La Piramide Cestia segna uno dei vertici di Testaccio, in cui convergono via Marmorata e via del Campo Boario, con il fazzoletto verde del Cimitero Acattolico (che da solo vale una visita, insieme a vicino Cimitero del Commonwealth), ideali confini del quartiere capitolino che lambisce l’Ostiense girando intorno all’area del vecchio mattatoio per poi seguire quel tratto di lungotevere che ne riprende il nome, e proseguire poi fino a pizza dell’Emporio, dove comincia via Marmorata. Sono 66 ettari quadrati – non tantissimi – ma che hanno un posto centrale nella vita della cittร , rappresentandone uno l’anima piรน verace, per molti il cuore di Roma.
Da sempre รจ stata una zona legata al commercio, perchรฉ qui, nell’antica Roma, c’era il porto fluviale in cui attraccavano le chiatte che trasportavano le merci: quello del Foro Boario, prima, e quello dell’Emporium successivamente. Da sempre zona di commercio, del marmo (che spiega il nome di via Marmorata) e di generi alimentari che hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del quartiere: il monte che lo caratterizza (in realtร una collinetta alta una cinquantina di metri), altro non รจ che il risultato dell‘ordinato accatastamento di frammenti di anfore romane, usate per trasportare grano, olio, vino. Pare siano oltre 50 milioni di anfore, o meglio di cocci, che in latino si diceva testae. Questo spiega sia il nome Testaccio, sia l’altro nomignolo usato familiarmente per questa zona, detta appunto Monte dei Cocci.
L’ex mattatoio รจ un altro dei punti nevralgici del quartiere; dopo la dimissione – nel 1990 – ne รจ stata occupata l’area del Borsino (allora abbandonata) diventata sede del Villaggio Globale, storico centro sociale, negli anni diventato epicentro delle culture antagoniste che ha dato spazio ai murales di molti street artist, come Stan & Lex, Diamond, Solo. Il piรน imponente รจ la cosiddetta Cappella Sistina della poster art, sotto un porticato esterno, con interventi di oltre 200 artisti di tutto il mondo. Testaccio infatti si visita anche attraverso le molte opere che punteggiano il quartiere e che raccontano i simboli della cittร . L’ex mattatoio oggi ospita anche importanti spazi espositivi gestiti dall’azienda speciale Palaexpo, mentre fervono i lavori in altri padiglioni abbandonati che ospiteranno una biblioteca e un polo culturale gestito dall’universitร Roma Tre, con anche una caffetteria;ย mentre alle spalle della struttura c’รจ la Cittร dell’Altra Economia, un’area dedicata alla promozione di un’economia a misura d’uomo, teatro di iniziative commerciali ma anche di eventi enogastronomici spesso natural oriented (davanti a uno degli archi di ingresso ci sono un paio di murales d’autore, Il domatore dei fiori selvaggi diย Laura Luvi, e Giaguaro tra i fiori diย Lucamaleonte).
Qui, c’รจ il Collettivo Gastronomico, uno spazio aperto, un po’ area eventi dal calendario nutrito (val la pena consultarlo), un po’ ristorante con un piacevolissimo spazio aperto. La proposta poggia su materie prime locali scelte nel rispetto dell’etica produttiva ed elaborate in ricette originali ispirate alla tradizione regionale. Ad animarlo c’รจ Marco Morello, che ha anche uno stallo nel nuovo Mercato di Testaccio, dall’altra parte della piazza: da quando รจ stato trasferito qui, ormai una decina di anni fa, il mercato รจ diventato un grande punto di riferimento nel quartiere, con aperture serali e tante iniziative.
Il Food Box di Morello sforna supplรฌ in vari modi, frittatine di pasta e altre specialitร per uno street food d’autore. Il Mercato รจ infatti uno degli esempi piรน riusciti di mercati gastronomici capitolini, con banchi di vendita (non solo alimentare), servizi, e banchi di somministrazione che coabitano armoniosamente. Tra le varie insegne da non perdere ci sono Casa Manco, che offre un’ottima pizza a taglio riccamente farcita, e L’Angolo in teglia; Mordi e Vai della famiglia Esposito che prepara panini ripieni di alcune delle ricette piรน tipiche della tradizione: picchiapรฒ, polpette di bollito, lingua. Ex macellai, oggi dispensatori di bontร rustiche dentro ciabattine.
