Ciccio Sultano, vittoriese di nascita e ragusano d'adozione, è ormai un caposcuola, perno di un movimento che ha condizionato il pensiero di molti altri chef. Il suo stile unico, inconfondibile, parte dalla ricerca e, soprattutto, dal rapporto diretto (sovente in associazione) con le aziende agricole che lo riforniscono. Tanto che quando è in sala non parla del suo piatto, ma spiega chi è il produttore dell'extravergine di Chiaramonte, lo stagionatore del Ragusano, o il pastore da cui arriva all'alba la ricotta. Questo fa veramente la differenza. Sultano è soprattutto un uomo, prima che uno chef, e si illumina gli occhi quando parla dell'amico "massaro" o contadino, riportando all'essenza della semplicità e alle origini il proprio credo. E il ristorante è uno specchio: intimo, accogliente, piccole salette con l'aria da salotto amicale, è al cuore di una piccola strada di Ibla barocca che volge verso il Duomo, e su cui si affacciano anche la cantina (spettacolare) e una dépendance da decompressione e attesa per gli ospiti. La sua compagna di vita e di lavoro, Gabriella Cicero, è instancabile metronomo dell'accoglienza, e dirige e spiega in sala. Come, anzitutto, per Sultano la Sicilia sia un continente gastronomico e una miniera di storia: dove le tante dominazioni succedutesi hanno lasciato tracce indelebili nelle radici culinarie. Il menu principe ripercorre queste tappe storiche: l'onore ai Normanni con tonno bianco, mandorla pizzuta di Avola e latte; due secoli arabi con tonno rosso "abbuttunatu" col suo sugo e salsa di capperi; la personalissima versione del timballo del Gattopardo, omaggio a Tomasi di Lampedusa, anima gemella. I suoi degustazione includono l'Esperienza Sultano (190 Euro) e il Basileus Hyblon (tradizione + tradimento = Innovazione) a 140 Euro. Nella grotta delle meraviglie a climatizzazione naturale adiacente il locale riposano grandi vini siciliani, italiani e del mondo. Da qui nascono i pairing curatissimi (da 65 ai 210 euro della selezione "ti fidi di me"?). Infine, la pasticceria: ora nelle mani fini della giovane Lucrezia Giletti, approdata da Tornio nel tempio del Sultano.