Tra “la Franciacorta” e “il Franciacorta” la differenza non è solo nell’articolo. Il primo termine indica il territorio racchiuso tra il lago d’Iseo, il fiume Oglio e Brescia, il secondo è invece il vino che segue il disciplinare dettato dalla DOCG dell’omonimo territorio. Dopo aver sentico alcune voci di produttori appartenenti al Consorzio, cambiamo prospettiva: Flavio Faliva, anima di Cà del Vént, condivide con noi il suo sguardo esterno al Consorzio dall’alto dei Campiani di Cellatica sulla Franciacorta.
Cosa ti ha spinto a produrre vino?
Ero al terzo anno di Università a Milano. Sul tram, in attesa della fermata ho pensato: cosa voglio fare finiti gli studi, qual è la mia passione? Ho scelto di fare vino, ho deciso in 30 secondi.
Perchè in Franciacorta?
Ero in Spagna, avevo deciso di vivere lì. Dopo un litigio con la compagna di allora, decisi di tornare in Italia. Inviai circa 2000 curriculum in pochi giorni, ricevendo 4 risposte, tra cui quella di Paolo e Massimo. Abbiamo condiviso subito l’idea di vino: fare qualcosa di identitario e personale.
Come definiresti la tua filosofia produttiva?
Umana, voglio fare un vino umano, capace di raccontare il nostro territorio ogni anno: l’umanesimo è alla base di tutte le nostre scelte.
L’appartenenza al consorzio del Franciacorta è una questione delicata, molti produttori giovani oggi non ne fanno parte o scelgono di lasciarlo, come mai?
Mi pare che il Consorzio abbia scelto una comunicazione attenta al consumo ed al posizionamento del Franciacorta in contesti mondani. È possibile che persone legate a una realtà contadina possano avvertire una certa distanza da questo contesto, o possano usare questo argomento per differenziarsi.
E nel vostro caso?
Quando si è precursori, non è raro essere fraintesi o isolati. Tutti i nostri vini della vendemmia 2011 sono stati bocciati dalle Commissioni degustazione in quanto ritenuti “anomali” e “squilibrati”. Abbiamo quindi chiesto un confronto al Consorzio, che ha evidenziato idee molto diverse. Ci siamo dunque salutati e ognuno ha preso la sua strada, senza astio.
Quali sono gli aspetti imprescindibili di Cà del Vent?
Il primo è lavorare divertendosi. L’entusiasmo è ciò che permette la crescita, la curiosità, la voglia di imparare e migliorare. Il secondo aspetto è fare un vino di personalità, interpretando l’annata in modo libero e creativo. Con “interpretare” intendo realizzare ogni anno le condizioni che permettono alla natura – microrganismi, insetti, piante spontanee – di aiutarmi. Studio, osservo e intervengo solo per creare buone condizioni di vita a questi aiutanti. Loro fanno il lavoro per me. È molto gratificante entrare in sintonia con la natura per creare insieme qualcosa di bello.
Qual è il vostro vino che più vi rappresenta?
Quello della prossima vendemmia.
Chi è la tua ispirazione nel mondo del vino ?
Nessuno, si impara da tutto e da tutti. Avere un’ispirazione sarebbe un limite.
Bottiglia del cuore?
Tutte quelle che sanno raccontare la storia dell’uomo e del suo territorio.
Brut Pas Operè Memoria”2015
Sboccatura Aprile 2022: 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero. Naso espressivo e maturo, note di frutta tropicale, ananas, pesca gialla, zenzero candito, la bocca è altrettanto ricca e ampia. Il finale acido e di grande fragranza dona lunghezza, pienezza e freschezza al sorso.
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