Overtourism

In montagna i bivacchi sono sotto assedio: rifugi d’emergenza trasformati in mete da social

Da presìdi di salvezza per alpinisti a “hotel gratuiti con vista” presi d’assalto dai turisti: vandalismi, rifiuti e overtourism mettono a rischio i bivacchi sulle montagne italiane

  • 22 Agosto, 2025

Tavoli spezzati e dati alle fiamme, bombole del gas rubate, sacchetti dei rifiuti abbandonati e brande rovesciate: è questa la situazione in cui è stato ritrovato il bivacco Salvadori, sulle Orobie, a causa di atti vandalici compiuti da chi avrebbe dovuto usarlo come riparo per la notte. Nati come rifugi di emergenza, pensati per salvare la vita a chi si trova in montagna in condizioni impreviste, i bivacchi stanno vivendo un destino inatteso.

La nascita dei bivacchi

Si tratta di strutture spartane, costruite in lamiera o legno, prive di acqua ed elettricità, concepite per offrire un riparo minimo. La loro funzione originaria è chiara: garantire sicurezza in situazioni critiche. Il concetto moderno di bivacco nasce nel Novecento: nel 1925 furono installati i primi “scatoloni in lamiera” in zone impervie, dove i rifugi convenzionali non potevano sorgere. Strutture essenziali, capaci di ospitare poche persone – raramente più di dodici – con brande, tavoli e, a volte, una stufa. Gratuiti, incustoditi e sempre aperti, erano pensati come presìdi d’emergenza.

Da rifugio a set fotografico

Oggi però la percezione è cambiata. TikTok e Instagram hanno trasformato i bivacchi in attrazioni accessibili: video che mostrano notti “gratis con vista” o colazioni all’alba hanno contribuito a renderli mete esperienziali, spesso senza la consapevolezza della loro funzione originaria.

La montagna diventa così un palcoscenico più che un ambiente da rispettare, come dimostrano anche i sentieri affollatissimi e le ondate di overtourism che hanno interessato diverse località montane italiane durante l’estate. Non a caso Carlo Zanella, presidente del CAI Alto Adige, ha commentato sulla rivista Outpump: «Questa non è più montagna, è un palcoscenico per selfie e influencer. Un turismo tamarro, rumoroso, insensibile. Mi sono arreso».

Conseguenze del turismo social

Le conseguenze sono già visibili. In Presolana, alcuni bivacchi sono stati utilizzati come ostelli improvvisati o scenografie per feste, con rifiuti lasciati e spazi resi impraticabili. In altri casi, i volontari hanno denunciato campeggio libero in aree dove non è consentito, spesso nei pressi dei bivacchi, abbandono di materiali e attrezzature e veri e propri atti vandalici volti a danneggiare le strutture. Non mancano episodi documentati anche altrove: sul Monte Rosa alcune strutture sono state danneggiate da fuochi accesi all’interno; in Trentino, volontari del CAI hanno segnalato bivacchi usati come depositi improvvisati, con rifiuti organici abbandonati per settimane.

Fenomeni che non riguardano solo l’inciviltà, ma sollevano questioni ambientali e di sicurezza: l’eccesso di presenze compromette fauna ed ecosistema, mentre visitatori impreparati aumentano i rischi di incidenti.

Come preservarli

Non si tratta solo dei content creator, spesso i primi a diffondere messaggi di rispetto e condivisione: il problema nasce quando luoghi nati per l’alpinismo vengono frequentati da chi non conosce le regole non scritte di quell’ambiente, aspettandosi di trovare un “albergo gratuito con vista”. Per far fronte alla situazione, alcune sezioni del CAI hanno avviato campagne di sensibilizzazione e iniziative educative rivolte ai giovani escursionisti, ricordando le regole di base: portare via i propri rifiuti, non danneggiare gli arredi, lasciare il bivacco pulito per chi verrà dopo.

Il nodo resta la tutela dei bivacchi senza snaturarli. Da un lato, educando a un turismo consapevole che distingua tra avventura e consumo; dall’altro, ribadendo la loro natura: garantire riparo e sicurezza, non comfort o spettacolo.

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