giacomo Tachis e dalle uve autoctone sarde. Un vino che, come questo progetto, racconta una storia di famiglia, visione e amore per la terra. Da provare, magari per l’aperitivo in cantina, dopo una visita ai vigneti, anche l’ultima etichetta nata, Sa Frissa, un Nuragus di Cagliari Doc, naturalmente low-alcol (10,5°) perché vendemmiato in anticipo, che guarda al futuro partendo proprio da una solida base di identità sarda, fresco e profumato e pensato per l’estate.
Casa di Nonno – Serdiana (Cagliari)
www.argiolas.it – 070 740606
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