Se pensi di poter gustare uno spuntino passeggiando tra le strade del Giappone, ti stai sbagliando. In un Paese dove il silenzio è una forma di rispetto e l’ordine sociale si riflette anche nei gesti più quotidiani, mangiare camminando è considerato un comportamento perlopiù malvisto. Non esiste una legge che lo vieti, ma la pressione sociale è sufficiente a scoraggiare chiunque dal farlo. Comprendere le ragioni di questa usanza, che può sembrare eccessivamente rigida agli occhi di un viaggiatore occidentale, significa entrare nel cuore stesso della cultura giapponese, un mondo fatto di discrezione, armonia e riguardo per lo spazio comune.
Alla base di questo atteggiamento c’è un concetto che pervade l’intero tessuto culturale nipponico: il rispetto. Mangiare mentre si cammina, magari distrattamente, è percepito come un modo di sminuire l’esperienza del cibo, rendendola banale. Inoltre, può comportare il rischio di disturbare gli altri: una macchia accidentale, un odore forte, un involucro lasciato dove non si dovrebbe, sono tutte situazioni che, pur involontarie, possono infrangere quell’armonia sociale, la cosiddetta wa.
Per un occidentale, questo può sembrare un controllo soffocante. Ma per molti giapponesi, è semplicemente una forma di rispetto profondo per gli altri e per lo spazio condiviso. Un concetto cardine nella società giapponese è il meiwaku, tradotto letteralmente come fastidio, rappresenta l’idea di non disturbare gli altri. Una forma di responsabilità sociale interiorizzata, che guida il comportamento dei giapponesi molto più di quanto farebbe una legge scritta. È l’idea che le proprie azioni non debbano interferire in alcun modo con la tranquillità, la privacy, il comfort o la libertà altrui. Questa sensibilità per ciò che può risultare invasivo è talmente sviluppata da comprendere anche comportamenti che in altri paesi sarebbero considerati del tutto neutri.
In quest’ottica, mangiare mentre si cammina è considerato potenzialmente meiwaku non solo per ragioni pratiche, come il rischio di sporcare o di ostacolare il passaggio, ma anche per un motivo più sottile: perché attira l’attenzione. Mostrare un comportamento che rompe la norma, anche se innocuo, espone allo sguardo altrui e rende visibile in una società che premia la discrezione.
Un altro elemento chiave che spiega la riluttanza dei giapponesi a consumare cibo per strada è l’estrema attenzione alla pulizia. Le strade delle città sono sorprendentemente pulite, quasi prive di rifiuti visibili. Ma c’è un dettaglio che sorprende molti visitatori: l’assenza di cestini pubblici. È difficile, se non impossibile, trovarne uno per strada.
L’origine di questa scelta risale a un episodio tragico della storia recente: l’attentato al gas nervino sarin nella metropolitana di Tokyo del 1995, orchestrato dalla setta Aum Shinrikyo. Da allora, per motivi di sicurezza, i cestini sono stati rimossi da molti luoghi pubblici, in particolare da quelli ad alto traffico. Anche oggi, i pochi presenti si trovano generalmente vicino ai distributori automatici o all’interno dei konbini (mini-supermercati aperti 24 ore su 24).
Alla mancanza di cestini si aggiunge un’altra caratteristica urbana: l’assenza di panchine pubbliche. In Giappone è comune vedere persone in piedi o accovacciate, anche a lungo. A Tokyo, ad esempio, trovare un posto dove sedersi gratuitamente può essere sorprendentemente difficile. La mancanza di sedute e spazi dove potersi fermare non è una novità: al di fuori dei parchi e dei giardini del Palazzo Imperiale, sono sempre stati pochi.
Alcune amministrazioni locali ne giustificano la riduzione con motivazioni legate alla sicurezza. A Shinjuku, per esempio, alcune panchine sono state rese volutamente scomode con l’aggiunta di coni stradali o progettate per evitare che qualcuno possa sdraiarsi o trattenersi troppo. Nonostante ciò, è socialmente accettato consumare un pasto in piedi vicino a un chiosco, davanti a un konbini o in un angolo tranquillo della città, anche senza un’area dedicata.
Questo non significa che in Giappone non esista il concetto di street food. Anzi, alcune specialità come i takoyaki (palline di pastella con polpo) a Osaka, gli spiedini di yakitori (pollo) durante i festival, o i dolci come i melonpan e i dorayaki, sono vere e proprie istituzioni gastronomiche. I mercati come quelli di Nishiki a Kyoto o Tsukiji a Tokyo pullulano di bancarelle, ma ogni venditore predispone uno spazio per consumare sul posto, senza portarsi dietro il pasto. I cibi vengono solitamente mangiati in aree adibite, magari accanto alla bancarella stessa o in piccoli spazi con tavolini. In certi casi è il venditore stesso a chiedere gentilmente di non allontanarsi mentre si mangia. Per i turisti è importante osservare e rispettare queste abitudini, anche quando sembrano rigide o eccessive. Mangiare camminando in Giappone non è vietato però, è importante capire che non si agisce per paura del giudizio in senso morale, ma per il desiderio di non spezzare l’equilibrio comune.
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