La famiglia Mastroianni invece รจ impegnata da una parte al banco del pesce (al box 94, tra i banchi piรน longevi del mercato), dall’altra al Mastro Popone bistrot, dove elabora il pescato in fritturine e sughi di mare per condire tagliolini freschi. Pasta fresca (cruda o giร cotta) anche nel piccolo pastificio artigianale Le Mani in Pasta, e da Altro (distributore del pastificio Renzo e Lucia). Una ventina in totale i banchi dedicati alla somministrazione, per tutti i gusti e le esigenze (vini naturali inclusi, al banco 18). Sullโingresso di via Franklin, un murale di Lucamaleonte omaggia il quartiere di ieri e quello di oggi, con unโanfora frutto di un collage ispirato dalle parole di alcuni esercenti, a simboleggiare la ripartenza del rione, che mette insieme i cocci lasciati dalla pandemia. Dentro al mercato, invece, c’รจ unโopera di Alice Pasquini, che rappresenta una figura femminile colorata di turchese, mentre un intervento di Tellas รจ presente nell’hotel Re Testa, accanto al mercato (ma visibile dall’esterno, attraverso la teca di vetro), e nella vicina via Emanuele Torricelli c’รจ un altro lavoro di Lucamaleonte, un omaggio a Lando Fiorini che lโAs Roma ha voluto per celebre cantautore capitolino.
Usciti dal mercato, si supera l’ingresso dell’ex mattatoio e si prende via del Monte dei Cocci, passando davanti a Checchino dal 1887, un’istituzione del quartiere e un punto fondamentale della cucina capitolina: da quasi 140 anni gestito dalla famiglia Mariani, รจ il ristorante in cui รจ nata la coda alla vaccinara e tante ricette del quinto quarto. Quella stradicciola un po’ infossata, che neanche sembra di stare in cittร , รจ da sempre una via frequentata dalla popolazione, sin dal Medioevo quando le grotte scavate nel monte ospitavano le osterie. In tempi piรน recenti, sul finire del secolo scorso, la strada era punteggiata soprattutto da discoteche e music club, animando l’anima godereccia di un quartiere vivace e pieno di sfaccettature, centro nevralgico della vita notturna
Oggi accoglie alcune delle migliori espressioni della cucina romana: oltre a Checchino, c’รจ Flavio al Velavevodetto, primo locale di Flavio Di Maio che nel corso del tempo ha piantato altre bandierine a Roma e Milano; la sua รจ una proposta autentica e verace, capace di fare numeri da capogiro senza minimamente risentire dell’affollamento. Provato di recente, un martedรฌ a pranzo in cui ha servito senza battere ciglio oltre 100 ospiti. Qualche passo prima c’รจ un nuovo arrivato: Taste’Accio di Vincenzo Mancino che ha sfruttato le grotte del monte dei cocci come cantine di affinamento di formaggi e salumi, in vendita e in somministrazione, con due lunghi tavoli sociali a corredo.
La fine di via del Monte dei Cocci converge su via Nicola Zabaglia. Quando si arriva all’incrocio con via Galvani ci sono tre possibilitร . Se si va a destra verso il confine del quartiere di via Marmorata, tra botteghe e trattorie di lungo corso (come Rio a Testaccio) sbuca l‘Emporio delle Spezie, punto di riferimento per aromi, foglie, grani, sali, polveri da ogni parte del globo. Se invece si gira a sinistra, si torna verso l’ingresso del mattatoio, chiudendo il giro; sul marciapiede, tra locali piรน o meno giovanilistici, si incontrano anche Angelina (curata insegna di cucina romana con diverse sedi in cittร ) e il suo spin off dedicato a cocktail e tapas Angelineria. Da lรฌ รจ possibile ammirare anche The jumping wolf, imponente murale dello street artisti Roa, che rappresenta una lupa di 30 metri colta un attimo prima di fare un salto. La lupa รจ simbolo della cittร e della squadra di calcio omonima. Sempre su via Galvani le calligrafe di Domenico Romeo punteggiano una parete di 60 metri.
Se invece si attraversa via Galvani e si prosegue dritti su via Nicola Zabaglia, da qui in poi รจ tutto un brulicare di trattorie, le piรน note sono Felice e la Franschetta di via Masstro Giorgio. Noi perรฒ puntiamo verso piazza di Santa Maria Liberatrice.ย Poco prima di arrivare, sulla destra, c’รจ un’altra delle istituzioni di questa zona: Linari. Un classico bar-pasticceria di quartiere con un’ampia offerta di dolci classici da colazione, torte e biscotti da tรจ; tanti perรฒ preferiscono il salato. Il merito va alle pizzette rosse: sottilissime, con o senza mozzarella, sono irresistibili. Preparatevi, perchรฉ una sola non basta mai. Da Linari al Trapizzino non c’รจ che un centinaio di metri. Nata come pizzeria a taglio con il nome 00100, รจ qui che Stefano Callegari ha cominciato le sperimentazioni che avrebbero portato alla creazione della famosa specialitร cui oggi รจ dedicata l’insegna: triangoli di pizza farciti con piatti succulenti, qualche supplรฌ e una piccola scelta di cose da bere. Ancora pochi passi e si arriva da Conciabocca, aperto nel 2020, che mixa piatti tradizionalissimi ad altri piรน creativi, ma sempre con un’impronta da trattoria. Sulla piazza c’รจ un altro locale inossidabile: Remo. Uno dei regni della pizza al piatto alla romana: bassa e scrocchiarella, accompagnata da fritti e antipasti del caso: supplรฌ, fiori di zucca, bruschette. Insegna sempre frequentatissima, รจ un grande classico.
