Lustrini, acrobati, clown e animali non sono gli unici elementi che caratterizzano il circo. Il circo da sempre è infatti anche una piccola comunità con una tradizione gastronomica unica, fatta di semplicità, adattamento e condivisione. Ce lo racconta Liana Orfei, discendente di una delle dinastie circensi più celebri d’Italia, incontrata in occasione delle riprese del docufilm sulla vita di Federico Fellini (fra i suoi più cari amici) e sulla storia dei suoi archivi nascosti, custoditi a Toronto, realizzato dalla fondazione Fellini Forever di Toronto insieme al Italian Contemporary Film Festival.
Moira Orfei
La giornata dei circensi, sotto i tendoni colorati, non era inaugurata solo dal ruggito degli animali o la voce dei domatori, ma anche dal rumore delle pentole, dal profumo del pane, dal vapore di una zuppa condivisa attorno al focolare itinerante. Nel circo di Paride Orfei, la tavola era magia quotidiana, un cerchio di sapori, ricordi e racconti che tenevano unita la troupe ben oltre lo spettacolo.
«Nelle prime luci dell’alba, il cuore del circo pulsava già tra fuochi accesi e profumi antichi», ricorda Liana, «durante i giorni feriali gli operai mangiavano in mensa i pasti preparati da una cuoca, che doveva stare sempre molto attenta alle varie culture e rispettare le loro abitudini alimentari (per i musulmani, ad esempio, si usavano tegami diversi). Gli artisti invece nelle loro roulotte avevano la cucina e si preparavano da soli i pasti».
Nei giorni di festa invece la cuoca cucinava per tutti, artisti e operai, generalmente piatti della tradizione italiana, dai tortellini alle zuppe di legumi, ai bolliti misti. «Il senso di comunità era massimo, mangiare insieme significava sentirsi a casa ovunque, recuperare energie e condividere la fatica e la gioia».
Il menu non era mai fisso, ma viveva delle scelte fatte insieme alla famiglia: pasta, carne, pollo, salsicce, würstel, frittate, contorni e abbondante frutta venivano messi in tavola ogni giorno. Ogni pasto cambiava in base agli ingredienti freschi trovati nei vari mercati delle città ospitanti, ma un punto fermo restava la qualità dei prodotti e il rispetto per le diverse culture di chi lavorava con loro. La cucina del circo rifletteva la natura dinamica e multiculturale della compagnia, i piatti erano robusti, genuini, preparati con alimenti facilmente reperibili lungo la strada, ma impreziositi dai sapori e dalle tradizioni locali. Ogni regione attraversata lasciava un’impronta sui fornelli e nei ricordi dei commensali. Ricette tramandate di generazione in generazione e soprattutto il gusto, caldo e familiare, della convivialità.
I cibi preferiti dagli Orfei e dagli amici
Nella roulotte della famiglia Orfei non c’era la cuoca, cucinava la mamma Alba (e in seguito anche Liana). «Mia mamma cucinava quasi sempre le tagliatelle al ragù perché mio papà mangiava solo quelle, infatti il cibo che più mi ricorda il circo è proprio il ragù. Ma dato che facevamo due spettacoli al giorno e lei era anche amministratrice, direttrice e faceva altre cose, spesso preparava cibi veloci, ma sempre sani e genuini. E poi preparava i tortellini per Federico Fellini, che si teneva sempre informato sui nostri spostamenti e quando eravamo abbastanza vicini, veniva a mangiare con noi in carovana, guardava un pezzo di spettacolo e poi andava via.»
Le abitudini alimentari del Golden Circus
Negli anni ’80 Liana da vita al Golden Circus, il più antico festival di circo internazionale che la porta in giro per il mondo a individuare fenomeni circensi mai visti che si sarebbero esibiti durante il festival. Anche qui era prevista una cuoca che cucinava per gli operai, per gli artisti, provenienti da tutte le parti del mondo era allestito un grande bancone con numerosi fornelli elettrici e ciascuno cucinava per sé.
Durante i viaggi all’estero Liana conosce i cibi, i sapori e gli abbinamenti delle varie località in cui si ferma, si appassiona della cucina cinese, e impara a cucinare diverse pietanze, che ancora oggi prepara e propone ai suoi ospiti: «Realizzo piatti della cucina cinese semplificati, perché i tempi di questa sono molto lunghi, e soprattutto contaminati da elementi della nostra cucina italiana, che per me è la migliore del mondo».
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