ร ufficiale: con il Decreto Ministeriale dellโ11 marzo 2025, la Pinsa Romana รจ stata inserita nellโelenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) del Lazio. Un riconoscimento che sancisce il legame tra questo prodotto e il territorio romano, e che rappresenta un traguardo importante per lโazienda Di Marco, artefice del suo rilancio contemporaneo. Ma questo atto formale chiude davvero il dibattito su origini, paternitร e autenticitร della pinsa? E soprattutto: quali sono i legami con il territorio laziale? Insomma, si tratta di tradizione o di marketing? Certo รจ che ormai la pinsa romana รจ diventata una vera e propria tendenza e sono diverse le insegne in cui si gusta un buon impasto.
Corrado Di Marco e la sua pinsa
La Pinsa Romana moderna nasce allโinizio degli anni Duemila grazie a Corrado Di Marco, imprenditore romano del settore della panificazione, che ha ideato un impasto ad alta idratazione, lunga lievitazione e composto da un mix di farine (grano, soia e riso). Il marchio โPinsa Romanaโ viene registrato, il blend brevettato e lโimpasto promosso con grande successo tramite corsi professionali e una rete di distribuzione controllata. ร lโinizio di una nuova era per la panificazione laziale, ma anche di una lunga scia di dubbi e polemiche.
Molti, infatti, mettono in discussione la legittimitร storica della pinsa come prodotto tradizionale. Il nome deriva dal latino pinsere, โallungare, schiacciareโ, e richiama focacce rustiche del mondo romano. Ma il prodotto attuale รจ frutto di una reinvenzione contemporanea, costruita su basi tecniche moderne e ingredienti non presenti nellโantichitร . Il decreto ministeriale, dunque, attribuisce lo status di tradizione a un prodotto che, sebbene giovane, ha saputo costruire unโidentitร fortissima in pochi decenni. Non solo: non si riesce a sapere neppure che tipo di farine vengano usate per produrre le pinse e i mix firmati Di Marco: farine integrali o raffinate? farine del Lazio? farine estere? Perchรฉ – riteniamo – i legami col territorio e soprattutto di un prodotto artigianale dovrebbero partire proprio dagli ingredienti. O almeno provarci! A domanda specifica, l’addetta stampa risponde: ยซLโazienda della pinsa di Marco utilizza tre diverse tipologie di farine: frumento, soia e riso, selezionate con cura sia in Italia che nel resto del mondo. Questa scelta nasce dalla consapevolezza che le farine, essendo influenzate da specifiche condizioni ambientali, richiedono un’attenta selezione per garantire sempre un prodotto finale di alta qualitร ยป.
La novitร non placherร del tutto il dibattito. Da un lato cโรจ chi, come Di Marco, rivendica un percorso culturale e imprenditoriale che ha portato la pinsa a imporsi su scala nazionale e oltre. Dallโaltro, ci sono artigiani e pizzaioli che producono versioni โlibereโ della pinsa, slegate dal marchio registrato, rivendicando ispirazioni familiari o locali. Alcuni, specie nei Castelli Romani, parlano di focacce simili preparate da generazioni, prima che la pinsa diventasse un marchio.
Nel mondo gastronomico, la reazione al successo della pinsa รจ ancora ambivalente. Cโรจ chi la considera un prodotto ibrido, a metร tra pizza e focaccia, nato piรน per esigenze di mercato che per ereditร culturale. Ma oggi, con il riconoscimento PAT, la pinsa ottiene una legittimazione formale che potrebbe cambiare la narrazione attorno alla sua origine.
Il caso della Pinsa Romana dimostra quanto possa essere sottile la linea tra tradizione e innovazione, tra autenticitร e costruzione identitaria. Un prodotto pensato ieri per il futuro, che oggi trova posto anche nella memoria ufficiale del passato.
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