Addio

È morto Bobo Vincenzi, lo chef autarchico che ha inventato (anche) i dolci vegetali

Romagnolo di nascita, è stato il primo grande, appassionato e bizzarro ambasciatore del Molise. Ecco chi era Bobo Vincenzi

  • 03 Luglio, 2025

Bobo non amava il pesce ma sapeva trattarlo in maniera sublime. Classe 1951, romagnolo e comunista fino all’osso (sono “rosso dentro e fuori” diceva con riferimento alla sua fede politica e al colore dei capelli e della sua barba aguzza) si era fatto adottare e apprezzare in Molise dove era arrivato da bambino con la famiglia negli anni Settanta, seguendo le orme del padre ristoratore.

Gli esordi allo Squalo Blu di Termoli

La prima, importante esperienza con lo “Squalo Blu da Bobo e Mario” di Termoli, ristorante di pesce che per circa un decennio è stato punto di riferimento non tanto e non solo per i molisani ma altresì per una clientela che arrivava dall’Abruzzo e dal nord della Puglia, tanto famoso che i suoi piatti finirono pure in un libro di ricette. Già allora Bobo faceva della conoscenza e della selezione rigorosa del pescato locale i punti di partenza della cucina. E con un impegno quotidiano, puntuale alle prime ore del mattino al rientro delle barche, unito a un estro che a quei tempi era fuori dal comune. Edoardo Raspelli e Gianni Mura ne scrissero elogi sperticati peraltro seguendolo quando, finita l’esperienza con lo Squalo Blu, si trasferì agli inizi degli anni Novanta nella campagna di Malacoste alle porte di Guglionesi, una decina di minuti più all’interno, per aprire il Ribo, unendo le sue prime due iniziali con quelle la moglie Rita Santo che aveva sposato nel 1988 (scomparsa nel luglio 2020) e a cui era affidata la gestione della sala.

I siparietti politici con la moglie

Una donna tosta e competente, di idee destrorse e con la quale si divertiva a improvvisare a fine cena deliziosi siparietti, l’uno mostrando l’orecchino con falce e martello e la faccia di Che Guevara stampata sulla giacca da cuoco, rigorosamente rossa; l’altra lucidando le foto in bianco e nero e i piccoli busti del Duce. Ma a far sorridere, ancora una volta, era ciò che arrivava in tavola in questa nuova sfida nella quale Bobo aveva riscoperto i ritmi lenti e che nel tempo aveva aggiunto persino una braceria con enoteca e alcune camere. E anche qui copertine (famosa quella che gli dedicò il settimanale Sette del Corriere della Sera), articoli e tante ospitate in trasmissioni televisive dove si esibiva in tutta la sua originalità.

Erano gli anni in cui Colombo (questo il suo nome all’anagrafe di Rimini) diventò praticamente autarchico, scoprendo e valorizzando il grande patrimonio agroalimentare molisano, fatto di piccole produzioni eccellenti di carni, formaggi e vegetali. Ai quali, in tempi non sospetti, non solo dedicò un menu da affiancare a quello di pesce, ma che diventarono per la prima volta protagonisti dei dessert: nel lontano 2003, pure noi nella recensione di Ribo sulla guida Ristoranti d’Italia 2004 citiamo e apprezziamo le sue mousse a base di asparagi e olio, melanzane e cioccolato, zucca e marmellata di pomodori verdi. Bobo promuoveva tutto questo insieme ad altre piccole trattorie e ristoranti che segnalava ad amici e a giornalisti, con i quali intratteneva un rapporto sincero, appassionato, amichevole ma rispettoso dei ruoli: con alcuni smise di parlare, non tanto e non solo per qualche critica, talvolta esagerata; altri era capace di trattenerli al telefono persino un’ora per raccontare nei particolari le storie sconosciute di un Molise che lui nei giorni di chiusura percorreva in lungo e in largo. Una terra che lo ha accolto da ragazzino e che lui ha amato e fatto conoscere come nessun molisano ha mai fatto. Ciao Bobo, porta la tua passione e il “tuo” Molise fin lassù.

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