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Una delle più buone pizze al taglio di Roma è nascosta in un buchetto dietro al Circo Massimo

A due passi dal Circo Massimo c'è una micro-pizzeria che propone tranci sottili e croccanti tra i più buoni di Roma

  • 11 Settembre, 2025

Cercare il buco di 24 metri quadrati nascosto tra insegne fighette e tavolini più o meno turistici, tra Piramide e Circo Massimo, è un’impresa. Per fortuna però un’indicazione c’è: la fila che a più riprese si snoda davanti alla pizzeria. Alessandro Ruver, uno dei più fedeli seguaci di Gabriele Bonci, non ha né tavoli né insegne: se ne sta dietro al bancone, tra teglie e forni che compulsa in continuazione per cuocere e sfornare una delle pizze in teglia più buone della Capitale. A fare la fila un pubblico eterogeneo, turisti stranieri e ragazzi in pausa pranzo, impiegati e politici locali… si vede spesso anche l’assessore regionale Paolo Giuntarelli (cliente appassionato e in incognito): tutti in ordinata attesa di assaggiare questo piccolo miracolo di gusti e sapori (a partire dalla pizza al ragu) che Alessandro riesce ad assicurare in condizioni che definire estreme è poco.

Alessandro Ruver e la pizza cucinata

La “pizza al ragu” di Alessandro è già diventato un must a Roma: ci ha folgorati a pochi mesi dalla sua apertura, due anni fa. E ha conquistato anche i palati tedeschi che lo hanno coinvolto in un’avventura partita a Colonia e già in espanzione verso altre città della Germania. La caratteristica è quella di essere un “ragu rustico”: sembra addirittura di assaporare una coda alla vaccinara. È di una golosità estrema.

«In realtà – sorride Ruver – anche Gabriele Bonci mi dice che la golosità è la caratteristica identitaria della mia pizza. Tanto che ho “costruito” con lui quella che io ritengo l’espressione compiuta della mia idea di pizza: pollo e patate. Ho voluto ricreare il profumo che si sentiva quando si entrava in una rosticceria romana: pollo, vino, rosmarino, patate arrosto». Questi tranci – con la loro croccantezza, lo spessore del morso e la cremosità del tutto – conquistano l’anima di chi li assaggia. Sono davvero incredibili, difficili da raccontare! «In realtà esprime il concetto che ho appreso da Gabriele e che per me è centrale: la pizza non si cuoce, si cucina. Qui l’impasto, la mozzarella, il pollo e le patate si cuociono insieme: 9 minuti sotto le resistenze del forno Castelli a potenza 4. Una cottura “cattivella” che però è l’unico modo per avere il risultato che volevo: altrimenti si sarebbe stracotta la mozzarella o il pollo sarebbe “scappato”. Ecco, è la pizza che forse mi sappresenta al meglio».

Ingredienti solo di primissima qualità

L’impasto, per Alessandro è la partenza: farine bresciane e italiane del Molino Belotti, pomodori Gerardo Di Nola, olio extravergine Flaminio di Trevi. Questi sono i mattoncini che costruiscono le fondamenta di questa pizza romana. Poi c’è tutto il resto: chianina della macelleria Borboni a Roma (per il ragu e per il roastbeef), formaggi dall’azienda Faraoni di Sutri: sutrinella (semistagionato), primo sale e stracchino; ma i latticini arrivano anche dal caseificio dei Fratelli Gentili di Valle Luterana: ricotta e caciotta di pecora e poi primo sale al limone, peperoncino, zafferano.

Mentre mozzarella e straciata vengono ogni giorno da Terra Roma di Maccarese. Il pollo, quando è disponibile, viene dalla Fattoria Pulicaro nel Viterbese. Verdure dalla Piana di Alzium di Ladispoli. E poi due chicche, in esclusiva: i salumi della Macelleria Avagliano di Sabaudia e i pomodori da Velletri, realizzati per Ruver dalle Meraviglie della Terra. «Avagliano, famiglia di macellai da 4 generazioni, alleva i suoi maiali nel Parco Nazionale del Circeo: produce in esclusiva per me, ci confrontiamo su ricette e stagionature – spiega Alessandro – Da lì arrivano salami, schiene, pancette tese, prosciutti, spalle… Con le Meraviglie, invece, stiamo mettendo a punto una passata a marchio congiunto fatta con quattro diversi tipi di pomodoro».

