«Dopo quarant’anni di carriera son riuscito a mettermi da parte qualche soldo. Non farei mai lanci né promozioni di locali giusto per guadagnare qualcosina. Ancor di più, in questa fase della mia vita». Punzecchiato, mette le cose in chiaro Gianni Ruggiero, uno dei sommelier più anticonvenzionali che la Capitale abbia mai conosciuto. Lo avevamo lasciato al Sogno Autarchico, wine bar del rione Prati, per molti anni riferimento del bere bene. Prima che chiudesse, uno spazio in cui l’oste ligure si sentiva libero di potersi esprimere, lontano da vincoli e compromessi definiti da un superiore o da una proprietà cui dover sottostare. Una storia imprenditoriale nata sotto il segno di una concezione autarchica della vita; un’insegna che in via Properzio aveva sostituito il panificio di Angelo Colapicchioni, autentica istituzione della scena romana da cui Gianni andava a prendere il pane tutte le mattine.
Oggi, il bar à vin appartiene al passato di Ruggiero che, dopo un periodo di consulenze e brevi parentesi nell’hôtellerie, è pronto a rimettersi in gioco nel settore della ristorazione. Si appresta a ripartire proprio dal quartiere che gli ha dato di più a livello professionale, lo stesso perimetro cittadino che lo accoglie sin dai tempi del Simposio dell’Enoteca Costantini fino agli sviluppi del suo Sogno Autarchico, avventura grazie alla quale Gianni assurge agli onori della cronaca enogastronomica. Da mercoledì invece ha raccolto la gestione dell’AperiEdiCola de Le Sicilianedde, una specie di dehor su marciapede, allestito per la somministrazione di cibo e vino davanti alla vecchia edicola di piazza Cola di Rienzo. A considerare nome e format, un progetto che non sembra collimare con la filosofia di Ruggiero, aspetto che ci ha spinto ad approfondire questa nuova collaborazione chiedendone un po’ di più allo stesso protagonista.
il winebar cult di Prati @sognoautarchico (prima che chiudesse)
Accerchiato dagli indirizzi più trendy della zona, il Sogno Autarchico aveva rappresentato una novità rispetto ai vari La Zanzara e il Sorpasso, presentando una dimensione informale, cozy come un salotto di casa, e in cui accomodarsi per assistere a un vero one man show; quello del patron Gianni Ruggiero, in grado di cucinare, accogliere e servire i clienti da solo (ad eccezione dell’aiuto di una cameriera part time). La formula che contemplava una selezione enoica sofisticata, centrata sulle preferenze del patron, ebbe successo anche per l’atmosfera conviviale che riusciva a creare, favorita in parte dalle dimensioni contenute del locale.
Più di recente la realtà di via Properzio non faceva più al caso del titolare, come ci racconta il diretto interessato: «Pur avendo ricoperto i ruoli di caposervizio e direttore in grandi strutture e ristoranti, Sogno Autarchico è stata una delle più grosse soddisfazioni della mia vita; dall’inaugurazione mi ha dato autostima, considerando che già dalla prima sera si era riempito subito. Un buchetto con quattro sgabelli in cui potevo fare quello che volevo; offrire pure del caviale bianco, facendomi pagare giusto la spesa. E per quanto a volte passassi la notte a rassettare, mi ha consentito di essere libero, la cosa più bella. Questo era il mio sogno autarchico. Purtroppo, dopo aver resistito una decina di anni, ha iniziato a starmi stretto, a rappresentare una noia mortale. Mi mancavano gli stimoli di prima, anche perché il format con il bancone era stato copiato da molti».
L’oste Gianni Ruggiero ai tempi di @sognoautarchico
Insomma, il sommelier ligure sentiva la necessità di chiudere questo capitolo della sua vita. Pur di farlo, mette da parte offerte allettanti, a cominciare dalla proposta di trasformare la propria creatura in un franchising fruttifero. Del resto, ci confessa che era quasi caduto in depressione a causa della routine cui lo costringeva il locale. In due anni però sono in tanti a cercarlo per offrigli posizioni prestigiose nell’hospitality. In questa fase di transizione post chiusura raccoglie gli attestati di stima di vari colleghi interessati a inserirlo nel proprio organigramma.
Un’iniezione di fiducia che gli consente di ricaricare le pile e riacquisire l’entusiasmo perso. Tanto è vero che, tornato a Roma in seguito all’esperienza da direttore di un boutique hotel a Rapallo, non si fa sfuggire l’unica opportunità di lavoro che sembra stuzzicarlo veramente: collaborare con un vecchio compagno di viaggio, Enzo Mavica de Le Sicilianedde, un tempo commercialista del celebre ristorante Sans Souci e più tardi del Simposio.
È bastata una chiaccherata interlocutoria con il proprietario del gruppo siciliano per tornare a “fantasticare”. A dire la verità, l’ex caposervizio del Sans Souci è rimasto pure affascinato dallo scenario della piazzetta, dalla possibilità di passare le serate sotto le luci del cinema Eden accanto. Ha contribuito al resto la vena romantica che accomuna i due, che davanti a un calice e al tema cucina potrebbero continuare a parlare ininterrottamente, indipendentemente dall’ora e dagli impegni. E con tutti i vecchi clienti del sommelier che passavano di lì, questa volta lo scambio appassionato sulla gastronomia è durato appena 30 minuti: Gianni si era già convinto di farsi avanti, della prospettiva di lavorare lì e di rivedere la clientela più affezionata.
