Italiani all'estero

Perché almeno una volta nella vita dobbiamo andare in un bar iconico di Hong Kong (che ora apre anche a Shanghai)

Lorenzo Antinori è uno dei maggiori barman del mondo: il suo Bar Leone di Hong Kong è diventato in poco tempo una destinazione. Ora si appresta ad aprire una seconda sede, stravolta a Shanghai.

  • 14 Settembre, 2025

Ad appena due anni dall’apertura, Bar Leone è pronto a a bissare con un locale gemello a Shanghai: lo hanno annunciato i fondatori Justin Shun Wah e Lorenzo Antinori su Instagram a conferma del favore che il loro bar di quartiere riscuote sin dal suo esordio. Aperto nel 2023, il Leone si è infatti piazzato al primo posto nella classifica dei migliori bar asiatici l’anno successivo (posizione confermata anche quest’anno), posizionandosi poi al secondo posto nella World’s50 Best Bar, subito dietro il messicano Handshake e prima di Sips di Barcellona di Simone Caporale (a sua volta best bar nel 2023) con cui Antinori ha aperto Montana, sempre a Hong Kong. Incontriamo il barman romano di nascita, poco prima del taglio del nastro del Bar Leone Shanghai.

Mancano ormai poche settimana all’inaugurazione del Bar Leone Shanghai. Cosa bisogna aspettarsi?

Sarà al 99% Bar Leone: quell’1% dipende dal fatto che nel nuovo locale c’è anche un primo piano, dove punteremo ancora più sull’idea di bar dello sport con un’identità specifica, celebrando quelle icone dello sport che fanno parte dell’immaginario collettivo di noi italiani.

Dunque cos’è Bar Leone?

Un bar italiano che celebra la semplicità in maniera molto onesta e con qualità.

Come mai dopo Hong Kong aprite a Shanghai?

Siamo sempre stati convinti che se avessimo dovuto fare un altro Bar Leone sarebbe stato in Cina. Un po’ per una questione di vicinanza a Hong Kong, per il fatto che lì siamo conosciuti perché ci sono tanti turisti cinesi qui sull’isola, e anche perché è un panorama che conosciamo. È una città che ci piace tantissimo in cui la comunità della bar industry è molto unita. Sia io che i miei soci abbiamo amicizie e relazioni con colleghi da tanti anni, abbiamo pensato che aprire lì sarebbe stato il passo giusto; faremo di tutto per essere benvoluti.

Qualche mese fa hai aperto anche Montana con Simone Caporale… c’è in programma un’espansione?

No no! Al Bar Leone siamo 3 amici, non c’è un gruppo alle nostre spalle, ci piace pensare di fare un passo alla volta anche se quest’anno abbiamo fatto un grande sforzo.

Immagino abbiate fatto delle indagini di mercato prima di aprire..

Beh sì, e poi abbiamo speso tanto tempo lì, e abbiamo tanti amici. La clientela è simile a Hong Kong e anche lì la cosa più importante è il servizio. Su questo l’Asia è che è davvero avanti, c’è un’attenzione verso il cliente che non hai da nessuna altra parte. Questa è la cosa su cui cerchiamo di puntare al Bar Leone anche con un tipo di locale più semplice. È importante essere cordiali, generosi, ospitali, fare le cose fatta in maniera onesta e con il cuore. Questo a prescindere dal concept, non cambia se fai un tipo di bar diverso. Il 50% del successo si basa sull’ospitalità e sul tipo di esperienza che lo staff riesce a dare.

Parlando di successo: avete aperto nel 2023, e subito diventate il primo bar dell’Asia nella 50 Best. Come siete riusciti?

Abbiamo aperto un posto molto diverso da quelli che c’erano e ci sono, ma credo che sia stato premiato anche per la connessione che ha con me, per il forte legame personale. In uno scenario in cui tutti cercano la ricerca, l’innovazione, lo spingersi ai limiti della creatività, noi abbiamo fatto il contrario: una cosa molto semplice, il criterio è la qualità, la cura di tanti dettagli nell’esperienza e nel brand che ha colpito in tanti che ci hanno visto come una boccata di aria fresca. Abbiamo un po’ sovvertito i dogmi: spesso le persone pensano che in un bar di successo bisogna fare per forza cose complicate e molto creative ma la creatività può essere interpretata anche in modo diverso, facendo cose semplici come al Bar Leone.

Parla di Hong Kong, come è la scena dell’ospitalità?

È una delle scene più forti a livello mondiale sia nei bar che nella ristorazione.

Anche ora?

