La protesta dei pastori sardi non accenna a placarsi, qualche giorno fa un pastore sardo, Gavino Pulinas ce ne spiegava le ragioni analizzando anche cause e possibili soluzioni. Oggi ospitiamo di buon grado l’intervento di Roberto Rubino di Anfosc โ Associazione Nazionale Formaggi Sotto al Cielo, nata per valorizzare i formaggi prodotti con latte di animali allevati al pascolo.
Ormai รจ un rito. Per chi segue da vicino la situazione dellโagricoltura italiana, la rabbia dei pastori sardi non รจ una novitร . Ogni anno, come lโalternarsi delle stagioni, i pastori sardi invadono le piazze, riversano il latte, occupano e presidiano le strutture pubbliche, invadono Roma o i luoghi simbolo dellโagricoltura. Motivo? Il prezzo del latte non basta a coprire i costi di produzione. Tutto vero. Soprattutto se si pensa che la pastorizia รจ il sistema produttivo simbolo della Sardegna, lโunico presente e che presidia tutto il territorio. Come non dar loro ragione!?
Detto questo perรฒ non possiamo limitarci a esprimere solidarietร e invocare misure di sostegno sui generis, che non lasciano intravvedere una soluzione definitiva. Altrimenti lโanno prossimo, dimenticata lโemergenza, saremo di nuovo qui punto e a capo. Ogni medico sa che se non elimina la causa della malattia รจ inutile se non dannoso somministrare al malato medicine indeterminate.
Quale รจ la causa di un fenomeno che non รจ solo sardo ma che particolarmente in Sardegna si mostra in tutta la sua asprezza ogni anno? Le analisi piรน diffuse attribuiscono agli industriali o alla politica la responsabilitร di non intervenire in maniera adeguata.
Incominciamo dagli industriali. Napoleone diceva che la guerra si fa con i soldati che hai, e lui le guerre le vinse (quasi) tutte, salvo lโultima che gli sfuggรฌ per eventi meteorologici imprevisti. E dopo di allora la Francia non รจ che di guerre ne abbia poi vinte granchรฉ. Gli industriali fanno quello che possono e sanno, sono prigionieri della stessa cultura che, senza che ce ne accorgessimo, ha svilito la nostra agricoltura e la nostra gastronomia. La Sardegna non riesce a produrre grandi formaggi, formaggi diversi per qualitร del latte, per il rapporto con il territorio – penso ai cru dei vini – formaggi il cui costo sia alto se non altissimo. Oggi si produce solo pecorino, termizzato o pastorizzato, con latte anonimo di miscela, con fermenti e lasciato in cella frigorifera a stagionare. La Sardegna รจ piena di grotte naturali, di locali fantastici per stagionare i formaggi. Perchรฉ le anonime celle frigorifere? Ma se gli industriali non hanno la forza di fare questo che colpa hanno?
I politici sono anchโessi prigionieri di questa cultura. La classe dirigente che li circonda non riesce ad elaborare proposte che vadano nella giusta direzione. Di soldi ne sono stati spese a valanga, ma siamo sempre lรฌ. Perchรฉ non si elimina la causa ma il dolore. Verrebbe da dire รจ la politica dellโaspirina, ci fa stare tranquilli qualche giorno ma poi il dolore ritorna.
Quale รจ allora la causa? Semplifichiamo al massimo cercando di rendere lโidea: il prezzo unico del latte e la relativa miscelazione dei latti di raccolta. Le ragioni che sono alla base di questo ragionamento sono almeno due.
Se il latte fosse tutto uguale sarebbe anche giusto il prezzo unico. Ma cosรฌ non รจ. La qualitร nutrizionale e aromatica dipende solo da quello che mangia lโanimale. E i mangimi hanno un effetto diluizione. Se gli animali vivono solo al pascolo, sono le erbe diverse a fare la differenza. In Sardegna, in un eccellente lavoro fatto dal Gal Marghine (Gruppo di Azione Locale di Marghine) si รจ visto che il numero varia da 50 ad 85 erbe diverse. Ciascuna di queste apporta molecole che vanno ad ampliare la complessitร aromatica e nutrizionale. Se perรฒ pascolano negli erbai (e non in pascoli spontanei) la caduta della complessitร รจ notevole, e si vede ad occhio nudo: basta guardare il colore del formaggio. Se poi agli animali si danno mangimi, scatta un effetto diluizione che va a condizionare la qualitร del formaggio.
Quindi se noi separassimo i latti, potremmo immettere sul mercato formaggi di qualitร molto diversa. Un poโ lo stesso meccanismo utilizzato nei vini. E se questo รจ vero, รจ facile controllare la qualitร e pagarla il giusto, perchรฉ basta concordare e contrattare con gli allevatori la razione alimentare e adeguare il prezzo al rapporto foraggio/concentrati.