Da quella parte della piazza si prende per andare all’inizio di via Marmorata, in quella piazza dell’Emporio dominata dal Cremlino: cosรฌ viene chiamato il palazzo al civico 1, sin dal secondo dopoguerra abitato dagli esponenti della sinistra – da Giovanni Amendola a Massimo D’Alema dall’allora socialista Giuliano Ferrara a Enrico Letta: pranzi e incontri avvenuti tra i muri di quegli appartamenti sono parte della storia ufficiosa italiana. Subito sotto, c’รจ il Vinificio: ambiente giovane, sottofondo musicale (a volte piรน che un sottofondo), e una bellissima scelta di vini, per lo piรน artigianali e naturali: vino vero, cibo funky รจ il loro slogan. Opera di Alessandro Antognozzi, presentato come il โfratello punkโ del Pastificio San Lorenzo, รจ un locale che funziona, tra serate speciali, bella mescita, cucina versatile; e sta facendo crescere una nuova generazione di appassionati di vino.
Siamo ormai su via Marmorata: alle spalle il Tevere, di fronte Piramide, nel mezzo un paio di insegne classiche (Consolini e Perilli), qualche nuovo locale, il bar pasticceria Barberini (buoni lieviti e qualche proposta di pasticceria contemporanea), e il grazioso Tram Depot: un minuscolo chiosco ricavato da un vecchio vagone di un tram, con tanti tavolini proprio accanto al giardino che circonda l’ufficio postale, ottimo esempio di architettura razionalista progettato da Adalberto Libera e Mario De Renzi. DI fronte la caserma dei vigili del fuoco con la facciata semicircolare, dell’architetto Vincenzo Fasolo.
Alle spalle, sul finire di Viale Aventino, dove un tempo c’era il Cafรจ du Parc oggiย c’รจ Mostro: caffรจ, anche specialty, biscotti, lieviti, vini naturali e buoni tramezzini. Di fronte c’รจ Volpetti, storico negozio di specialitร gastronomiche, che nel corso degli ultimi anni si รจ rifatto il trucco, ampliando il negozio a inglobare la Taverna Volpetti, su via Alessandro Volta. Negli ultimi mesi c’รจ ย stato un cambio, con uno dei soci che ha rilevato le quote degli altri, staremo a vedere se il cambio di assetto coinciderร anche con un cambio di proposta oppure no. Giriamo l’angolo per andare verso Piazza Testaccio e L’Oasi della Birra, tra i primi locali per beer loves della Capitale. La nostra passeggiata continua zigzagando, girando l’angolo dove c’รจ Bucatino per raggiungere il panificioย Passi. Tipico forno di quartiere dove passano tutti, soprattutto per la pizza bianca farcita con la mortadella, la rossa o quella con le patate.
Nella parallela via Giovanni Battista Bodoni c’รจ invece Piatto Romano, probabilmente uno dei fenomeni piรน sorprendenti delle ultime stagioni. Nato come trattoria rionale una quindicina di anni fa, รจ stato per anni un indirizzo di solida cucina romana e buon rapporto qualitร prezzo. A un certo punto perรฒ, la nuova generazione ha cominciato a spingere forte sul vegetale, affiancato ai classici capitolini anche una scelta di verdure che ha pochi rivali in cittร : senape, malva, portulaca, misticanza โveraโ, il tutto ravvivato da qualche spezia qua e lร , ma senza esibizionismi. Il successo รจ stato travolgente, e oggi รจ meta di pellegrinaggi per quella via del campo che si affianca a pochi tocchi di modernitร in un ambiente che nel nuovo corso non ha stravolto la sua identitร , in cucina (provate i tagliolini allโaglio nero fermentato di Voghiera o il rognone doppia panna, togarashi e chinotto) come in sala, oggi rallegrata da qualche intervento cromatico. Ottimo esempio di come il cambio generazionale si possa inserire con fantasia e coerenza sull’impianto tradizionale. Trovare posto รจ sempre piรน difficile, ma il godimento รจ assicurato.
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