Era ora. Giapponese, a Roma, significava quasi solamente sushi. Qualche tentativo di scimmiottare la “tendenza Izakaya” c’รจ, ma una era e propria trattoria (o ristorantino) di cucina familiare ben fatta non c’era ancora. Non c’era prima che aprisse Kou Kou, nel quartiere Prati a due passi dal Tevere. Qui Paola Mazzeo – pasticcera – e lo chef Wataru Izumoย hanno dato vita a questa insegna di ย cucina washoku, ovvero la cucina tradizionale del Giappone dove c’รจ sรฌ anche del buon pesce crudo (tonno in primis), ma che รจ basata su ingredienti pop come riso, uova, verdure, zuppe, miso e dashi. Accompagnata da una bella pasticceria di stile francese che anch’essa รจ particolarmente pop a Tokyo. Insomma, se volete un piccolo e gustoso antipasto prima del “viaggio della vita” o se – dopo averlo fatto – volete rinfrescare la memoria di esperienze vissute in Estremo Oriente, questo รจ il posto giusto.
Wataru Izumo e Paola Mazzeo. In apertura, una ciotola di kakiesoba con noodle di grano saraceno, dashi, uova e palline di tempura
Ce ne aveva parlato con toni entusiastici Mario Sakamoto – gourmet e pilota giapponese della Ducati mondiale negli anni ’80, ormai naturalizzato romano tanto da essere stato nominato a capo del Rotary Roma per gli anni a venire – e ne abbiamo anche scritto su questo sito, alla vigilia dell’apertura. Finalmente siamo riusciti ad andare. Ed รจ stata una bella esperienza. La prima impressione, in questa via un po’ nascosta nel quartiere Prati, รจ stata di trovarci in un’insegna di quartiere: abitanti di zona, anziani o giovani coppie con bambini, richieste di take away per casa… Insomma, un clima davvero familiare e disteso. Poi la sorpresa: al bancone una pasticceria particolarmente curata. in stile francese sรฌ, ma con una grande – e davvero golosissima, per noi che pi non siamo neppure appassionati di dolci soprattutto a fine pasto – personalitร . Poi la cucina a vista: ai fornelli (ma anche al lavabo, al forno, al pass – un solo uomo, un folletto dei fuochi. Sรฌ, Wataru Izumo รจ un one-man-band: fa tutto da solo, e fa davvero tutto. Ma quello che ci ha comlpiti davvero รจ stata la carrellata di sapori: vera, concreta, armonica. Insomma, finalmente un ristorantino familiare giapponese.
Wataru Izumo
Paola e Wataru si sono conosciuti in Giappone. Lei – appassionata e attratta dalla terra del Sol Levante – se ne era andata lรฌ a studiare la lingua e soprattutto a specializzarsi in pasticceria, quella francese che a Tokyo va alla grande tanto da avere una sua particolare dignitร non solo a ricasco di Parigi. Lui era un cuoco specializzato in cucina italiana. ยซAnche se – ci racconta – era cuoco anche mio nonno ed รจ stato lui a insegnarmi la cucina tradizionale familiareยป. La coppia รจ diventata tale nella vita, giร vicino Tokyo: storia d’amore, m anche storia di partnership in un loro locale. L’avventura nipponica, perรฒ, ha avuto una sterzata: Paola voleva tornare vicino alla sua famiglia, con i genitori ormai anziani, e cosรฌ hanno progettato la nuova insegna capitolina. Un locale molto luminoso, semplice e della misura giusta. E soprattutto un luogo che gli permetteva di cominciare subito a lavorare. Peccato che la gran parte dell’attrezzatura ha cominciato prestissimo a sfasciarsi e che dunque si siano ritrovati subito a fare i conti con le spese.
Tra gli antipasti – questi sรฌ, alcuni almeno, da izakaya – l’Hiyayakko, tofu giaponese biologico in salsa ponzu: e quando parliamo di tofu giapponese, si apreย davvero un mondo di consistenze e sapori che esulano molto dal tofu di origine commerciale cinese che troviamo pressocchรฉ ovunque. Passiamo alla sublime (semplice, ma davvero incredibile) Insalata di patate giapponese (Poteto Sarada) che รจ un must della cucina familiare insieme alle polpette (Tsukune) di pollo: il pollo รจ un protagonista della cucina pop giapponese: non perdete il fantastico pollo fritto (alias Tori Karaage), esperienza che nulla ha a che vedere (per consistenza, succositร , golositร ) con il nostro pur buono pollo fritto. La tecnica รจ tutta concentrata ad avere croccantezza esterna e succositร interna, ovviamente con una cottura a regola d’arte e non certo al sangue. E non si puรฒ perdere la Tamakoyaki, la altrettanto pop omelette nipponica: anch0essa un piatto bandiera della cucina familiare.
