Quando il gioco si fa duro, i duri (ri)cominciano a giocare. E non c'è gioco più sfidante per i "veri" duri, portatori di ambizioni in proporzione, che quello che li mette in gara con se stessi. Dedicato a Bob Dylan, e a un disco e un film totalmente permeati dal Nobel con chitarra e cuore beat, che però non vi compare mai, "I'm not there", l'ultimo menu di qui, è ben più di un "remake" - piuttosto un autentico passaggio in stroboscopio - dei piatti storici di Massimo Bottura. Filtrati è lui stesso a spiegarlo e ricomposti tramite la visione, i vissuto e le sensazioni dei 150 ragazzi di ogni età e quasi ogni dove nel mondo che hanno formato la squadra (un dream team) della Francescana. Ma è anche diciamolo un vero pezzo di bravura, autoritratto dipinto al buio fingendo di far altro (e con chi regge lo specchio che lo muove senza sosta, seguendo i propri pensieri, ad alzare ancora l'asticella). Il risultato finale sfavilla a tratti, tiene sempre, e in qualche passo commuove. Quando, ad esempio, la patata "che vuol diventare tartufo" (le label botturiane, ormai celebri, son rimaste tal quali) si trasforma in un piccolo pane - che chiunque vorrebbe quotidiano - ricavato dalla farina della patata stessa cotta in acqua di tartufo e nocciola e poi disidratata, dal morbido cuore cremoso e con su veli di tartufo a vibrare come ali di farfalla. Ma anche l'anguilla che risale il Po (e stavolta, come in un pezzo degli Area, tanto per restar nel rock, incontra la mela e ci si fidanza); i challenge della trota in nero e del daino "indigeno", vestito e spinto nel gusto verso confini favolosi dalla frutta gialla e il lampone cui è associato; l'incredibile sanguinaccio di maiale, distillato di ancestrale e di futuro che "è un piatto, potrebbe essere un predessert, potrebbe essere qualsiasi cosa" (Bottura dixit) vanno iscritti tra i vertici di sempre del lavoro del frontman del gusto di Modena e della sua band. Che ruota senza sbagliare un passo, inclusi quelli mossi da e per la cantina. Costa 325 euro, il menu (più 210 di pairing, per chi non preferisca cercarsi il "suo" vino). Non è poco, certo. Ma è davvero un regalo che vale.