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Lo spiegone

Ecco cosa è successo davvero alla Taverna Santa Chiara di Napoli accusata di antisemitismo

Web, social e politica si dividono tra odiatori e solidarietà

  • 05 Maggio, 2025

Certo, in tempo di guerra i conflitti si esasperano anche sul piano interpersonale, nelle relazioni sociali e addirittura in quelle familiari o amicali. Purtroppo, quando al dialogo si sostituisce la forza, le posizioni e le riflessioni trovano sempre picchi esacerbati al posto della riflessione e del confronto dialettico. La stessa cosa avviene a tavola: anche nelle tavole famigliari, figuriamoci al ristorante. Così, anche quello che è successo qualche giorno ai tavoli della Taverna Santa Chiara rientra in questo quadro di polarizzazione del confronto.

Cosa è successo davvero nella taverna di Napoli

Ma cosa è successo in sostanza? Difficile analizzare esattamente i fatti senza essere strattonati da una parte o dall’altra delle “verità” (meglio chiamarle versioni) contrapposte. Sabato 3 maggio, pranzo. Due turisti israeliani entrano e si siedono alla Taverna Santa Chiara, nel cuore di Napoli. Ordinano e mangiano. Poi a un certo punto i due cominciano a scambiare due chiacchiere con una vicina coppia di spagnoli, anche loro in gita sul Golfo. Qui si inserisce la ricostruzione della titolare del ristorante, Nives Monda: la coppia parla della bellezza del Paese da cui viene, Israele, e del fatto che andrebbe visitata, luogo affascinante. Probabilmente gli spagnoli chiedono lumi sul conflitto a Gaza in corso. Il locale è piccolo, Nives intuisce la discussione tra i commensali dei due tavoli: «Ho sentito anche il termine genocidio e la turista israeliana ha iniziato a inalberarsi. La Taverna è un luogo molto piccolo ed intimo – racconta Nives a FanPage subito dopo i fatti –  Qui è facile che la conversazione tra due tavoli diventi una conversazione collettiva. Ed è in questo contesto che ad un certo punto ho sentito di intervenire anche io dicendo che purtroppo ad oggi sono acclarati i crimini internazionali e che c’è un genocidio in atto». Al che, però, la donna israeliana avvia le riprese video con il suo cellulare: dal video si sente la ripetizione da parte della donna delle accuse alla ristoratrice di essere razzista antisemita e supporter dei terroristi islamici. La ristoratrice spiega che la sua trattoria aderisce alla campagna “spazi liberi dall’apartheid israeliana», promossa dal movimento BDS (Boycott, Disinvestment and Sanctions) che si batte per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza del popolo palestinese.

L’intervento della ristoratrice pro Palestina

Mentre la signora israeliana continua a ripetere «sei una antisemita, sei una supporter dei terroristi» e «sei una odiatrice di ebrei. Duemila anni di persecuzione…». Alla fine, ovvero a fine pranzo quando i turisti avevano già mangiato, Nives invita i due israeliani ad allontanarsi dal locale perché – afferma – non era possibile continuare a gridare a quel modo. E dice loro che non vuole i loro soldi e che non devono pagare per il pranzo.

Il video consegnato a un amico: va sui social ed è virale

Alla fine dell’episodio, la coppia israeliana consegna il video a un amico che lo posta sui social. E comincia la cascata di posizioni diverse che dividono anche la rete: c’è chi propugna la chiusura forzata del locale napoletano per razzismo e chi invece sostiene che la ristoratrice è stata fin troppo pacata.
Chi ha ragione? Chi ha torto? La coppia israeliana afferma di essere stata allontanata perché ebrea. La ristoratrice afferma invece che la sua trattoria è uno spazio in cui chiunque è ben accetto e che accoglie tutti: semplicemente la situazione si era troppo infuocata e andava chiusa lì. Lasciando anche capre che – a suo avviso – l’azione dei due turisti mediorientali sia stata più un’imboscata che non una tranquilla discussione a tavola.
Difficile capire dove sia esattamente la verità. E sarebbe un po’ anche “pilatiano” affermare che – come sempre – la verità sta nel mezzo. Nel mezzo di cosa? Così, si discute se una attività commerciale abbia il diritto di prendere una posizione politica o aderire a campagne pubbliche di impegno sociale.