Sashimi di tonno rosso dell’Atlantico
Dopo una piccola – ma neppure tanto – parentesi di cucina vegetariana e buddhista (la shojin ryori, legata alla diffusione della filosofia buddhista in Giappone e sviluppata dal monaco Dogen Zenji) di cui vi consiglamo di non perdere le eteree melanzane fritte in salsa di miso, possiamo passare ai classici a partire dall’ormai trendissimo (anche da noi) Tonkatsu – la cotoletta di maiale fritta panata col Panko – e con una puntata sul sashimi di tonno (ยซIl modo migliore per gustarlo se รจ davvero buonoยป) che proviene dalla selezione della catalana Balfegรฒ, specializztaa nella pesca atlantica tracciata e sostenibile, presentato nei tre “pezzi” che esaltano le diverse caratteristiche del tonno: Akami (carne dalla parte superiore del dorso), Chutoro (parte vicina alla pancia) e Otoro (la carne piรน grassa, vicina all’addome).
Non puรฒ mancare il manzo, anche se ha in Giappone una storia molto minore e ben piรน recente rispetto a tutto il resto. C’รจ il wagyu in forma di spiedino o di tagliata (un manzo giapponese con marezzatura – secondo gli standard – tra A4 e A5) ma anche bovino italiano concentrato su due tagli che da noi non hanno piรน grande fortuna, ma che in Giappone sono invece molto gettonati: la lingua (con cipollotto e salsa di sesamo) e il pannicolo (alias diaframma) con salsa yakiniku. Tutto dalla brace, come anche la preziosa e sublime anguilla (grigliata e laccata, servita in Donburi, con riso) vero must e delizia della cucina a Tokyo con ristoranti dedicati a tema esclusivo.ย Quindi, si puรฒ spaziare dai diversi piatti a base di riso (donburi, appunto) o noodles con i fantastici soba integralmente di grano saraceno in brodo di funghi o di petto d’anatra. Magari per concludere, come da tradizione orientale, con un white stew da dividere a fine pasto: un delizioso stufato di pollo in brodo di latte che fa davvero casa-casa, comfort food di molti giapponesi.
A prima vista, sembra quasi impossibile che in un locale dove lavorano sostanzialmente solo due persone, lei in sala e lui in cucina, Paola riesca anche a dedicarsi a una pasticceria varia e soprattutto particolarmente curata nei piรน piccoli dettagli, con una minuziositร e tenacia che davvero รจ tuttta giapponese (pur essendo pasticceria francese!). Ottima la cheesecake basca – senza biscotto, a differenza della versione made in Usa – che in Giappone va per la maggiore e che non รจ facile trovare da noi. Poi, accanto alla piccola pasticceria da forno (dalle madelaine alle financier ai cookies) c’รจ sempre da scegliere un monoporzione: noi abbiamo optato per la pera: facile da dire… ma formata da una composta di pere crude e cotte con sake dolce e miso bianco, mousse leggera alla pera e sottile camicia di cioccolato bianco croccante. Ovviamente colorata all’esterno come una vera pera autunnale. Una delizia, per l’occhio, ma soprattutto e davvero, per la gola. Per non parlare di una vera e propria chicca, il kagami mochi che si ispira a un tradizionale dolcetto ornamentale (commestibile) del Capodanno giapponese: una scocca sottile in ciocccolato bianco racchiude una mousse al tรจ genmaicha, cremoso all’amazake, composta di mikan e kumquats canditi e freschi, caramello al sake e kumquats candito. Da ricordare!
La melanzana fritta della cucina shojin ryori, di origine buddhista
Da bere, birra – la Kirin giapponese o artigianale italiana – sake (caldo o freddo) e shochu (distillato di riso o altri cereali, assoluto o in versione highball sour: questoo si fa izakaya!) o umeshu. Per i cultori del no-alcol, ci sono la Ramune (soda giapponese) e la Yuzu Soda. Il caffรจ รจ solo in filtro, cestratto al V60.
Kou Kou – Roma – via Monte Pertica, 41 – 351 310 0815 – koukou.it
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