Storie

Dove nasce uno dei vini più selvaggi dell'Albania

Tra le montagne di Leskovik e le acque calde del Vjosa, la famiglia Fejzulla riscrive la storia del Mavrud: un vino che racconta la forza e la fragilità dell’ultimo fiume libero d’Europa.

  • 14 Ottobre, 2025
  • 14/10/25

Nel sud-est dell’Albania, dove le montagne digradano dolcemente verso le valli che seguono il corso dell’ultimo fiume selvaggio d’Europa, il Vjosa, si trova una località che non appare quasi mai nelle guide turistiche: Leskovik.
È un piccolo borgo isolato, che fino a pochi anni fa viveva soprattutto di agricoltura familiare, allevamento e vinificazione artigianale, poco riconosciuta all’esterno.
Oggi Leskovik sta emergendo con forza come uno dei territori più interessanti per il vino in Albania, grazie alle preziose varietà autoctone e a un particolare microclima – forti escursioni termiche, estati calde ma non afose, inverni rigidi e frequenti nevicate – e anche grazie agli investimenti di famiglie locali che uniscono passione, tradizione e qualità moderna.

Il senso identitario del vigneto

È la storia di Max Mavrud, la cantina della famiglia Fejzulla, che nasce con l’intento di recuperare e rilanciare la tradizione vitivinicola del borgo, valorizzando non solo i pregiati vitigni autoctoni, ma anche il senso identitario che la vigna ha per questa remota regione albanese, a una manciata di passi dal confine greco.

Le vigne di Max Mavrud crescono in un grande campo di 17 ettari, con terreno calcareo (pH 7,2), ad altitudini di 750-780 metri sul livello del mare, con un’esposizione che va da est a ovest e su pendii che guardano a sud: «Tutti elementi ideali per ottenere un buon equilibrio tra acidità, maturazione e freschezza del prodotto e, dunque, un vino dal sapore unico», racconta Maksim Fejzulla, fondatore di Max Mavrud.

Un territorio unico al mondo

È da questi filari, nascosti tra le riserve naturali di Shelegur Germenj e Piskal Shqeri, le rive del Vjosa, terme naturali e grotte sotterranee, che nasce uno dei rossi migliori d’Albania, il Trio3. È ottenuto da un’originale combinazione di vitigni: 50% Mavrud (vitigno autoctono), 30% Merlot e 20% Syrah. «Viene affinato per 4 mesi in barrique di rovere francese e ungherese, prima di essere servito sulle tavole. Ha un sapore profondo e intenso, proprio come il territorio che rappresenta», spiega Bledar Laçi, enologo della cantina.

Una storia familiare

A Leskovik, le coltivazioni di Mavrud, Pinot, Merlot e Syrah – ma anche di Debinë, altro vitigno autoctono sia bianco che rosso, e del Pearl, utilizzato per produrre brandy e raki, il liquore tradizionale con cui gli albanesi terminano il pasto – sono riprese negli anni Novanta grazie all’impegno della famiglia Fejzulla, tornata a investire nei suoi territori. «Per noi il vino è più di un semplice prodotto: è storia, passione, dedizione e rispetto per la natura di questo territorio unico al mondo, incastonato tra alte vette, vallate e corsi d’acqua incontaminati», afferma Erald Fejzulla, che insieme al padre lavora nella cantina.

Le degustazioni sono un’occasione per assaporare la diversità delle etichette e gustare alcuni sapori tipici della zona, come formaggi di capra, marmellate fatte in casa, petulla (pasta fritta simile allo gnocco italiano) e verdure di stagione.

Scoperte scientifiche e nuove etichette

Proprio qui, dove i turisti internazionali sono per il momento ancora pochi, a inizio anno un team di speleologi e scienziati cechi ha svelato il più grande lago termale sotterraneo al mondo, chiamato Lago Neuron, dal nome del finanziatore della spedizione, la Fondazione Neuron. I risultati degli studi hanno indicato che il lago contiene oltre 8.000 metri cubi di acqua, equivalenti a 3,5 piscine olimpioniche. Per ricordare questa scoperta storica e onorare il territorio, la cantina Max Mavrud ha creato Neuron, un vino rosso prodotto esclusivamente con uve Mavrud.

Non è solo un omaggio a una scoperta scientifica straordinaria, ma anche una dichiarazione d’identità: Neuron è un vino che affonda le radici in una terra ancora segreta, che unisce profondità naturali e culturali. In ogni sorso si ritrova il carattere selvaggio di Leskovik, il calore sotterraneo del lago e la visione di chi ambisce a trasformare la memoria del territorio in un’esperienza sensoriale.

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