Mercati e pesca

Perché Milano, Parigi e Londra (che non hanno il mare) hanno il pesce più buono del mondo

Il flusso dei soldi è la chiave che spiega il perché le grandi città europee hanno il pesce più buono di quelle che sono sul mare...

  • 21 Agosto, 2025

Follow the money. Segui il denaro. I più importanti mercati del pesce in Europa sono quelli delle grandi città e dei grandi hub gastronomici. E il pesce buono che va verso l’alta ristorazione e non viceversa, salvo ovviamente eccezioni. Tra i più grandi centri di raccolta e di smercio della materia prima più fresca ci sono quelli di Rungis, nell’hinterland di Parigi, c’è Mercamadrid nella capitale spagnola, Billingsgate a Canary Wharf, alla periferia di Londra, oltre ovviamente Milano.

Mercati ittici sui crocevia strategici

Nessuna di queste città, va fatto notare, si trova sul mare e alcune di esse distano parecchio da esso. Poi ci sono i mercati che si trovano in zone fatidiche dal punto di vista logistico, come quelli nei pressi dei grandi porti, come Bremerhaven e Cuxhaven nel nord della Germania, Vigo in Spagna e Rotterdam nei Paesi Bassi. Punti di racconta dei pescherecci vicini a infrastrutture autostradali che consentono una veloce consegna alle città e ai ristoranti.

La complessa filiera del pesce

La filiera del pesce è complessa, determinata da fattori geografici, logistici, normativi e soprattutto economici. Le principali zone di pesca nel nostro continente sono il Mediterraneo, l’Atlantico nord-orientale e il mar Baltico. Il pesce arriva ai porti e poi prende differenti direzioni. Può essere subito avviato all’industria ittica per la trasformazione (principalmente in conserve o in surgelati) oppure affluire nei piccoli mercati ittici locali o in quelli all’ingrosso vicini alle grandi città. Qui viene venduto all’asta o rispettando contratti precedentemente stipulati. I principali clienti sono pescherie, mercati rionali, ristorazione e grande distribuzione organizzata.

Il 65% del pece europeo è importato

Malgrado l’Europa sia un luogo di pesca, il 65% del pesce che vi viene consumato è di importazione. Lo stesso vale per l’Italia, dove la percentuale sfiora il 70% malgrado le 160mila tonnellate annue pescate in Italia, dato in progressivo calo anche a causa dell’invecchiamento della flotta di pescherecci che non vengono rinnovati anche perché molti pescatori – quando muoiono o si ritirano– non vengono sostituiti. I pescatori sono infatti schiacciati dagli alti costi, dalla scarsa remunerazione e dalla concorrenza dei grandi gruppi internazionali che garantiscono la fornitura di pesce per lo più congelato o lavorato.

 

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