Ma lโeffetto piรน macroscopico รจ culturale. Se tutto il latte รจ uguale, lo sarร anche il formaggio e allora il consumatore compra quello che costa meno. Se il latte รจ uguale non disporremo mai delle chiavi di lettura della qualitร . Cosa รจ il sapore? Quali molecole ne sono responsabili? Quali fattori lo determinano? Niente di tutto questo รจ dato sapere. E se non controlliamo lโaroma, non sappiamo da cosa dipende sarร lecito pensare che la qualitร , in tutto lโagroalimentare a eccezione del vino, รจ casuale, avviene allโinsaputa dei produttori e dei consumatori.
Invece se pagassimo il latte a qualitร faremmo una cosa giusta e semplice: a ciascuno il suo. Ogni allevatore riceverร un giusto prezzo, lโindustriale potrร differenziare la produzione come si fa con il vino. E il piรน contento sarร il consumatore perchรฉ in questo modo potrร scegliere. Come il latte non รจ uguale, non lo sono nemmeno i consumatori. Basta guardare come รจ cambiato il mercato negli ultimi anni. Sono schizzati in alto i prezzi delle farine, dei panettoni, del caffรจ, del sale, del salmone, dei prosciutti, ecc. E tutto questo รจ successo nonostante che anche nei rispettivi settori la materia prima sia una commodity.
Facile a dirsi? Mica tanto. Qualche esempio cโรจ. Per esempio da poco alcuni produttori hanno dato vita al Metodo Nobile, la cui filosofia รจ la certificazione di un livello qualitativo della materia prima ben definito e codificato da un disciplinare specifico. Ed รจ una realtร presente anche in Sardegna.
Cosa si deve chiedere alla politica? Non soldi, non incentivi una tantum che poi diventano una semper, ma modelli di sviluppo che vadano in quella direzione. Separare il latte costa di piรน, il consumatore non conosce questi meccanismi. Gli incentivi devono servire allโindustria per comunicare questo messaggio, per predisporre formaggi di grande qualitร . Per venderli al prezzo giusto. Proviamo, provate: se non funziona abbiamo una traccia per cambiare strada, invece di incominciare sempre da zero. Ma cosรฌ non si va da nessuna parte. Ogni anno non solo le aziende chiuderanno, ma chiuderanno quelle che producono il miglior latte, perchรฉ sono loro ad avere i costi piรน alti.
Ecco perchรฉ รจ importante invertire la tendenza e attivare politiche che vadano nella giusta direzione. Per dare a ciascuno il suo, senza il bisogno di scendere in piazza e chiedere continuamente aiuto. Il giusto prezzo e il relativo prestigio.
a cura di Roberto Rubino
Prezzo piccolo per prodotto piccolo. Ha senso?
Caro Roberto, apprezzo molto la luciditร e la puntualitร del tuo intervento. E posso ben dirlo dopo 49 anni di pratica e di frequentazione di quel mondo che descrivi nelle sue problematiche che ti fanno dire: โE siamo sempre alle solite!โ
Ho iniziato โ era il 1970 โ andando fin da subito controcorrente come continuo a fare anche oggi. Erano gli anni in cui si stampavano (letteralmente) i formaggi utilizzando cagliate semilavorate da cui si ottenevano prodotti differenti solo nel formato, con un latte unico da prezzo unico per formaggi tutti diversi ma solo per la forma, che andavano ad alimentare un mercato in cui la scelta del consumatore era (ed รจ?) solo un arbitraggio tra prezzi, alla ricerca (giustamente) di quello piรน basso stante che i formaggi erano (e sono) tutti “uguali”.
Mi permetto una riflessione in aggiunta (se possibile) alla descrizione mirabile rappresentata dal tuo scritto.
Sembra incredibile e inverosimile, ma purtroppo รจ cosรฌ: gran parte del mondo caseario opera imponendo schemi e filiere produttive tali da portare a rapporti prezzo-costo sempre piรน bassi nella convinzione che un formaggio meno costa e piรน si vende. Ignorando pervicacemente la regola d’oro insegnata dagli economisti classici: la domanda di cibo รจ anelastica rispetto al reddito. Lโostinazione a puntare sul prezzo basso porta dunque a risultati alla fine fallimentari, a immolare sull’altare della rese crescenti l’altissima caratura possibile delle produzioni e creando le premesse per la sparizione dal mercato di produttori potenzialmente pregiati e di prodotti di altrettanta potenziale grandissima personalitร . E il tutto per un differenziale di prezzo-costo che, rapportato alla (piccola, ma piรน che soddisfacente) “dose quotidiana” necessaria, comporta per il consumatore un esborso pressochรฉ irrilevante rispetto a quello comunque da erogare per i formaggi tutti uguali a basso costo: il corrispettivo cioรจ di un prezzo basso ma non cosรฌ a “buon mercato” come puรฒ sembrare. Un prezzo “piccolo” per un livello qualitativo del prodotto ancora piรน “piccolo”.
Carlo Fiori, Guffanti Formaggi
foto Rai News
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