Non abbiamo nulla contro le carte dei vini corpose, quelle che troviamo soprattutto nei ristoranti storici che hanno saputo costruire nel tempo cantine formidabili e con una profonditĆ di annate da far impallidire anche i più esperti. Costruire oggi una grande carta dei vini ĆØ però un’impresa difficile e complessa. Bisogna senza dubbio affidarsi a professionisti che sappiano non solo scegliere le etichette giuste ā con un pensiero che sia in linea con la cucina proposta ā ma anche fare un vero e proprio conto economico: perchĆ© quelle bottiglie molto spesso sono un vero e proprio capitale immobilizzato. Con le competenze giuste si può costruire una grande carta dei vini stimolante (snella o corposa che sia) ideale per gli appassionati, ma stimolante anche per chi sia più addentro al mondo del vino.
Prima cosa, la cantina deve essere figlia di un pensiero forte: che sia in linea con la cucina, ovviamente; che punti a proporre diversi vini in mescita che girano di continuo al calice (e che siano in linea con la carta madre); un pensiero che faccia emergere belle scoperte, frutto di ricerca e curiositĆ . Infine, cosa non da poco, un pensiero che tenga conto di tutto ciò che ruota dietro il servizio del vino. In poche parole, ĆØ inutile servire il miglior Barolo di un’annata straordinaria se il bicchiere non ĆØ quello giusto e non ĆØ ben pulito; se la temperatura di servizio ĆØ sbagliata e se chi versa non mostra neppure lāetichetta.
Poi cāĆØ il supporto: su carta o in formato digitale? Qui le preferenze sono molto soggettive. I più conservatori ritengono che sfogliare una bella carta rilegata a dovere faccia parte di una bella esperienza. Però ĆØ anche vero che le modalitĆ di ricerca sul tablet sono infinite: si può filtrare per prezzo, per vitigno, per territorio, per denominazione… Lāintelligenza artificiale ĆØ sempre più utilizzata e i moderni mezzi audio-visivi ci potrebbero proiettare direttamente in cantina o nei vigneti. Bello no? Anche qui però, tutto deve esser fatto a regola dāarte, con competenza: in caso contrario meglio il formato tradizionale. E ancora, di fronte a una moltitudine di etichette che rischia di mettere in imbarazzo i commensali, potrebbe essere interessante avere una piccola selezione mensile di etichette: farebbe girare meglio la cantina e aiuterebbe tanti appassionati.
Ā«Più territorio e più ricercaĀ». Massimo Raugi, direttore del Villa Crespi di Orta San Giulio non ha dubbi: Ā«La carta del vino di domani dovrĆ partire necessariamente dalla competenza del sommelier, in un incrocio tra la conoscenza delle realtĆ locali vicine alla cucina e la curiositĆ verso nicchie artigianaliĀ». E poi cāĆØ la spinta verso il no alcol e il low alcol: Ā«In tempi non sospetti, era il 2018, avevo creato qui una degustazione a bassa gradazione alcolica: un Riesling, un Moscato piemontese, una birra, un fermentato. Oggi ĆØ una cosa che non mi interessa più fare, ma sicuramente in futuro ci sarĆ una parte della carta dedicata a questo segmento, cosƬ come prevedo un consolidamento ancora più forte, oltre che dei vini bianchi, anche di vini biologici e biodinamici, in quanto più propensi a pratiche agricole sostenibiliĀ».
Poi cāĆØ il tema prezzi. Raugi lamenta ancora in Italia una scarsa conoscenza del mondo del vino, dovuta anche ai costi che negli ultimi anni sono aumentati in modo sempre più verticale. Ma come si beve oggi a Villa Crespi? Il 33% dei clienti sceglie di accompagnare il pasto con una bottiglia ā spiega Raugi ā il 30% chiede di bere qualche calice e il restante si affida al pairing proposto insieme al menu degustazione. Ā«Io ā afferma il manager ā sono un grande sostenitore dellāabbinamento con i piatti, ma bisogna conoscere perfettamente la cucina altrimenti si rischia di essere banali e di fare semplicemente una degustazione di vinoĀ». La nuova carta del vino passa quindi da qui, dalla figura del sommelier e dalla sua preparazione. Non spariranno i grandi libri da sfogliare, ma le carte saranno più selezionate e spinte non solo dai grandi nomi, ma da una costante ricerca territoriale anche in regioni emergenti, capaci di incuriosire soprattutto i neofiti. Ā«La mescita sarĆ fondamentale. Almeno tre bolle, di cui una rosata, almeno cinque bianchi, cinque rossi e un paio un paio di vini dolci: una grande cantina e una grande carta dovrebbero partire da quiĀ».
Cagliaritano, agente di commercio, Claudio Lilliu gestisce una piccola distribuzione basata su produzioni artigiane e una deliziosa enoteca nel cuore di Cagliari. Ā«Credo sinceramente che questo momento storico per il mondo del vino e per i suoi protagonisti sia ālāora più buiaā.Ā Avere personale formato, o che comunque sappia affiancare i clienti nelle scelte, ĆØ fondamentale per poter pensare di sviluppare e costruire una buona carta. In generale ristoranti, pizzerie e wine bar dovranno avere una carta ricca ma accessibile, semplice e versatile, che può essere cambiata e variata facilmente e che ā cosa più importante ā abbia unāimportante proposta di vini al calice: calice, calice e ancora calice. Non so se ho reso lāideaĀ».
