La storia

L'ex ciclista diventato un grande fornaio alle porte di Roma

C'è un panificio tutto da scoprire alle porte di Roma, dove nascono pagnotte agricole e si trovano i dimenticati "falloni" sabini

  • 01 Settembre, 2025

Quando prese il forno era una giovane promessa del ciclismo azzurro. Ma nonostante la performance niente male in due Giri d’Italia, capisce che la bici  non dava da vivere: così quando David Paolocci trova l’anima gemella decide che è ora di trovarsi anche un lavoro vero. Lo aiuta il futuro suocero: nella vicina Civita Castellana (lui è di Magliano in Sabina, appena oltre il confine tra le province di Viterbo e Rieti) si vende un vecchio forno, è l’occasione per imparare un lavoro. Era il 1992, David si mette dietro al fornaio che gli traccia il percorso: è il classico artigiano che dall’inizio degli anni del Boom economico ha approfittato dei semilavorati offerti dall’industria della panificazione e che gli insegna come si fa il pane. Ma quale pane? Così David fa un passo che piano piano lo porterà con il suo panificio Spiga D’Oro a essere uno degli artigiani della nuova generazione (pur senza saperlo) e contribuendo a cambiare l’immaginario e il gusto collettivo come accade oggi a molti giovani che danno nuovo senso alle imprese dei padri.

Si riparte dal pane agricolo della nonna

«Civita Castellana era una cittadina già da tempo abituata alla nuova dimensione industriale. Dal Dopoguerra aveva scelto la strada delle grandi ceramiche cooperative: la modernità, aiutata anche dalla vicinanza a Roma, era… pane quotidiano! Ma io venivo dalla campagna: anche se distante solo una manciata di chilometri, i miei gusti erano stati costruiti sulla cucina agricola di mia nonna, sul suo pane che infornava una volta alla settimana e sulle pizze che animavano ogni tanto le feste di famiglia nel piccolo mondo rurale della Sabina», racconta David.

E quel pane “moderno” non gli andava giù. Così, senza sapere ancora nulla di lieviti e di farine, senza l’aiuto di studi e sperimentazioni, trova la strada giusta per la sua etica aiutato dai sapori e dai ricordi della nonna. E decide che il suo pane deve essere un’altra cosa rispetto a quello del suo “maestro” fornaio.

La scoperta del territorio e della qualità

Riparte così azzerando tutto ciò che il “maestro” gli aveva trasmesso e si rivolge alla nonna per capire cosa avesse di  diverso quel pane. È un nuovo inizio. Da quel momento, però, comincia a mettere le mani in pasta davvero su farine e lieviti, cerca di capire come lavorassero i vecchi fornai, cosa fosse la biga e il lievito madre, l’idrolisi, come si differenziassero grani e farine e in base a cosa. Insomma, ha decide di farsi contagiare dall’insana passione e costruisce la sua nuova strada. Studia, frequenta corsi anche veloci di panificatori importanti e sperimentatori, non si siede mai, va avanti.

Cerca nuove farine e nuovi cereali. Anche la consuetudine con una cucina come quella degli Angeli di Magliano Sabina, con Laura e Mauro Marciani, lo porta a seguire il percorso della qualità, della scelta degli ingredienti: sono stati amici da ragazzi, hanno studiato insieme. E comincia  pure a portargli il suo pane al ristorante. Un rapporto che lo stimola a crescere.

I nuovi pani e la tradizione agricola

«Senza seguire ideologie particolari, mi sono reso conto che il pane è un prodotto agricolo. E mi è tornato alla mente cosa voglia dire agricoltura: senza nostalgie, senza voler fare strappi – racconta David – Ma cercando di non tradire del tutto la mia storia, provando anzi a dare più sostanza e più aria a quelle radici che da sole avrebbero fatto fatica a oltrepassare la dittatura della modernità e che hanno bisogno di nuovi imput per conquistare le coscienze delle persone e provare ad avere un senso nel futuro».

Tanto più che a materializzare il senso del futuro  ci sono le sue due figlie accanto a lui, nel forno. Dovrebbero essere loro le nuove leve: Greta la più piccola e Adria con il suo compagno Lorenzo che sembra appassionarsi sempre più al lavoro.

Una nuova dimensione artigiana

Oggi, accanto al “pane comune” che viene lavorato con farine “tipo 0” e lievitato sempre con il metodo  della biga, ci  sono pani speciali che sono il vero vanto di David e delle sue  figlie e che nascono da ingredienti figli del territorio che lo circonda: una realtà in cui la dimensione industriale ha conosciuto più di una crisi e dove l’antica anima agricola ha ricominciato a respirare dando vita a realtà molto interessanti e di alto profilo qualitativo che si sono riappropriate degli spazi verdi rimasti o abbandonati.

Nascono così il pane realizzato con le farine semi integrali locali di Luca Di Piero (che gli fornisce anche le nocciole per i tozzetti) e di Miozzi, la pagnotte integrali di farro e segale ai semi, le focacce alte e profumate, le  pizzette, le sfiziosissime lingue al pomodoro. Prendono vita i “pericolosi” bocconcini (troppo buoni!), i grissini e i cracker, i tradizionalissimi maritozzi. E rinascono i dimenticati Falloni, specie di rotoli al forno ripieni di bieda ripassata o altre verdure e di una golosità spaventosa: sono tradizionali di Magliano, ma in diversi – tra noi boomer – ce li ricordiamo anche a Civita, negli anni ’70, quando i confini tra campagna e città erano un po’ più liquidi.

Forno La Spiga d’Oro, via di Corte, 13 Civita Castellana (VT), tel. 3288433585 – Instagram

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