Stati Uniti

Negli Usa crollano i vini a basso costo, salgono i premium. Ecco come restare sul mercato anche dopo i dazi di Trump

Negli States è in corso un riposizionamento verso l'alto delle vendite che sta favorendo anche i vini europei. A patto che l'impatto delle tariffe non ricada sui consumatori

  • 13 Agosto, 2025

Come stanno andando i consumi di vino estivi negli Stati Uniti? In attesa di capire come le nuove tariffe di Trump impatteranno concretamente sulle vendite, a fare una prima ricognizione ci pensa la critica enogastronomica Kathleen Willcox su Drink Business. La conclusione è che i vini di fascia alta stanno aumentando vertiginosamente, mentre quelli di fascia medio-bassa stanno crollando. Ma con le dovute eccezione (soprattutto se si parla di vini europei).

Il ritorno della premiumizzazione

In generale il trend spinge verso la premiumizzazione (a volte ritornano!). «Stiamo iniziando a vedere una certa stabilizzazione – afferma Kaleigh Theriault, direttrice associata del settore delle bevande alcoliche di NielsenIQ – La premiumizzazione come mentalità dei consumatori sta contribuendo a maggiori crescite nei vini con un prezzo compreso tra 15 e 30 dollari».

A fine luglio scontrini in aumento

Nelle quattro settimane concluse il 14 giugno, le vendite di vini da tavola e spumanti nazionali, secondo i dati Niq off-premise, sono diminuiti in volume del 6%, con un andamento migliore per i vini più costosi e un calo inferiore al 3% per quelli da 15 dollari e oltre.

Le vendite principali avvengono, però, nel fuori casa:  il rapporto Niq sulle vendite on-premise mostra che il 47% dei consumatori ha dichiarato di essersi recato in un bar o in un ristorante per un drink nell’ultimo mese, con una velocità di acquisto e un numero di scontrini in aumento del 9% (settimana che si è conclusa il 26 luglio).

Favoriti i vini da importazione sotto i 50 dollari

Il rovescio della medaglia della premiumizzazione è una base di consumatori istruiti, spesso più giovani, alla ricerca di vini europei ben fatti che eccellono nella loro categoria. Secondo la rivista inglese, non è un segreto che un vino europeo, basato sul terroir e prodotto in modo sostenibile, sia spesso più economico dei suoi omologhi nazionali. Infatti, con budget ridotti, chi spende meno di 50 dollari a bottiglia sembra puntare sulle importazioni.

La strategia di contenimento dei prezzi dei produttori italiani

Ne sono consapevoli i produttori che, in questa fase, cercano di contenere i prezzi, come dichiara il direttore marketing della cantina piemontese Bersano Federico Orione: «Il settore vinicolo sta cambiando. Dobbiamo rimanere al passo con i tempi e connetterci con le persone del mercato. Questo significa innanzitutto soddisfare le loro esigenze». In altre parole, mantenere stabili i prezzi dividendo il peso dei dazi con gli importatori, senza far ricadere l’aumento sui consumatori. «In tempi incerti, come quelli che stiamo attraversando, se si è un po’ più bravi e si offre un prezzo un po’ più ragionevole, si ha l’opportunità di conquistare una grossa fetta di mercato», afferma.

Barolo e Prosecco tra i più richiesti

Danny Keefe, ceo e proprietario dell’importatore Grapejuice Group con sede a Denver, vede spazio per prodotti di alta qualità a costi ridotti. È lui stesso ad affermare che le vendite dei loro vini a meno di 10 dollari sono crollate del 18%, ma che le vendite di vini intorno o oltre i 40 dollari sono aumentate del 47% quest’anno, con il Barolo in testa.

In particolare, sarebbero i consumatori più giovani quelli maggiormente propensi a bere vini d’importazione. Secondo Keefe in forte aumento sono ancora le vendite di  Prosecco, ma anche di spumanti francesi e spagnoli.

 

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