Elemento importante, per Lilliu, ĆØ poi soddisfare la curiositĆ degli ospiti che sempre più chiedono calici da piccole realtĆ produttive e legate a territori particolari. Ā«Infine, anche se non li amo, credo che dovrĆ necessariamente esserci uno spazio dedicato ai prodotti con zero alcol ā sorride lāimprenditore ā Lāultimo mio pensiero, ce non ĆØ meno importante, ĆØ rivolto a tutti i ristoratori: servirebbe più attenzione nella costruzione dei prezzi. Spesso voler ricaricare tanto sul calice o sulla bottiglia causa il blocco delle rotazioni e una riduzione dei consumiĀ».
Mai dimenticare la parte emozionale, emotiva, passionale. Una carta dei vini può ā deve ā essere anche questo. Vanno evidenziate e raccontate le storie di chi il vino lo produce, cosƬ come di chi il vino lo sceglie. Ne ĆØ assolutamente convinto Alessandro Perini, direttore dellāazienda Romagnoli nel Piacentino e titolare di una distribuzione di vini nata di recente: Ā«Credo che il futuro delle carte dei vini nei ristoranti italiani di qualitĆ sarĆ sempre più orientato verso la presentazione di storie autentiche e passionali, perchĆ© la carta dei vini ĆØ come un libro: lāemozione deve traspirare da ogni pagina per legare il lettore. Il vino ĆØ un viaggio tra persone, territori, culture. I consumatori sono attratti da narrazioni autentiche e riscontrabili, piuttosto che da marchi privi di anima anche se propongono vini corretti e ābuoniā ma tuttavia senza personalitĆ . Questo ĆØ esattamente ciò che cerco quando seleziono nuove aziende da inserire nel mio catalogo: aziende e prodotti che trasudino emozioniĀ».
Ā«La carta dei vini sta vivendo una rivoluzione neanche tanto silenziosa. Andrea Gori, degustatore, critico, scrittore, titolare con la famiglia della storica trattoria Da Burde, ma soprattutto molto attento, da sempre, allāinnovazione tecnologia tanto da farsi chiamare il sommelier informatico ci parla delle nuove opportunitĆ legate al digitale: Ā«Lāintelligenza artificiale entrerĆ in questo scenario, supportando sia il ristoratore nella creazione della carta sia il cliente nella consultazione. Algoritmi specifici genereranno selezioni personalizzate basate sulle indicazioni del proprietario, ma anche sui trend di consumo e sulle recensioni. L’indicizzazione AI permetterĆ ricerche sofisticate per emozioni, abbinamenti od occasioni, non solo per vitigno o regione. La carta del futuro sarĆ principalmente digitale e interattiva, accessibile tramite tablet o dispositivi personali, con interfacce intuitive che faciliteranno esperienze personalizzate. I clienti potranno visualizzare contenuti multimediali su ogni vino, dai video delle cantine alle note di degustazione, fino alla storia del produttore, alla mappa dei suoi vigneti (proiettata magari direttamente sulla tovaglia), rendendo l’esperienza più educativa e coinvolgenteĀ».
Tendenze che incrociano anche quelle sullāattenzione allāambiente e alla sostenibilitĆ e alla ānaturalitĆ ā dei vini⦠«Avremo sempre più informazioni sulla carbon footprint di ogni bottiglia, ci sarĆ sempre più richiesta di vini biologici e biodinamici. Le carte includeranno anche più opzioni: dagli analcolici, ai vini a bassa gradazione e ad altre bevande fermentate artigianali, rispondendo cosƬ allāevoluzione dei consumi. La smaterializzazione tramite QR-code consente poi aggiornamenti in tempo reale della carta dei vini stessa, eliminando per esempio la frustrazione provocata negli ospiti dalle etichette esaurite: grazie al collegamento diretto con i database di magazzino, ogni carta sarĆ costantemente allineata con la disponibilitĆ effettiva. Tecnologie come la realtĆ aumentata permetteranno di puntare la fotocamera dello smartphone verso un’etichetta per visualizzare informazioni aggiuntive, mentre app e piattaforme social consentiranno di salvare preferenze, condividere scoperte o interagire con community di appassionati.
Questa evoluzione non significa perdere l’elemento umano, ma arricchirlo: il sommelier utilizzerĆ questi strumenti per offrire un’esperienza più personale, liberato dalle incombenze amministrative per dedicarsi finalmente alla vera consulenza enologica, concentrandosi più sull’aspetto relazionale che su quello logistico dell’esperienza del vino. Tutta la tecnologia del mondo ci dovrebbe permettere di essere ancora più umani e più raffinati nel servizio, non di standardizzare e banalizzare la scelta di un vinoĀ».
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