Ti è mai capitato di entrare in un locale affollato, ordinare al banco e poi ricevere in mano un piccolo dispositivo di plastica, rotondo o rettangolare, che ti viene consegnato come fosse una chiave per accedere a qualcosa di segreto? Non vibra subito, non emette suoni. Sta lì, muto, mentre cerchi un posto dove sederti. Passano due, tre, cinque, dieci minuti, poi — bzzz. Il pager prende vita. Vibra, suona, si illumina, ti avvisa che è arrivato il tuo momento: l’ordine è pronto, puoi andare a ritirarlo. Ma qual è la sua storia e perché è finito nei ristoranti?
La storia dei pager inizia nel Novecento. Già nel 1921 il dipartimento di polizia di Detroit sviluppò un sistema di paging via radio installato su auto di pattuglia, operativo ufficialmente dal 1928. Ma il primo dispositivo simile a un vero pager fu brevettato dall’ingegnere Al Gross nel 1949 e impiegato nel 1950 in un ospedale di New York: si trattava di un apparecchio che emetteva un segnale acustico per allertare i medici, anche se inizialmente lo scetticismo della comunità sanitaria rallentò l’adozione. Altre fonti indicano l’ingegnere Charles F. Neergaard come inventore del cercapersone: ricoverato in ospedale, era così infastidito dalle voci dei medici che si chiamavano da voler ricercare un’alternativa silenziosa.
Nel 1958 la FCC (Federal Communications Commission) autorizzò l’uso pubblico e l’anno seguente Motorola introduce un modello radio-trasmittente portatile basato su tecnologie da walkie-talkie e autoradio, dando il via alla diffusione commerciale.
Il modello Pageboy del 1964 fu il primo pager davvero di successo, senza display ma capace di avvisare l’utente tramite un tono identificativo. Negli anni Settanta e Ottanta la tecnologia evolse, introducendo questi cercapersone a toni multipli e modelli vocali che recitavano un messaggio dopo il segnale acustico, consentendo comunicazioni più dettagliate.
Il vero boom avvenne con il paging su larga area, che ampliò la copertura ben oltre i confini ospedalieri fino a città e nazioni intere: nel 1980 c’erano circa 3 milioni di utenti nel mondo e nel 1994 oltre 61 milioni, anche tra il pubblico generico.
Con l’arrivo dei telefoni cellulari, il mercato dei pager iniziò a declinare. Nel 2001 Motorola cessò la produzione perché considerata una tecnologia troppo obsoleta, ma alcune aziende come Spok hanno continuato a offrire i dispositivi, soprattutto nel settore sanitario dove la loro affidabilità, la copertura e la semplicità continuano a renderli insostituibili.
Il modello si è diffuso rapidamente in tutte le più grandi catene di fast food americane. In Italia il fenomeno è più recente, ma in crescita, soprattutto nei centri commerciali, negli aeroporti, e in format di ristorazione fast casual. I segnaposto numerati lasciati sui tavoli, che segnalano ai camerieri dove portare il cibo, convivono sempre più spesso con questi dispositivi vibranti.
Perché non usare semplicemente una app? O un messaggio sul cellulare? La risposta è più interessante di quanto sembri. I pager per uso ristorativo non richiedono connessioni Internet, non pongono problemi di compatibilità tra dispositivi, non chiedono al cliente di scaricare nulla. Funzionano in maniera autonoma perché il personale deve solo digitare il numero del pager utilizzando un centralina.
Anche il design gioca la sua parte. I nuovi pager sono spesso ergonomici, resistenti e facili da igienizzare. Alcuni modelli si illuminano, vibrano ed emettono suoni personalizzabili.
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