Con un tempismo che fa vacillare lโilluminismo razionalista di chi scrive, a pochissimi giorni dal quinto anniversario della sentenza Balema, di cui abbiamo giร parlato, il Consorzio dellโAceto Balsamico di Modena IGP รจ arrivato in Gazzetta Ufficiale con una modifica del disciplinare di produzione che, sebbene non sia profonda come forse si potrebbe auspicare, propone piรน di uno spunto di riflessione. Il testo pubblicato รจ stato comparato con la versione in vigore, reperibile sul sito del consorzio stesso.
Continua a non esistere alcuna prescrizione per lโorigine delle uve da cui si ricavano i mosti e lโaceto di vino che vengono miscelati per produrre lโAceto Balsamico di Modena IGP. Questโultimo, infatti, si produce a norma di disciplinare con mosto cotto E/O concentrato, miscelato ad aceto di vino. Le varietร di uva sono descritte nel disciplinare, ma dove esse debbano essere coltivate e oggetto di vendemmia, no. Quindi continuerร ad essere un elemento facoltativo, per chi vorrร approvvigionarsi localmente e certificare la propria filiera, indicare unโorigine italiana, emiliana, modenese o reggiana della materia prima. Continua a non trovare alcuna regolamentazione lโanello mancante. Che cosโรจ lโanello mancante?
ร il prodotto ottenuto dalla fermentazione e successiva acetificazione di solo mosto cotto, senza alcuna aggiunta. Questo prodotto รจ la base da cui deriva, dopo non meno di 12 anni, un aceto balsamico tradizionale (che deve essere prodotte solo con uve di origine modenese o reggiana). Ma tra i tre/quattro anni, necessari a una prima fermentazione/acetificazione del puro mosto cotto, e i 12 anni minimi per una delle due DOP dellโaceto balsamico “tradizionale”, questo che cosa รจ? Legalmente nulla, perchรฉ il puro mosto cotto non rientra tra le matrici fruibili per produrre aceto (come invece sono vari tipi di frutta e persino il puro etanolo) in base alle norme tecniche nazionali. Eppure, siamo proprio sicuri che non ci sarebbe uno spazio per consumatori interessati a un aceto balsamico di solo mosto cotto, quindi con un elenco ingredienti cortissimo, ma ovviamente senza la concentrazione e i costi inevitabili per la produzione di uno dei due aceti balsamici tradizionali (di Modene e rispettivamente Reggio Emilia) DOP?
Visto che in sede di IGP questo prodotto non trova considerazione, speriamo che prima o poi si decida a lanciarlo una delle due DOP, come un Langhe DOC Nebbiolo che puรฒ venire prodotto dalle vigne idonee a produrre anche Barolo DOCG.
A moment of balsamic vinegar tasting in a vinegar factory
Accanto a cose oggettivamente minori, come la possibilitร di usare anche la bottiglia da 375 ml o il fatto che gli ingredienti possano essere riscaldati per miscelarli, ci sono due novitร di grande portata nel nuovo disciplinare che non appaiono tuttavia immediatamente comprensibili a i consumatori. Innanzitutto, รจ rigorosamente, espressamente vietato inserire in etichetta la dicitura โsenza caramello o similariโ. Questo si legge nel nuovo articolo 8 โin considerazione della composizione del prodottoโ. Leggendo queste parole, una persona normodotata potrebbe pensare che il caramello sia prescritto, faccia parte della ricetta depositata dellโaceto balsamico di Modena IGP, come lโuvetta nel panettone. Invece no, infatti, allโarticolo 5 che si occupa di come si realizza il prodotto, leggiamo: โfino ad un massimo del 2% del volume del prodotto finito รจ consentita lโaggiunta di caramello per la stabilizzazione colorimetricaโ.
ร consentita, in italiano standard, non significa che รจ obbligatoria, ma solo che รจ legalmente possibile. E se รจ legalmente possibile, รจ possibile farne a meno e comunque produrre ABM. E allora perchรฉ uno non dovrebbe poter dire che lui il caramello non ce lo mette? Apparentemente, questa norma sembrerebbe un favore a chi il caramello ce lo mette e non ha piacere che si noti chi invece non lo fa. Ma certamente ci sbagliamo. Certo รจ specioso leggere che il divieto della dicitura โsenza caramelloโ si baserebbe proprio sulla โcomposizione del prodottoโ: ma come? Se non cโรจ perchรฉ bisogna lasciare pensare che ci sia?
