Dimentichiamoci cornetto e cappuccino presi al bar in fretta e furia. L’idea di colazione sta cambiando e sempre più velocemente. Sta tornando a essere il pasto più importante della giornata, riscoprendo i ritmi di quando la vita era meno frenetica e la concezione del tempo diversa. Vi ricordate il proverbio popolare tanto diffuso fra le vecchie generazioni: “colazione da re, pranzo da principe e cena da povero”? Ecco, la direzione verso cui si sta andando è questa, complice una proposta mattutina sempre più articolata, frutto di influenze culinarie e modelli per molto tempo ritenuti lontani e contrapposti alla “colazione continentale”. Così, accanto a cornetti, maritozzi e ventagli, si moltiplicano cinnamon roll, pain suisse e altre specialità di ispirazione scandinava o transalpina. Mentre, sul fronte dell’offerta, aumentano bakery e bar specialty. Insomma, tutto risulta un po’ più internazionale. Ha intercettato la tendenza pure l’hotellerie di lusso, ora disposta ad accogliere anche gli avventori esterni, per la colazione, che oggi coincide quasi con un’idea di wellness, uno spazio intimo in cui crogiolarsi: il nuovo lusso.
Soprattutto nel weekend, il risveglio ha tutto un altro sapore. Si trasforma in un momento di relax cui riservare poi un trattamento speciale: un pasto ricco con cui iniziare la giornata, per ricaricare le pile dopo le fatiche della settimana. Un modo per concedersi una coccola a prescindere dalle capacità di spesa. Un rito che sfugge alla routine quotidiana e rappresenta per molti una dimensione parallela, quasi utopica: «Fuori dalla norma», come suggerisce Annalisa Cavaleri, giornalista, critica enogastronomica e docente universitaria di antropologia culturale. Attimo culinario che può essere compreso solo all’interno della sua dimensione temporale, «lenta e significativa». Per l’autrice del libro Luxury Food, nella colazione intesa come lusso «non c’è nulla di frettoloso. Il tempo torna ad avere la sua potenza evocativa, a nutrire lo spirito. La colazione ben servita, con un sorriso, a base di prodotti freschi e materie prime di alta qualità, diventa occasione per la cura di sé, un vero e proprio lusso, nella sua semplicità».
Se consideriamo la clientela altospendente, la scelta della struttura in cui decide di soggiornare dipende sempre più anche dalla prima colazione. Alcune catene di hospitality infatti investono sulla colazione quale formula in grado di costituire un plusvalore nella loro offerta. La qualità – il “lusso” di cui parla Cavaleri associato al mondo colazione – non deve essere però confusa con gli eccessi o con l’ostentazione. «Una colazione “ricca”, con cappuccino adornato da una foglia d’oro, croissant surgelati, ostriche e Champagne, oppure pata negra, in verità non ha nulla a che vedere con il luxury food», sostiene Cavaleri: il lusso è piuttosto nell’idea di investire su salute e benessere. «Non si può danneggiare il corpo, la nostra casa più sacra, nemmeno per i piaceri della tavola. Il lusso, a colazione, è gustare prodotti locali, che vengono dal lavoro dei piccoli produttori artigianali: il valore è quello di una terra sana e dello sforzo dell’uomo rispettoso del territorio in cui vive. Una marmellata all’albicocca, un latte di mandorla, una fetta di pane fresco col burro: ecco i veri luxury food, se degustati in un ambiente armonico, luminoso, rilassato, anche ascetico. Ecco una “vera” colazione, senza bisogno di ingredienti “strani”, esotici o costosi». Come dire, il lusso è anche artigiano. Quanto meno nei casi in cui artigianato significa valorizzazione territoriale e stagionalità. Una prospettiva che, secondo la docente Iulm, appartiene sempre più al settore degli Specialty coffee.
L’ingresso degli alberghi 5 stelle per molti è sempre stato un confine quasi invalicabile, la frontiera di un’enclave senza diritto di transito per “il popolo”. Una percezione che sta cambiando: oggi, almeno nelle grandi città, gli hotel di alta fascia sono strutture frequentate anche dagli “esterni” e non solo da coloro che ci pernottano. A inquadrare la transizione è la stessa Cavaleri: «La formula all-day dining è una strategia degli hotel per diventare appetibili a una cerchia più ampia di clienti diventando “concorrenti” diretti di bar e ristoranti: e ci riescono benissimo, con colazioni molto varie e ben organizzate, aperitivi e brunch. Inoltre, gli hotel di lusso possono vantare spesso location d’eccezione e servizi già ben rodati».
Nella Città Eterna le esperienze sono di vario tipo. La più gastronomica di tutte, con standard qualitativi sopra la media, è quella di Caffè Bvlgari. Qui l’attenzione parte dalla materia prima, che si tratti delle confetture biologiche previste all’interno della colazione all’italiana, del buon burro di manteca (maturato come fosse un caciocavallo), oppure delle uova di Arianna Vulpiani, cotte a puntino nelle diverse varianti. Mentre il servizio tailor-made del De Russie desta ancora il suo fascino: Mario, con il savoir faire di un tempo, strappa più di un sorriso agli ospiti e consiglia una frittata menta e zucchine davvero deliziosa, tutta da gustare nel bel dehor de Le Jardin. Per un’atmosfera raccolta e intima, durante la settimana c’è l’Hotel Vilòn, dove la sensazione di tranquillità e un piacevole ciambellone agli agrumi mettono il buon umore.
