Nel cuore delle Orobie lombarde va avanti una lotta silenziosa ma decisa: quella dei produttori del Bitto Storico, oggi chiamato Storico Ribelle. Questo formaggio d’alpeggio, prodotto solo durante l’estate con latte crudo e una quota fissa (10–20 %) di latte caprino, è il frutto di una reazione all’industrializzazione del disciplinare del Bitto DOP. I ribelli della Valtellina hanno scelto di preservare pratiche secolari. È così che, dopo una lunga battaglia, nel 2016 è stato registrato ufficialmente un marchio, segno di una resistenza filiera-per-filiera.
Le radici dello Storico Ribelle affondano in valli come Gerola Alta, Albaredo per San Marco, Sacco, Mellarolo, Rasura e Pedesina. Qui, tra i 1 400 e i 2 000 metri, viene prodotto esclusivamente nei mesi estivi, quando le mandrie pascolano libere tra erbe alpine e fiori di montagna. Questa stagionalità e il pascolo in quota imprimono al formaggio un profilo aromatico che varia di anno in anno, riflettendo le caratteristiche dell’erba e delle fioriture di ciascuna stagione.
La spaccatura con il Bitto DOP risale alla metà degli anni Novanta, quando il disciplinare si è aperto a pratiche più industriali: fermenti selezionati, mangimi e possibilità di produrre anche lontano dall’alpeggio. Un gruppo di produttori, tra cui un giovane Alfio Sassella, si è opposto, difendendo le tecniche tradizionali e il legame con la montagna. Questa resistenza ha portato alla nascita del Consorzio di Salvaguardia del Bitto Storico. Il 1° settembre 2016, la scelta di adottare il nome Storico Ribelle ha sancito formalmente una rottura già profonda, trasformando il dissenso in un marchio identitario.
Per chi vive e lavora tra le vette della Val Gerola, il nome di Alfio Sassella è legato a doppio filo alla storia dello Storico Ribelle. Nato a Talamona e diplomato perito meccanico, ha scelto presto un’altra strada: la montagna, le Brune Alpine e le capre Orobiche, da portare in alpeggio ogni estate. Tra i fondatori del movimento, era uno di quelli che credevano che un formaggio non fosse solo un prodotto, ma un modo di stare al mondo.
Per questo, anche quando la malattia ne aveva rallentato i gesti, non ha smesso di salire in quota. Si è spento il 10 agosto 2025, a 55 anni, lasciando un segno forte nella comunità casearia e nel paesaggio umano della Valtellina.
Lo Storico Ribelle nasce seguendo un metodo che non concede scorciatoie: latte vaccino crudo e una quota di caprino (Orobica o Valgerola) lavorati entro mezz’ora dalla mungitura, nessun fermento industriale, salatura a secco ripetuta, forme modellate in fasce di legno e stagionatura che può superare i dieci anni. La produzione avviene nei calècc, piccole strutture in pietra e legno dove, durante l’estate, i “caricatori” trasformano il latte in quota.
Da qui prende forma un prodotto dalla crosta sottile, pasta compatta o leggermente occhiata e un aroma che, con il passare degli anni, diventa sempre più profondo e persistente. Il percorso prosegue a Gerola Alta, nella casera del Consorzio di Salvaguardia: qui le forme riposano, vengono controllate e vendute, con stagionature che spaziano dai 70 giorni fino a oltre 15 anni. Alcune finiscono nella “banca del formaggio”, un sistema che permette di acquistare una forma giovane e ritirarla solo dopo anni di maturazione, completa di certificato e tracciabilità.
Il Storico Ribelle non è solo un prodotto gastronomico, ma un manifesto politico e culturale contro l’omologazione agroalimentare. Difende la biodiversità, protegge razze animali a rischio, sostiene un’economia montana etica e mantiene viva una tradizione che rischiava di scomparire. Slow Food lo considera un presidio strategico, capace di raccontare al mondo un modello di resistenza radicato nella comunità e nella montagna. In un mercato dominato dalla logica del volume e della velocità, il Storico Ribelle ricorda che il tempo, la cura e l’autenticità hanno ancora un valore.
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