ร una facile tentazione identificare una regione con un vitigno. La Toscana con il Sangiovese, lโUmbria con il Sagrantino, il Piemonte con il Nebbiolo. Tuttavia, si tratta di una fuorviante semplificazione che non tiene conto della complessitร e delle sfaccettature presenti in ogni regione della nostra Penisola. Cosรฌ, anche le Marche non sono solo Verdicchio. La regione possiede, infatti, un ricco e interessante patrimonio di uve autoctone dalla spiccata personalitร : spesso si tratta di varietร antiche, storicamente radicate in piccoli territori e che vale la pena scoprire. Rappresentano delle piccole enclave sopravvissute ai secoli grazie alla tenacia di pochi viticoltori fedeli alle consuetudini locali e che hanno continuato a tenerne viva la coltivazione tramandandola di generazione in generazione: รจ il caso, per esempio, del Lacrima di Morro dโAlba, della Vernaccia Nera di Serrapetrona, del Bianchello del Metauro e del Ribona, uva da sempre presente nellโarea del Maceratese.
Una vivacitร ampelografica, quella marchigiana (ma non solo), che sโinserisce in un territorio vario e articolato, costituto dalla sottile linea pianeggiante del litorale, da unโampia area collinare e dai primi rilievi che salgono verso lโAppennino. La vicinanza tra le montagne e la Costa Adriatica rende le condizioni climatiche particolari. Le miti influenze mediterranee si fondono con il carattere continentale delle zone piรน interne, creando infinite sfumature. Il clima, temperato e sempre ventilato, รจ connotato da buone escursioni termiche e offre un habitat ideale per la viticoltura.
Nel mensile di agosto del Gambero Rosso si parla della storia antichissima della viticoltura marchigiana. Nellโarea dellโodierna Ancona, giร abitata da popolazioni picene, i greci siracusani fondarono nel IV secolo a.C. la colonia di ?????. Uno scalo di commerci e traffici marittimi, che molto probabilmente portรฒ anche allโintroduzione della coltivazione della vite in queste terre. Una tradizione che venne poi ripresa e sviluppata in epoca romana, quando i vini dei Piceni diventarono famosi in tutto lโimpero. Nel periodo medioevale, anche nelle terre marchigiane รจ stato importante il contributo dei monaci a tener viva la cultura della vite e del vino per le celebrazioni eucaristiche. Nella zona del maceratese, in particolare, i monaci cistercensi dellโAbbazia di Fiastra si occuparono di coltivare le terre circostanti lโinsediamento monastico. Nel corso del XII e XIII secolo, lโAbbazia di Fiastra si affermรฒ come importante realtร , non solo religiosa e culturale, ma anche sociale, commerciale e agricola.
Non sapremo mai con certezza quali vitigni si coltivarono in antichitร nelle Marche. Nel corso dei millenni alcune varietร sono state abbandonate, altre introdotte da altri territori e molte sono state distrutte dalla fillossera, che alla fine dellโOttocento ha devastato le vigne di tutta Europa. Dal secondo dopoguerra, lโattenzione della viticoltura si รจ concentrata soprattutto sui vitigni piรน popolari e di maggior successo commerciale (e produttivo), relegando molte varietร minori in posizioni marginali. Tuttavia, nel 1975 รจ stata istituita la Denominazione di Origine Controllata Colli Maceratesi, che riconosceva la storicitร di un territorio dalle grandi tradizioni.
Nel disciplinare รจ prevista la versione Colli Maceratesi Ribona, prodotta con un minimo di 85% del vitigno e un eventuale saldo del 15% di altre uve a bacca bianca idonee alla coltivazione nella regione Marche. In realtร le aziende che utilizzano la denominazione vinificano quasi sempre il vitigno in purezza. Lโistituzione della Doc ha anticipato il crescente interesse che si รจ sviluppato nei decenni successivi nei confronti dei vitigni autoctoni, anche in reazione a un processo di standardizzazione del mondo del vino dovuto alla diffusione planetaria delle varietร internazionali. Molte uve dimenticate sono state cosรฌ riscoperte e rivalutate, tra queste anche la ribona. Alla conservazione del vitigno ha contribuito certamente pure il tessuto produttivo dellโarea dei Colli Maceratesi: un territorio, a parte pochi casi isolati, caratterizzato soprattutto dalla presenza di piccole aziende agricole a conduzione familiare che da generazioni coltivano la vigna e custodiscono il savoir faire di antiche conoscenze. Un aspetto che ha favorito la salvaguardia della ribona in seno alle tenute: un prezioso patrimonio identitario della piccola comunitร locale e il simbolo di un legame profondo e secolare con la propria terra.
a cura di Alessio Turazza
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Nel mensile di agosto del Gambero Rosso, si parla delle differenze tra il Ribona e il Verdicchio, che fortunatamente ci sono, non facendo entrare in competizione questi due vini della regione. Se il Verdicchio รจ struttura, potenza, freschezza e slancio verticale, il Ribona รจ armonia, equilibrio, morbidezza e piacevolezza fruttata. I soli tratti in comune tra i due vini sono la sapiditร e la longevitร . La maggior parte delle uve di ribona รจ destinata alla produzione di vini freschi e fragranti. Oggi cโรจ spazio anche per interpretazioni piรน mature e complesse, e perchรฉ no, anche per la versione spumante; infatti, oggi quasi tutte le regioni italiane propongono bollicine dal gusto tipicamente territoriale. La parola allโenologo Pino Potentini, anche docente dellโIstituto Agrario di Macerata, che parla proprio della rinascita di questo vitigno autoctono molto interessante. Abbiamo anche stilato per voi una cartina con gli indirizzi delle migliori cantine da visitare e vini da assaggiare. Ma non รจ tutto. Scopri di piรน del nuovo numero del Gambero Rosso.
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