Sì alla prevenzione, no al terrore. Sembra essere questa la linea seguita dalla nuova dichiarazione politica sulle malattie non trasmissibili (NCDs) delle Nazioni Unite che dovrebbe venire fuori dall’Assemblea in corso a New York.
Mesi fa avevamo cerchiato di rosso la data del 25 settembre, come la giornata decisiva per il dossier alcol e salute e per le future politiche mondiali legate all’alcol (e, quindi, al vino) dell’Oms. Le prime notizie che arrivano dall’incontro del gruppo di Alto Livello – ancora in corso – appaiono positive per il settore, sebbene con molta probabilità per l’adozione del testo bisognerà ancora attendere qualche settimana. In queste ore, infatti, sembra sempre più probabile che non ci sarà la maggioranza, ma più per motivi politici (in particolare, i rapporti tesi tra Stati Uniti e Onu) che di contenuti. Anche in caso di rinvio, comunque, un primo passo per il vino sarebbe compiuto.
Se l’obiettivo era e rimane quello di ridurre i consumi entro il 2030, c’è da dire che il testo finale – che il settimanale Tre Bicchieri ha avuto modo di visionare – appare molto meno “pericoloso” per il settore di quanto si pensasse. È vero che l’Onu ha inserito l’alcol (vino incluso) tra i principali fattori di rischio assieme a tabacco, regimi alimentari insalubri e sedentarietà, ma lo ha fatto parlando di harmful use of alcohol, dunque consumo dannoso (abuso) e non alcol tout court, come invece si temeva nei mesi scorsi. Salvo colpi di scena dell’ultima ora, si rinuncia, quindi, al concetto di no safe level (nessun livello sicuro) che rischiava di venire fuori.
Una mezza vittoria per l’industria vitivinicola (salvo marce indietro) che sull’uso dei termini corretti ha sempre giocato parte della sua battaglia. Si ricorderà, a tal proposito, il Cancer Plan adottato dal Parlamento europeo nel 2022, in cui dopo varie negoziazioni si era riusciti ad introdurre il concetto di consumo dannoso (harmful consumption) in due passaggi importanti del report.
Nella Dichiarazione politica sulle malattie non trasmissibili c’è, poi, un importante passaggio sul sistema fiscale. Quel che si temeva erano riferimenti ad ulteriori tassazioni sul vino, fermo restando che in Italia al momento l’accisa è pari a zero a differenza di altri stati europei. In realtà, anche in quest’ambito, il testo finale, non appare troppo vincolante, con un semplice passaggio in cui si fa riferimento alla possibilità di «considerare l’introduzione o l’aumento di tasse su tabacco e alcol per supportare gli obiettivi di salute pubblica, in linea con le circostante nazionali».
Nessun riferimento, invece, al temuto divieto di pubblicità o di vendita di alcolici tanto paventato.
Il dossier fa, poi, riferimento all’alfabetizzazione sanitaria, attraverso «informazioni sulle migliori pratiche basate sulla scienza e sulle prove, nonché programmi di comunicazione adeguati all’età, in tutta la popolazione e nel corso della vita, per educare il pubblico sui danni del consumo di tabacco e nicotina, sull’uso dannoso di alcol e sull’inquinamento atmosferico», oltre alla promozione di «diete sane, ad esempio attraverso l’educazione alimentare e nutrizionale». Un passaggio che riconosce il ruolo attivo delle campagne di informazione al consumo moderato di vino. Punto su cui il settore vitivinicolo si è sempre detto d’accordo, anche attraverso programmi, come Wine in Moderation, nati proprio per educare al corretto consumo.
Il nuovo testo, se passasse così come da proposta, aprirebbe una nuova fase, dopo quella imperante di demonizzazione del vino. Una fase già anticipata dalla scelta di Dublino di rinunciare, per il momento, alle tanto temute etichette allarmistiche, così come dall’adozione statunitense di linee guida soft sui consumi che fanno riferimento alla sola raccomandazione di bere con moderazione. E se il vento stesse cambiando?
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