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Cosa è il sommaco, spezia che nasce in Medio Oriente ma cresce in Sicilia

Ritratto della spezia di origine nordafricana e mediorientale che un tempo era oro per l’isola

  • 27 Settembre, 2025

Il sommaco, noto nel mondo arabo come summaq (significa “rosso scuro”) e altrove come sumac, è una spezia antica che affonda le sue radici nelle rotte mediterranee. Pochi sanno che è una spezia che si produce da secoli in Sicilia, dove fin dall’antichità ha avuto un ruolo economico e culturale di primo piano. Raccolta e trasformata, esportata in grandi quantità, impiegata sia in cucina che nell’industria conciaria, oggi sopravvive in piccole produzioni e nell’uso gastronomico di nicchia. Ricostruirne la storia significa capire come un arbusto spontaneo sia diventato, per un periodo secoli fa, un vero motore commerciale dell’isola.

Cosa è il sommaco

Il sommaco (Rhus coriaria), appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae, cresce spontaneamente in terreni aridi e sassosi. Le sue drupe rosso-brune, velenose se consumate fresche, vengono raccolte, essiccate, macinate e setacciate per eliminare le parti amare fino a ottenere una polvere grezza color porpora dal sapore acidulo, simile al limone, con sfumature affumicate, dolciastre e terrose. Note che nella cucina mediterranea e mediorientale sono apprezzate per condire insalate, insaporire carni e pesci alla brace, da aggiungere al posto del limone nell’hummus, o in altre salse da inzuppo, è ottima spolverata sulla granita. È uno degli ingredienti principali del mix aromatico za’atar e l’accento fondamentale per l’insalata libanese Fattoush.

sommaco siciliano

Storia della spezia che dal Maghreb arriva in Sicilia

Originario del Mediterraneo orientale, Nord Africa e del Maghreb, il sommaco arriva in Sicilia attraverso le rotte commerciali arabe, tra il IX e XI secolo. Gli Arabi in Sicilia ne incentivano la coltivazione e l’uso, trasformando l’arbusto spontaneo in una risorsa agricola ed economica. Da allora, la pianta si è radicata nel paesaggio isolano, soprattutto nelle province di Palermo e Trapani, ma anche Agrigento e Ragusa.

Poi, nell’Ottocento, accanto alla diffusione della coltura, arrivano anche i primi moderni macchinari a vapore per la mondatura del sommaco, introdotti dall’agricoltore e patriota garibaldino Francesco Paolo Carini, figura chiave nel passaggio della spezia a una produzione più industrializzata. Oltre all’uso gastronomico, le foglie e la corteccia, ricche di tannini, venivano anche impiegate per la concia delle pelli cosiddetta “al vegetale” e per tingere tessuti e filati. Una distinzione importante riguarda il cosiddetto sommacco mascolino, più ricco di tannini e coltivato soprattutto nella Sicilia occidentale, e quello femminello, più comune a Sud-Est ma meno pregiato. Questa classificazione riflette precise destinazioni d’uso, legate in particolare all’industria conciaria.


Nei primi decenni del Diciannovesimo secolo, il sommaco siciliano acquisisce una reputazione di qualità tale da essere richiesto fuori confine, in Francia, Gran Bretagna e perfino negli Stati Uniti. L’export all’epoca seguiva in ordine di importanza solo quello del grano.

Lo zampino dei Florio

La rilevanza economica del sommaco era tale che, nel 1899, la famiglia Florio fonda la Società per l’Esportazione dei Sommacchi di Sicilia, organizzandone la raccolta, la macinazione e il commercio all’estero. La stessa rete imprenditoriale che ha reso celebri i Florio per la produzione di vino e la lavorazione e commercio del tonno includeva dunque anche questa pianta dall’apparenza modesta, ma dal grande valore strategico.

Oggi il sommaco non ha più il peso commerciale di un tempo. Alcuni produttori e ristoratori lo stanno riportando in tavola, riscoprendone il potere aromatico dal gusto esotico. Ma non tutti a quelle tavole sanno che è una spezia che si produce, da secoli, anche in Italia. Il suo recupero in cucina, seppure ancora circoscritto, lega di nuovo questa ricercatezza alla storia e alla cultura agricola della Sicilia.

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