La seconda modifica rilevante รจ quella di una nuova categoria, che si aggiunge allโ”invecchiato”: la categoria โriservaโ. Come abbiamo giร spiegato piรน volte, un Aceto Balsamico di Modena IGP รจ prodotto mescolando aceto e mosto cotto E/O concentrato, per poi tenere in legno questa miscela per almeno 60 giorni (avete letto bene) nelle province di Reggio Emilia o Modena. Tutto qui. Due mesi nellโimpagabile atmosfera padana, e il miracolo del gusto รจ compiuto.
Se un produttore desidera produrre un aceto balsamico di Modena IGP โinvecchiatoโ deve tenerlo in legno per almeno 3 anni dopo la miscelazione degli ingredienti. Se questo nuovo disciplinare andrร in porto, avremo anche la โriservaโ, per la qual il periodo di affinamento in legno sarร durato non meno di 5 anni.
In questo modo, lโIGP che da anni puรฒ essere imbottigliato anche nel forma da 10 cl (la stessa misura delle boccette in cui si vendono le DOP) e la cui densitร non รจ sottoposta a limiti, va ulteriormente a somigliare alle DOP degli aceti balsamici tradizionali, chiaramente utilizzando il fattore tempo per indurre il consumatore a ritenere che lโaceto balsamico di pregio vada in misura crescente per anni di afifnamento: dai 3 ai 5, dellโIGP, ai 12, 18(a Reggio Emilia) e addirittura 25 e piรน, delle due DOP.
Ma i due prodotti sono separati alla nascita da una differenza ontologica indiscutibile: lโIGP infatti si produce mescolando ingredienti stabili e finiti. Le DOP si producono a partire da un solo ingrediente (il mosto cotto) che viene prima fatto fermentare e poi molto lentamente acetificare. Dunque, anche con vestiti che si vogliono far apparire simili, prodotti strutturalmente incomparabili.
Ma la modifica dle disciplinare che dovrebbe risuonare nelle acetaie dove per anni sono arrivate le missive del consorzio che proibiva (vanamente) di usare le parole โacetoโ e โbalsamicoโ in nome dellโasserita evocazione dellโIGP รจ un comma apparentemente secondario e invece cruciale. โAllโinterno della denominazione il toponimo Modena รจ riportato con dimensioni uguali o superiori, nel limite del triplo, a quelle dei termini ยซAcetoยป e ยซBalsamicoยปโ.
Capito? Adeso, finalmente ci si rende conto che Modena รจ la parte che conta di piรน, che non puรฒ essere ridotta di dimensione nella dicitura โaceto balsamico di Modenaโ ma che semmai deve essere scritta in caratteri piรน grandi, fino a tre volte piรน grandi rispetto ad โacetoโ e โbalsamicoโ. Una landslide victory per chi, semplicemente sulla base del Reg. 583/2009 ha sempre sostenuto che non avesse fondamento la posizione secondo cui le sole parole generiche โacetoโ e โbalsamicoโ da sole o insieme, costituissero una evocazione. Ci voleva, come minimo, un riferimento che rimandasse a Modena, lโunico pezzo indiscutibilmente tutelato dellโintera denominazione. Come Parma in Prosciutto di Parma DOP o Bologna in mortadella Bologna IGP.
Finalmente ne prende atto anche il Consorzio, che cambia strada rispetto a una prassi poliennale, durata nonostante prestazioni poco brillanti in piรน di un tribunale, nazionale e internazionale. Meglio tardi che mai! E allora, ci auguriamo che il Consorzio investe le sue ingenti energie nella lotta a tutti gli utilizzi di Modena che ci sembrano francamente inspiegabili, alla luce delle norme vigenti, e non solo del nuovo disciplinare; a tutte le confezioni che riportano numeri, che evocano lโinvecchiamento e sono espressamente vietati dal disciplinare vigente come dal nuovo. Recuperare in fretta il senso delle cose giuste davvero potrebbe offrire unโimmagine del prodotto finalmente incamminato verso una crescita qualitativa generale e soprattutto strategicamente guidato da chi, negli anni, ha dedicato impegno e risorse a battagli meno comprensibili.
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