Gli spaghetti di Sophia Loren, il pranzo della domenica di Alberto Sordi, il lesso alla Piacchiapò di Nino Manfredi e Vittorio Gassman nel film C’eravamo tanto amati di Ettore Scola. Quando si evocano questi giganti del cinema che hanno raccontato un’Italia povera ma autentica, soprattutto attraverso il cibo, sembra di essere catapultati in un’epoca lontana. Un Paese che non esiste più, in cui la tradizione gastronomica contadina era semplice, genuina e capace di rimettere in sesto anche le stelle del grande schermo, stanche tra un ciak e l’altro. Come accadeva a Marcello Mastroianni, che trovava conforto e ristoro nelle polpette preparate da sua madre.
Capelli pettinati da autentico tombeur de femmes, giacca elegante, camicia bianca impeccabile e una sigaretta tra le dita. È il 1966 e Marcello Mastroianni viene intervistato dalla RAI durante una pausa sul set di un film. La giornalista, che poco prima aveva incontrato sua madre e scoperto la predilezione dell’attore per le sue polpette, gli chiede il motivo di questo attaccamento.
La risposta di Mastroianni è intensa e affettuosa: «Perché tornare a casa di mia madre significa rituffarsi in un certo clima, quello dell’adolescenza, della giovinezza». Per lui, quel gesto è una forma di purificazione: mangiare le polpette equivale a “spurgarsi”, come dice con parole sue. «Dopo tutte le noie, gli strazi, le rogne, le cose buone e cattive che uno affronta durante la giornata, tornare indietro nel tempo mi fa ritrovare una freschezza, una verginità… anzi, una purezza, ecco, e quegli entusiasmi che con il tempo si perdono».
E la conferma arriva proprio dalla madre affettuosa di Marcello Mastroianni, che racconta: «Forse le polpette gli ricordano quando, da bambino, tornava da scuola insieme all’altro fratello e le trovavano pronte in tavola: era sempre una gran festa. Forse, mangiarle gli dà la sensazione di tornare piccolo… e davvero si rallegra!». Ci tiene a precisare che quelle polpette erano rigorosamente «fatte con il bollito!».
Amava le minestre, il risotto alla pescatora di un locale di Ostia, e in cucina se la cavava con piatti semplici da mangiare, ma minuziosi nella preparazione: «So fare solo le uova al tegamino che mi piacciono molto, perché a me piace che la chiara sia cotta, anzi, sul bordo deve essere dorata, quasi bruciacchiata, ma il tuorlo non deve essere cotto, appena appena, sennò sembrano uova sode».
In un’intervista rilasciata a la Repubblica nel 1993, l’attore confessava: «Amo molto mangiare, mi è sempre piaciuto. Anzi, non ho mai capito quelli che non amano mangiare. Divento molto sospettoso quando, a tavola, vedo qualcuno che non mangia». Per Mastroianni il cibo era molto più che nutrimento: era convivialità, cultura, piacere.
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