Anche perché, come dice scherzando, in città non ha mai avuto amici fuori dal lavoro: «a tre anni dalla pensione, in assenza di particolari esigenze economiche e materiali, avrei potuto sopravvivere senza la professione, ma sono tornato per passione e per la voglia di regalare agli ospiti una casa in cui potersi incontrare, uscendo da soli e non per forza in compagnia. La mia idea di accoglienza presuppone infatti la convivialità. In genere, i miei clienti si conoscono fra loro, visto che può capitare che unisca i tavoli. In questo modo il locale potrà funzionare sempre. In tal senso, ho scelto Le Sicilianedde egoisticamente, per il gusto di poter ritrovare chi si sedeva da me. Anche perché non ho nessun amico a Roma, visto che i miei si trovano a Genova e in Basilicata».
Di certo, Ruggiero non ha alcuna intenzione di riaffacciarsi al contesto piramidale e gerarchico della ristorazione “ingessata”, delle grandi strutture con brigate composte da 20 dipendenti da coordinare. Un mondo che, per come si è evoluto, non gli appartiene più: «Figurati, io ragiono di pancia. Sono un vecchio anarchico e la sola idea di interfacciarmi con l’HR (responsabile delle risorse umane), mi fa venire mal di stomaco. Ma è cambiata un po’ tutta la ristorazione, che adesso pare diventata un’industria; all’albergo interessa investire sull’architetto, perdendo di vista l’ingrediente, mentre magari alcuni ristoranti pretendono di far uscire una ventina di piatti da un grammo di carne pesato. Non c’è più il sentimento di una volta».
L’ex oste del Sogno Autarchico si è inserito nei giorni scorsi nella squadra capitanata dall’amico Enzo, che da solo faticava a curare ogni aspetto delle varie costole de Le Sicilianedde (ristorante, macelleria con cucina, pasticceria e gelateria). Per quanto abbia investito nel settore food and wine quale imprenditore, Mavica non ha smesso infatti di esercitare la professione di commercialista. Con quattro locali sulle spalle, avere una persona in più su cui poter contare — competente a livello tecnico e gestionale — può diventare indiscutibilmente prezioso. Per Gianni invece, un’avventura divertente nel corso della quale avrà la possibilità di far crescere le nuove leve, uno dei motivi per cui non vedeva l’ora di ritornare in pista. È proprio lui a spiegarlo: «Delle cose che mi piacciono di più c’è sicuramente formare i ragazzi. Spero di rimanere qui almeno due anni. Ma se imparano , poi li posso lasciare condurre da soli. È importante avere dei maestri che insegnino senza essere autoritari. Oggi purtroppo non esistono più».
L’ingresso di Ruggiero che si occuperà dell’offerta enogastronomica dalle 19 alle 23 aggiunge alle ceramiche di Caltagirone in vetrina, alla materia prima sicula e a prodotti come granite e arancine conoscenza e qualità enologica. Il sommelier non ha chiesto ancora soldi, né ha voluto parlare di cifre con il proprietario, tuttavia ha preteso di avere carta bianca sul vino. Come all’indirizzo di via Properzio, le etichette servite saranno dunque frutto di una selezione fortemente personale, costituita perlopiù da piccoli produttori che lavorano su pochi ettari di vigna: tanta Sicilia ovviamente, ma anche Francia e altre regioni italiane. L’offerta alla mescita — 4 bollicine, 6 bianchi e 5 rossi — viene indicata quotidianamente sulla lavagnetta, in pieno stile Sogno Autarchico (come i tovaglioli), con prezzi che vanno dai 6 ai 12 euro al calice. L’idea è quella di evitare ricarichi che risultino esorbitanti per i più giovani; secondo Ruggiero, quegli stessi costi che non consentono ai ragazzi di farsi una cultura sul vino.
Per quanto riguarda la cucina, non vi sono solo le specialità pensate per l’aperitivo, a cominciare dalle panelle, passando poi per il pani ca meusa, fino a un carpaccio di manzo con sottolio o a un tagliere di crudo dei Nebrodi, accompagnato magari da un piacentino ennese. Sulla stessa lavagna si trovano ogni giorno 5 o 6 portate diverse, fra cui il timballo di troccoli con sarde a beccafico, anelletti al forno con ragu siciliano, calamari ripieni o involtini di pesce spada. A partire dal nome ideato dal braccio destro di Mavica Leonardo De Simone, l’AperiEdiCola si palesa come un progetto moderno, soprattutto rispetto ai modelli ristorativi sperimentati dall’oste di Pegli. La nuova configurazione de Le Sicilianedde a Prati intende coniugare qualità della proposta a un profilo più dinamico e giovanile. Un pit-stop gastronomico, oppure una sosta più lunga, per tutte le tasche, prima e dopo il cinema: «Con 15-20 euro si può mangiare e bere un bicchiere di vino serio».
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