Isola è un cognome, quello dei precedenti proprietari, ma Cantine è il vero senso di questo minuscolo ma strabordante regno del vino al bicchiere milanese: 2.000 etichette in 40 metri quadrati nel cuore della Chinatown lungo via Paolo Sarpi dove sfilano nel weekend tra le 15mila e le 20mila persone al giorno. Cantine Isola, oggi proprietà di Luca Sarais, è ormai una vera e propria istituzione in città, presente da 130 anni (compleanno nel 2026) e ancora motore pulsante della movida ambrosiana.
Dicevamo: regno del vino al bicchiere. «Sì, qui apriamo qualsiasi bottiglia e la serviamo al calice – spiega Luca – Da quella che costa 15 euro a quella da 2.000: ovviamente cambia il costo del bicchiere, ma questo lo spieghiamo chiaramente ai nostri ospiti». Qui si entra, si fa la fila al bancone che è l’unico punto in cui viene servito il vino, si beve e si smangiucchia qualcosa: all’interno – se ci si riesce – o su via Paolo Sarpi. Accanto a raviolerie cinesi e ramen bar. «E con queste realtà artigianali ci troviamo anche molto bene – sorride Luca che voleva fare il commercialista ma che a 20 anni si è ritrovato con questo locale che il padre ha acquistato dalla sera alla mattina catapultandolo nel mondo del vino – Loro ci vedono e ci rispettano perché siamo la “vecchia Milano”, noi li stimiamo e li sosteniamo perché rappresentano la Milano nuova».
Qualche indizio sulla storia di questo antico luogo del vino lo abbiamo spoilerato nelle righe precedenti. Ma la storia di Cantine Isola ha un fascino che va raccontato e che ne fa un posto davvero unico. Non solo a Milano. Basta pensare all’ultima – si fa per dire – novità che Cantine ha portato su via Paolo Sarpi per avere un’idea dello spessore e dell’identità che Luca Sarais dà al suo lavoro quotidiano.
«Ogni martedì alle 20,30 da 25 anni io fermo tutto, lo sbicchieramento dentro Isola e il traffico sulla strada, e mi metto a declamare una poesia: pochi minuti, per non interrompere chiacchierate e nascite di nuove amicizie tra i miei ospiti, un piccolo spazio per lo spirito». Un tempo di riflessione tra un bicchiere e l’altro che è diventato ormai un appuntamento fisso per il popolo di via Paolo Sarpi. Un piccolo evento che riassume in sé il senso del lavoro di Luca e la profondità della storia del suo locale.
«Mio padre, che lavorava già da tempo nel mondo della ristorazione milanese – racconta Luca Sarais – in una pausa di relax dopo il servizio del pranzo entra qui per distendersi con un bicchiere di vino. Siamo nel 1991. Qui ci sono la Milly e suo marito, Giacomo Isola: gestiscono loro le Cantine aperte fin dalla fine dell’800 e gli hanno dato il nome. Mio padre, Gianni, si perde lì dentro nel viavai dei clienti che entravano tra una pausa e l’altra dal lavoro: operai, studenti, artigiani.
Comincia a bere qualche bicchiere in compagnia, a scambiare due chiacchiere in una nuvola di umanità di ogni tipo. Morale della favola: a fine serata stacca l’assegno e compra Cantine Isola. Rientra a casa e catapulta la nostra famiglia in una nuova avventura come un vero fulmine a ciel sereno. Io avevo vent’anni e volevo fare il commercialista. Immaginavo quel luogo in via Sarpi come un ambiente per vecchi e avvinazzati, lavoratori depressi e stanchi in cerca di un sorso che ponesse tregua alla loro fatica quotidiana».
Poi, però, in quell’antro del vino Luca ci entra davvero. «E non ne uscirò mai più – sorride – La Milly mi prende sotto la sua protezione, non mi lasciava un attimo: voleva insegnarmi tutto, voleva che imparassi e interiorizzassi la loro passione e la loro filosofia. Voleva che la tradizione e l’identità di Cantine Isola non andasse perduta. Era un luogo dove si beveva normalmente il classico vinello, il Frascatello. C’erano anche bottiglie importanti, ma quelle difficilmente qualcuno le chiedeva. La regola era comunque la mescita: si beveva solo al bicchiere. E piano piano la Milly aveva da anni cominciato a proporre ai suoi clienti calici più importanti, almeno nel weekend o nelle occasioni importanti. Era il modo per far capire al popolo che c’era anche dell’altro oltre al vinello e che se lo potevano permettere e soprattutto godere anche loro. È diventata anche la mia mission. Ancora oggi».
E di bottiglie a Cantina se ne aprono una media di 170 al giorno, sette giorni su sette. Soprattutto Nebbiolo e Barbera, Chianti Classico “di nuova generazione” e bianchi freschi e acidi. «Etichette che purtroppo ancora difficilmente riesco a trovare in Italia – sorride Luca – e che dobbiamo andare a cercare soprattutto in Francia, Spagna e Portogallo. Ma devo dire – ed è la nostra speranza – che i produttori italiani stanno crescendo dando vita a vini più contemporanei. Noi restiamo sintonizzati…!».
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