A livello internazionale Hong Kong mantiene il ruolo di regina dell’Asia, è una capitale non solo dell’economia ma anche della scena del food and beverage. Certo, con il Covid c’è stato un periodo difficile anche qui, abbiamo visto tanti cambiamenti a livello sociale, proteste, l’avvicinamento alla Cina. Però poi c’è stato un resetting, sono arrivate nuove idee, energie, aperture importanti che hanno fatto bene. Insomma: negli ultimi 6/8 mesi c’è stata una bella ripresa, noi guardiamo con fiducia e siamo orgogliosi di raccontare un po’ di questa ripresa.

Siete anche voi parte di questa nuova ondata?

Senza volercene prendere per forza il merito, si è virato verso al creazione di concept e spazi “più semplici” che celebrano un’esperienza che non è per forza legata a un concept forte, ma all’esperienza complessiva, semplice ma fatta bene. Ora, e vedo che è un trend in tutto il mondo, si aprono più neighbour bar, dove c’è anche un’offerta di cibo, vino.

Ok il bar di quartiere all’italiana, ma lo storytelling quanto ha contato per voi?

Mi piace dire che Bar Leone è un esperimento sociale: la celebrazione della cultura popolare italiana, con riferimenti alla Roma degli anni ’90 in cui sono cresciuto. Ci sono poster, cimeli, calendari, manifesti che ho messo più per me, ma le persone lo capiscono che hanno un valore. I locals magari non sanno chi sia Mike Bongiorno, ma quando vengono qui è come se entrassero in una macchina del tempo che li porta in un universo parallelo, in un passato non lontanissimo. C’è questo elemento nostalgico per cui sono impazziti gli italiani ma che apprezza anche la gente del luogo.

È solo una questione di atmosfera dunque?

No, l’ambiente è importante: è stata la cornice su cui abbiamo costruito il marketing e una comunicazione divertente, anche un po’ provocatoria, ma sempre rispettosa. Dentro c’è tutto: politica calcio religione anche cose che nei grandi bar non dovrebbero entrare, ma che ci stanno sempre nei bar di quartiere. Nel bar che avevo vicino casa, a Roma, c’era la foto di Padre Pio, l’autografo di Giletti sul muro e la signora alla cassa. Abbiamo voluto ricreare quell’atmosfera ma soprattutto quel senso di familiarità, che è un elemento importante, il legame con la comunità in cui siamo. Qui sull’isola ci sono expat, anche italiani, e tanti locals, c’è una vita di quartiere, la gente da noi passa anche solo per un bicchiere o un saluto, ed è una cosa che mi fa stare bene. Alla fine non mi interessava fare cose larger than life perché non ti permettono di creare un legame con la comunità: si torna dive si trovano punti di riferimento.

E ci siete riusciti?

Penso di sì: siamo diventati un bar in cui viene la gente del posto. E credo che la cosa che ama di più è il confort: entri qui e ti senti a tuo agio, sembra di entrare nel soggiorno di tua zia. Non c’è la signora dietro la cassa, ma c’è una ospitalità diretta, calorosa, un po’ di questo caos di servizio e divertimento, anche grazie ai ragazzi italiani che mi hanno aiutato, l’obiettivo è far star bene la gente e divertirci. Vedo Magalli sul muro e mi scappa la lacrimuccia, ho fatto anche le magliette con la sua faccia, la gente è impazzita c’è chi pensa che sia mio padre…

Fa ridere… se poi ci metti la pizza con la mortadella…

Siamo diventati gli ambasciatori della mortazza nel mondo! La importiamo dall’Italia mentre la pizza ce la fa un forno qui vicino, è uno dei nostri cavalli di battaglia per cui siamo riconosciuti. E poi è fondamentale: dico sempre che pizza e mortazza paga i conti.

Invece sul fronte drink come si beve a Hong Kong?

Rispetto al resto del mondo si beve molto più secco, con pochi zuccheri e una parte acida importante. E non è strano se ci pensi: lo zucchero non è un ingrediente presente nella cultura cinese e giapponese, è più occidentale. Anche io mi sono dovuto adattare quando nel 2017 mi sono trasferito in Asia, in Corea. Qui c’è tanto interesse, i bar sono sempre pieni.

Come sono i clienti?

Oggi il consumatore ha modo di conoscere, è istruito, sa quel che si può ordinare al bar e questo ci aiuta tanto, cliente più curioso, propenso a provare cose nuove, educato, e sa riconoscere la qualità. E sa.

Come la mettiamo con l’alcol?

Siamo tutti molto più consapevoli di quel che mangiamo e beviamo, anche io, e questo significa anche stare più attenti. Non vuol dire per forza bere meno, ma bere meglio, c’è una virata verso uno stile di vita più responsabile. Questo si riflette nell’offerta del menu che deve includere anche alternative no alcol, un po’ come le opzioni vegetariane nei ristoranti. Per noi è importante essere popolari, essere democratici a livello di offerta e servizio che vogliamo dare al cliente, essere comprensibili da tutti. Questo è il bar di quartiere.

Bar Leone Hong Kong – https://www.barleonehk.com

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