Fine dining

Heston Blumenthal, il genio della cucina molecolare: “I farmaci soppressori dell’appetito cambieranno la ristorazione”

Il congresso Gastronomika di San Sebastian premia Heston Blumenthal a 30 anni dall'apertura del Fat Duck che per l'occasione propone un menu per chi prende farmaci che riducono la fame. Come lo chef, dopo un lungo ricovero in una clinica psichiatrica

  • 07 Ottobre, 2025

Era il 1995 quando un ragazzo autodidatta e vagamente nerd apriva il suo ristorante in un vecchio pub a Bray, una cinquantina chilometri da Londra. Non aveva grandi esperienze alle spalle ma uno studio matto e disperatissimo fatto in completa autonomia e una serie innumerevole di cene nelle grandi insegne dell’epoca. Il ragazzo si chiamava Heston Blumenthal, il ristorante The Fat Duck. In breve è diventato un luogo premiatissimo, simbolo della cucina scientifica, uno dei due poli della cucina molecolare (l’altro – va da sé – era elBulli di Ferran e Albert Adrià, oggi museo) e anche se qualcuno ogni tanto se ne dimentica, ha cambiato le sorti della cucina mondiale cominciando a lavorare su un menu classico, che nascondeva (più che rivelava) tecniche scientifiche, esplodendo poi con quelle diavolerie e le ricette impossibili ma infallibili: le patate in tre cotture sono oggi una leggenda che gli impavidi replicano a casa con grande soddisfazione (tra i vari volumi a sua firma, anche Is this a Cookbook?), ci sono poi serie infinite di mousse, gelatine, gelati, spume, meringhe, spugne e via ad andare tra fritture a freddo con l’azoto liquido, sottovuoto, e piatti entrati nella storia come il cioccolato bianco con caviale. Le intuizioni più segnanti, però, sono quelle legate alla relazione tra i sensi e le reazioni emozionali di fronte al cibo (emblematico il piatto Sound of Sea con una conchiglia che riproduce il suono delle onde del mare ad accompagnare un piatto di pesce), in cui ricorreva alle neuroscienze per creare esperienze gastronomiche multisensoriali quasi a voler imprimere a quell’approccio analitico un elemento umanissimo.

Il momento del premio

Il premio a Gastronomika

Sono passati 30 anni dall’apertura del Far Duck e chef Blumenthal – alla soglia dei 60 – viene insignito del premio Homenaje sul palco di Gastronomika di San Sebastian, perché se c’è un posto che sa celebrare la storia senza mai farsene soffocare, quel posto è la Spagna. L’avanguardia è una religione verso la quale ognuno si pone con sensibilità personale ma senza mai contemplare abiura alcuna che non sia in realtà una nuova avanguardia. In questo contesto l’omaggio a Mr. Blumenthal ha un valore ulteriore anche per la vicenda umana che ha stravolto la vita di quel geniaccio sfrontato.

La salute mentale nelle cucine

Bipolare con una diagnosi severa di cui non ha mai fatto mistero, che lo ha colpito in pieno con un lungo ricovero in clinica psichiatrica, oggi è ambasciatore dell’organizzazione benefica i Bipolar UK. La sua parabola l’ha raccontata in My Life with Bipolar, documentario per la BBC in cui parla di tutto: paranoie, insonnia, allucinazioni, tendenze suicide, momenti maniacali, di sovraeccitazione e di abissi profondissimi strappando il velo sul tema della salute mentale nelle cucine, posti in cui i ritmi infernali spingono pericolosamente verso il limite. Lo ricorda come un continuo saliscendi tra creatività, euforia, nero profondo. Il punto lo fa Benjamín Lana, l’anima di Vocento Gastronomía (organizzatrice del congresso) che lo interroga su come il suo rapporto con la creatività sia stato influenzato non solo dalla malattia ma anche dalla sua cura. Domanda difficile per uno che ha sempre camminato sul limite; non solo per quell’ADHA che – spiega – offre anche grandi potenzialità, ma anche per quei ritmi forsennati che ha sostenuto per un certo periodo della sua carriera, quando lavorava anche 120 ore a settimana e ne dormiva appena 20. «È difficile dire come tutto questo abbia influenzato la mia creatività» di certo non ha giovato alla sua salute mentale (anche per questo un anno fa dichiarava di non essere riuscito a guardare la serie The Bear per le scene di forte pressione e stress in cucina). Oggi, a quasi due anni dal ricovero durissimo, più instabile sulle gambe ma più lucido e centrato, torna alla sua cucina con una consapevolezza in più, legata alle esigenze delle persone che – come lui – assumono farmaci soppressori dell’appetito. «Le persone non vogliono mangiare così tanto, e questo avrà un impatto enorme sui ristoranti che dovranno servire porzioni più piccole». Anche in posti d’autore, templi della creatività, lo dimostra con il menu celebrativo dei 30 anni del Fat Duck. Prendere atto di questa nuova esigenza è un imperativo: «perché influirà sul nostro mercato. Ci saranno guadagni e ci saranno perdite». A proposito di perdite e di ottimizzazione delle risorse – chiede Benjamin Lana – quale è la sua posizione sulle nuove tecnologie o l’intelligenza artificiale? Crede che cambieranno radicalmente la professione nel prossimo futuro? Forse sì, ma non è detto che si a per forza un male:  se si potesse far tagliare una cipolla a un robot invece di un essere umano, si potrebbe liberare il tempo necessario all’essere umano per diventare un essere umano. Se, invece permette agli esseri umani di essere più pigri, allora è una cosa negativa».

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