Poca tecnologia, tante idee e invenzioni

Quando entriamo – o meglio quando ci affacciamo alla soglia dei suoi 24 metri quadrati – Alessandro è alle prese con lo stracotto di cinghiale. Tutto rigorosamente fatto al forno in cui escono ed entrano preparazioni scaglionate in base agli incastri di cottura e lavorazione: qui non ci sono fornelli. Tutto viene fatto al forno. «Un limite – sorride Ruver – ma anche uno stimolo: sono costretto a trovare idee e soluzioni per ovviare all’angustia del locale e alla mancanza di attrezzature. Ma è proprio questa la cosa divertente. Per esempio, questo stracotto di cinghiale che alla fine uscirà poco raffinato, ruvido: rustico come il mio ragu.

Ma è proprio questo che mi caratterizza e che alla fine piace. Ovviamente, tutto cambia in base alle stagioni e alla reperibilità degli ingredienti che prendo rigorosamente dai miei fornitori di fiducia. Anche questo cinghiale, come a volte altri tipi di cacciagione, viene da un’azienda del Viterbese. Ma solo quando è disponibile. Qualche giorno fa ho fatto una rivisitazione di pizza e fichi, col salame al posto del prosciutto. Ma i fichi li ho presi dal “mio” banco al mercato di Campagna Amica di San Teodoro, a pochi passi da qui: quando sono finiti quelli, basta pizza e fichi!» Per fortuna che quelli che finiscono di meno sono i salumi di Avagliano: gustare la sua spalla sopra a una stracciata sulla sottilissima e croccante pizza di Alessandro è un’emozione che si può provare anche un po’ oltre la stagione.

Una pizza che più pop non si può

La cosa che non riuscivamo a fissare era la “definizione” di questa pizza. Come incasellarla? Come inquadrarla, classificarla? Pizza romana? Pizza pop o pizza gourmet? L’impressione iniziale è quasi da “fine dining della teglia“, ma contesti, prezzi e modalità non sono affatto da fine dining.

«Io propongo una pizza pop – fa Alessandro, senza dubbi – I prezzi sono popolari: un trancio di pizza bianca costa 2 euro, 2,50 la pizza al pomodoro. Le classiche stanno a 3 euro e le speciali massimo a 6. Vuol dire che puoi pranzare con 5 euro. E che con 12 ti mangi due tranci davvero di sostanza. Ma poi, io la definisco popolare perché anche l’impasto e la preparazione rimanda direttamente alla tradizione romana. Gabriele fa le pagnotte per la teglia da 1300 grammi, le mie sono da 900 come tradizione comanda. Uso farine di tipo 1 e faccio un’idratazione al 70% con lievito di birra fresco. Insomma, pizza romana». Così come profondamente romano è anche lui, Alessandro Ruver. «Può trarre in inganno il mio cognome, legato però solo a dei lontani antenati austriaci. Mio bisnonno, in effetti, è stato il fondatore del Forno Buglia a Monteporzio Catone. E così, saltando due generazioni, riparto da lui, dagli impasti e dalle farine».

Di certo, nonno Ruver sarebbe felice di vedere tutta la famiglia del nipote lavorare in una avventura che dà lustro alla Capitale con la sua pizza: al bancone e ai forni, a parte Alessandro, ci sono il papà Maurizio e la mamma Emanuela insieme a zia Alessia. Nel backstage, tra ordini e fatture, c’è la sorella Jessica. «È una bella squadra, ne sono fiero – sorride Alessandro – Raccontiamo quello che siamo e che facciamo. E i nostri clienti se ne accorgono: la cosa più bella per me è riuscire a farli divertire quando arrivano e si affidano completamente a me, si fanno coccolare dalle nostre preparazioni e li vedo felici per quel piccolo attimo di stupore che riusciamo a regalare loro». Del resto, la curiosità è una delle caratteristiche più evidenti e migliori di questo giovane pizzaiolo.

«Il problema – diceva il buon Charles Bukowski – è che cerchiamo qualcuno con cui invecchiare insieme. Mentre il segreto è trovare qualcuno con cui restare bambini». Lo scrittore parla della capacità di mantenere anche da adulti la curiosità innata nei bambini, ovvero l’entusiasmo e la capacità di meravigliarsi di fronte al mondo. Alessandro ci riesce bene e stimola anche i suoi clienti a mantenerla viva, la curiosità. Più pop di così!

Ruver Teglia Frazionata – v.le dell’Aventino, 46 – Roma – instagram.com/ruver_tegliafrazionata

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