Ci sono frasi e modi di dire che, seppur tutti conosciamo e riconosciamo come veri, sembrano ormai aver perso di rilevanza a fronte del numero di volte che vengono usati. Li ascoltiamo, senza sentirli davvero. CosƬ ĆØ il detto che recita: ālāimportante non ĆØ la meta, bensƬ il viaggioā. Ebbene, in un paese lungo e stretto come lāItalia esistono strade quasi obbligatorie dove tutti ci troviamo a passare, luoghi che ĆØ come se vedessimo senza guardarli, scordandoci che ĆØ proprio questo il viaggio di cui parlano gli adagi popolari. Nodo cruciale, per chiunque voglia scendere dal nord al sud dellāItalia o viceversa, ĆØ il valicare lāAppennino Tosco Emiliano, passando tra le due regioni, sperando di non restare bloccati tra Roncobilaccio e Barberino.
Eppure molti ignorano cosa ci sia intorno alle corsie dellāautostrada: in questo interstizio verde e roccioso tra i due capoluoghi di regione si celano alcune delle valli più selvagge e incontaminate del nostro paese. Valli che hanno rischiato di essere fatte a pezzi da bulldozer e ruspe, tanto quanto essere ricoperte da milioni di tonnellate di spazzatura, e che invece oggi tornano alla vita sotto forma di coltivazioni biologiche e allevamenti sostenibili, tirando fuori anche nuovi prodotti interessanti come la birra a base dāacqua termale. Ma proviamo a fare un passo alla volta, e a ricostruire lāultimo secolo di storia di queste regioni.
Fino alla seconda guerra mondiale, la vallata del Sillaro era rimasta per secoli simile a se stessa: in termini numerici risultava molto popolata, ma a una conta dei comignoli lāimpressione sarebbe stata molto diversa. Da tradizione contadina, infatti, non si mettevano limiti in fatto di figli, e averne più di dieci era una fortuna perchĆ© potevano aiutare nei campi e badare alle bestie. Si viveva in quegli stessi casali in pietra che si possono ancora oggi trovare e abitare, meravigliosamente conservati. Qui si allevavano pecore e si coltivava il grano, e su brillante intuizione di Matilde di Canossa i castagni arricchivano la dieta della popolazione. Saranno proprio quelle castagne, secoli dopo, a salvare i più dalla carestia successiva al conflitto bellico, ma neanche quegli alberi poterono preservare la valle dallāarrivo della modernitĆ .
Con la guerra il mondo esterno era entrato prepotente in quelle zone isolate e, come le acque di unāalluvione, nel ritrarsi si era portato via intere famiglie, attratte dalle più rosee prospettive che Bologna offriva. La partenza di tanti lasciava un vuoto che altri, in teoria, avrebbero voluto e potuto colmare, ma non fu cosƬ. Come se le famiglie fossero state alberi e il terreno ā privo di loro e delle loro radici ā divenuto friabile, la vallata cominciò a crollare, e il vuoto delle partenze fu seguito da un vuoto ancora maggiore. Negli anni ’50 approfittando dello spopolamento, un grande gruppo edile elesse quelle terre a cava di ghiaia, cominciando a portarla via a tonnellate (ben 20 camion al giorno per 30 anni); altri gruppi non risparmiarono i sassi del fiume, da sempre naturale protezione per le piene invernali, e ora destinati a rimpolpare lāedilizia di un paese in pieno boom economico. Quando verso la fine degli anni ’80 lāestrazione della ghiaia cominciò a esaurirsi, fu progettato un nuovo utilizzo per la vallata: sarebbe divenuta una gigantesca discarica a cielo aperto, atta a raccogliere i rifiuti di unāintera regione.
Ma ĆØ a questo punto che accadde un piccolo miracolo: la valle decise di salvare se stessa, e lo fece tramite i figli dei suoi ex abitanti ora divenuti cittadini. Una cordata di persone locali e discendenti di quelli andati via anni prima, si impegnarono per preservare la casa dei loro avi, e per farlo decisero di puntare su qualcosa di tanto semplice quanto prezioso: lāacqua. Nella zona compresa tra Castel San Pietro Terme e Monterenzio, in un immenso anfiteatro naturale che ospita una natura variegata tra colline, boschi, laghi e pianori, si trovano anche diverse sorgenti termali, di cui tre oggi sono riconosciute a scopo terapeutico dal Ministero della Salute. Grazie a un grande progetto di rilancio della valle con finalitĆ turistica e medica, un gruppo guidato dal prof. Antonio Monti riuscƬ a farsi finanziare da unāimportante banca locale un progetto da oltre un miliardo di lire, e a dare il via alla rinascita di queste terre. E ancora oggi ĆØ il gruppo Monti il riferimento per lo sviluppo dell’intera area.
Dal 1992 (anno dellāeffettiva partenza del progetto) in poi, quella che doveva essere una discarica a cielo aperto ĆØ divenuta una terra completamente convertita alla coltivazione biologica e allāallevamento sostenibile, parte integrante di un progetto di ampio respiro – dal nome Salute Più – che include anche ospitalitĆ , impianti termali, ristorazione, produzione agroalimentare, tutto sviluppato a partire dalla rinascita agricola e dal potenziale termale di questi luoghi.