Sui social si scatena la bagarre

Intanto, sui social si scatena la bagarre. C’è chi scrive: «Circola un video terrificante in cui quella che si presume essere la proprietaria caccia dal locale dei turisti che hanno la “colpa” di essere israeliani! Come se i napoletani fossero tutti camorristi. Questo è lo stesso orrore antisemita di epoca fascista e definirlo antisionista non cambia la sostanza. Vergogna». Mentre sui siti di Ansa, di FanPage e de Il Fatto Quotidiano che hanno rilanciato il video dell’israeliana, vincono i commenti a favore della ristoratrice la quale sulla sua pagina Facebook risponde: «Questo il risultato della nostra presa di posizione come Spazio Libero dall’apartheid israeliano che condanna il genocidio palestinese. Accuse di antisemitismo e di razzismo nonché review bombing sulla nostra pagina. Grazie alle tante persone che ci stanno offrendo solidarietà ma l’unica solidarietà va offerta al popolo palestinese».

Odiatori e solidali: sui social si divide anche la politica

Sulla pagina Facebook di Ansa, tra i vari commenti quasi tutti dalla parte della ristoratrice, ce n’è uno che afferma: «Ho visto il video e le cose non sono andate come dicono i turisti…sono stati loro a sproloquiare cose senza senso, accusando (e quando mai) di antisemitismo la proprietaria. Le solite scenate per distogliere l’attenzione da ciò che avviene a Gaza». Anche l’assessora al Turismo della città si è occupata della cosa ricevendo la coppia israeliana e assicurando che Napoli è una città accogliente e aperta. Eppure, la politica si divide e sull’episodio – per cui c’è anche una inchiesta aperta presso la Procura della Repubblica partenopea – e scrive Selvaggia Lucarelli sul suo blog: «La proprietaria del locale, nota a Napoli per il suo impegno civile e per la sua posizione pro Palestina ben visibile anche sulle pagine personali e del ristorante, dopo che la coppia ha postato il video della discussione sui social, ha subito ritorsioni, minacce e intimidazioni di ogni tipo: le hanno lasciato recensioni negative su Google, le hanno scritto messaggi pubblici e privati, hanno minacciato sua figlia, hanno minacciato spedizioni punitive, hanno minacciato di farle chiudere il locale… Contro di lei, dandole dell’antisemita e della fascista, si sono espresse anche figure pubbliche quali Anna Paola Concia. Ivan Scalfarotto ha parlato di “episodio infame” e di «clienti cacciati» dopo il rifiuto di un servizio, dimostrando di non essere ben informato».

La politica entra al ristorante: è possibile?

La domanda ritorna: può un esercizio pubblico prendere e sostenere una posizione politica? In realtà è la nostra Costituzione a garantire per tutti la possibilità di esprimere opinioni e pensieri in modo civile e democratico e a garantire la libertà di professione ed espressione di idee politiche e religiose. Certo, qui c’è l’accusa di anti-semitismo a pesare. Anche se – stando sempre al video – sembra che per quanto riguarda il ristorante napoletano, da parte dei titolari si tratti più di condanna dei bombardamenti israeliani, della solidarietà al popolo palestinese e della contrarietà alla politica verso Netanyahu come premier (per altro accusato anche in sede Onu): tutte posizioni che vivono e sobbollono anche all’interno della stessa Israele dove continuano le proteste contro il governo in carica. A meno che non vogliamo tacciare di anti-semitismo anche gli israeliani critici con il loro governo che al premier non gliela mandano certo a dire.

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