La “democratizzazione” enogastronomica degli hotel di lusso resta un fenomeno recente. Ma è da tempo che sono in atto trasformazioni socioculturali che alla fine modificano abitudini e mode. Cambiamenti che secondo Cavaleri hanno ridefinito le priorità di ognuno e il rapporto che avevamo con la colazione: «In caffetteria e al bar ci si stava tutto il giorno, erano luoghi di incontro e ritrovo in cui il barista ti chiamava per nome e ti serviva “il solito”, senza dovertelo chiedere». In realtà, a forza di recepire modelli esteri, si inizia a registrare un ritorno a quella vecchia consuetudine. Ecco così che il bancone all’italiana non è più il fulcro della scena; il breakfast contempla il consumo al tavolo e non di corsa. Una “rivoluzione” iniziata anni fa a Roma da Santi Sebastiano e Valentino, poi da Marigold; ancora prima a Milano da Pavé: bakery e caffetterie moderne che hanno dato un nuovo impulso al movimento.
È Luca Scanni, uno dei fondatori dell’insegna meneghina, a raccontarci gli esordi di questo fermento: «Sin da quando abbiamo aperto nel 2012 ci siamo posti la mission dell’elogio della lentezza in un ambiente informale da vivere a pieno grazie a un servizio molto presente, con un numero elevato di camerieri in sala capace di comunicare ogni aspetto della proposta. Ci ha influenzato molto quanto abbiamo vissuto nei viaggi fatti in giro per il mondo. Abbiamo visto un clima rilassato in Australia. Approccio riscontrato a livello europeo pure dal mio socio Diego che aveva già intravisto i germogli di questa informalità altrove, luoghi in cui potersi comunque avvicinare al cibo di alta qualità. Le realtà anglosassoni, americane e scandinave hanno dato un diverso respiro agli spazi: un servizio meno da mordi e fuggi in luoghi in cui stare seduti rapportandosi al cibo in modo differente, mentre in Italia sembrava che solo il contesto formale fosse sinonimo di alta qualità. Abbiamo capito che non è così: ci può essere un indirizzo molto informale che veicola una grande qualità di prodotto».
Incursioni che inevitabilmente hanno riorientato stile, tecnica di produzione e assortimento. Adesso è sotto gli occhi di tutti, con locali dal Dna “fluido”, difficili da categorizzare solo come bakery, viennoiserie, bar o caffetterie, visto che oltre alla vetrina da colazione integrano il menu con preparazioni della cucina. Ma si tratta – spiega Scanni – di un’evoluzione graduale e tuttora in atto: «A partire dal 2010 si è palesata un’ondata di pasticceri attenti all’artigianalità e ai lievitati della mattina. Le loro creazioni hanno cominciato a soppiantare brioche-cornetti-croissant surgelati che bar e caffetterie servivano nelle città. Il lievitato (moderno) si è pian piano sganciato dalla tradizione italiana più stretta, legata alla colazione, divenendo un’opzione appetibile anche per la merenda. Successivamente, c’è stato un abbraccio più esplicito della nostra pasticceria nei confronti della scuola nordica. Un’evidente ibridazione, con un’impronta internazionale che si è fatta marcata. Noi di Pavé, da subito abbiamo preso come riferimento il repertorio italiano facendoci ispirare dal rigore e dall’eleganza della pasticceria transalpina, con cui ci siamo contaminati. Come dimostrano l’impasto brioche sfogliato alla francese e le monoporzioni in esposizione».
In tutto ciò, la richiesta salata è aumentata. E non sono solo i turisti a ordinare a colazione piatti che sarebbero “consueti” più per il pranzo. Ad essere cambiato è proprio il nostro approccio culturale. Motivo per cui oggi non ha più senso continuare a dare per buone rigide distinzioni come quella fra breakfast e brunch, prima e seconda colazione. «L’integralismo in un mondo che si affaccia alla diversità ha vita dura – sorride Luca Scanni – Ci stiamo abituando a cercare cose nuove. A volte, l’italiano medio desidera qualcosa di più strutturato al mattino: per esempio uova strapazzate e avocado toast». Ma quindi la “nuova colazione” lancia una sfida al fine dining? «Diciamo che ormai bakery e caffetterie più “impegnate” fanno una ricerca a 360 gradi che va ben oltre i confini di quello che potremmo chiamare tradizionalmente “colazione”… E credo che su questa strada si incontrino anche persone che sempre più chiedono un qualcosa di speciale, un po’ oltre la classica colazione con caffè, cappuccino e cornetto».
La colazione, dunque, comincia a “pensare in grande”, oltre appunto al cappuccino e cornetto, tanto da proporsi anche come alternativa più democratica, più abbordabile e godibile rispetto a un fine dining che invece appare sempre più lontano dalla vita quotidiana e un po’ ingessato in formule – tra costi, orari e menu – che non hanno più l’appeal di un tempo.
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