Nei 17 poderi contadini di un tempo, c’ĆØ oggi un albergo diffuso che ruota intorno allo stabilimento termale con annesso un centro medico specialistico che offre programmi di soggiorno e cura residenziale, capaci di integrare le cure termali classiche con trattamenti medici dedicati alla prevenzione e alla riabilitazione e medicina fisica. E proprio al benessere degli ospiti, guardano anche i 55 percorsi da fare a piedi, in mountain bike, e-bike, handbike, tutti mappati e georeferenziati per un totale di 302 km percorribili. Frutto di un’idea di turismo a ritmo lento, in armonia con l’ambiente circostante.
I terreni e i campi della zona, entrati a far parte della proprietĆ del villaggio termale (più 1000 ettari di terra), sono stati dati in gestione ai contadini e agli allevatori locali, e riforniscono i punti di ristoro presenti nel complesso, come ad esempio Il Ristorante Sillaro, ospitato in un palazzo del ā700, che offre una cucina tradizionale basata su piatti locali, biologici e di stagione (carni di produzione propria, pane e pasta fresca fatti in casa, e i vini ā ovviamente bio – dell’azienda, (Pignoletto e Sangiovese Colli dāImola d.o.c.).
Da settembre inoltre dovrebbe partire un progetto di orti, in cui saranno messi a disposizione alcuni ettari di terreno fertile divisi in appezzamenti e prenotabili da chiunque voglia affittarli. Il frutto della terra in eccesso su un eventuale consumo domestico potrĆ essere venduto dai fittavoli al resort che lo sfrutterĆ per i propri ristoranti.
Come successe con la fine della guerra, unāaltra volta lāanima della valle si sta muovendo verso la cittĆ , ma questa volta lo fa per raccontarsi, e portare il proprio concetto di benessere fuori dai confini, riuscendo a esprimere, attraverso i suoi prodotti, il carattere unico di questi luoghi.
Uno dei prodotti di punta sviluppati in questi anni dal Gruppo Monti ĆØ la Birra Termale, una chiara in stile ale non pastorizzata e non filtrata, a rifermentazione naturale in bottiglia, sorprendentemente ricca di minerali (tra cui bicarbonato, calcio, magnesio) grazie allāaggiunta dāacqua termale con un residuo fisso oltre 600 mg/l. Lāidea della birra ĆØ stata fortemente voluta anche per via delle proprietĆ salutistiche di questa bevanda, che ne fanno un prodotto perfettamente coerente con lo spirito del progetto sviluppato nel corso del tempo: alla birra si riconosce infatti il contributo nel ridurre i rischi di malattie cardiovascolari e nella prevenzione dellāosteoporosi in quanto ricca di silicio organico – essenziale per aumentare la densitĆ minerale ossea – e in certi casi anche nella prevenzione del diabete, in quanto polifenoli contenuti nella birra intervengono a favore dellāimmunitĆ intestinale. Insomma, un prodotto che oltre a essere piacevole e rinfrescante, nelle giuste quantitĆ può fare anche parte di un percorso di benessere e salutismo, oltre che esprimere attraverso le sue materie prime ā una tra tutte l’acqua ā l’anima di questi luoghi.
Non solo: nel ripercorrere quel filo che lega la protofarmaceutica e la liquoristica ĆØ stata recuperata lāantica tradizione di sviluppare bevande alcoliche a base di erbe mediche. Un tempo questo metodo lo si utilizzava nelle campagne (e sopratutto nei monasteri) per godere delle proprietĆ benefiche delle piante tutto lāanno, oggi invece ĆØ più legata ad un concetto edonistico, ma non per questo meno valido. La linea di liquori a base di piante aromatiche tipiche dellāAppennino Tosco-Emiliano che crescono spontanee allāinterno della grande e rigogliosa area verde, chiamati semplicemente Essenziali, ĆØ composta da sette bottiglie tra cui spiccano una grappa al ginepro del calanco e il liquore di sambuco biancospino e mirtillo, ma sono comunque da provare anche le versioni a base carciofo e genziana uniti al tocco agrumato della melissa e agli odori del timo, oppure il nocino di Zello preparato ancora secondo tradizione, cogliendo questi frutti a mano ancora acerbi la notte di San Giovanni. Altri liquori di questa gamma invece sono a più alto tasso dāinnovazione, come ad esempio Camomilla zenzero e curcuma oppure il Cocktail dei fiori della vita a base di un concentrato di 20 erbe salutari.
Oggi questo territorio ĆØ stato riconosciuto come SIC ā Sito di Interesse Comunitario IT4050011 per la sua naturalitĆ , mentre la certificazione ambientale UNI ISO 140001 testimonia la conservazione dellāambiente e della biodiversitĆ a tutela del benessere. Il Centro di ricerche in bioclimatologia medica dellāUniversitĆ Statale di Milano monitoria costantemente la qualitĆ dellāaria rilevando un tasso di ossigeno tipico di altitudini doppie, oltre ad unāalta qualitĆ dellāaria priva di smog rilevabile.
Val Sillaro ĆØ stata salvata da se stessa e dalla sua natura, e ora i suoi sapori stanno diventando la chiave di lettura per conoscerla anche al difuori dei suoi confini.
Villaggio della Salute Più ā Via Sillaro 27, 40050 ā Monterenzio (BO) ā 051 929791 ā 051 929972 –Ā
www.grupposalutepiu.it
a cura di Federico Silvio Bellanca
foto di Michele Tamasco
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